Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14540 del 10/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14540 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 5760-2010 proposto da:
TORRI

MIRKO

TRRMRK64E03A9441,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 285, presso lo
studio dell’avvocato MANUNZA GIANFRANCESCO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MELEGA
ULISSE giusta delega in atti;
– ricorrente –

R013

980

contro

COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE CATTOLICA S.C.A R.L.
00320160237, in persona del Procuratore Dott.
ALESSANDRO BETTMANN, elettivamente domiciliata in

1

Data pubblicazione: 10/06/2013

ROMA,

VIA MARCO ATILIO 14, presso lo studio

dell’avvocato MATTICOLI MARIO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ZANONI MASSIMO giusta
delega in atti;
CONDOMINIO RESIDENCE SASSOLUNGO DI MOENA, in persona

SOMMAVILLA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato CUPPONE
MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VENTURI SONJA giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 5/2009 della CORTE D’APPELLO di
TRENTO, depositata il 16/01/2009 R.G.N. 63/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato ULISSE MELEGA;
udito l’Avvocato MARIO MATTICOLI;
udito l’Avvocato MICHELE CUPPONE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che hya concluso per il
.

rigetto del ricorso.

del suo legale rappresentante pro tempore rag. MARIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 27 novembre 2007 il Tribunale di
Trento, Sezione distaccata di Cavalese, riconosceva che il
Condominio Residence Sassolungo era responsabile nella misura
dell’80 per cento dell’incidente, verificatosi in data 9
agosto 1989, nel quale Mirko Torri era caduto al suolo, dopo
un salto di circa quattro metri, a causa del cedimento di una
staccionata, posta a delimitazione di una scala, sulla quale
si era appoggiato. Il Tribunale condannava quindi il predetto
condominio al pagamento della somma di euro 239.972, oltre
interessi, e, preso atto che la Società cattolica di
assicurazione, assicuratrice del convenuto, aveva già messo a
disposizione la somma di euro 428.500, respingeva le
ulteriori pretese risarcitorie, con compensazione delle spese
di giudizio.
2. La pronuncia veniva appellata in via principale dal
Torri ed in via incidentale dal Condominio Residence
Sassolungo. La Società cattolica di assicurazione chiedeva la
conferma dell’impugnata decisione.
La Corte d’appello di Trento, con sentenza non definitiva
del 16 gennaio 2009, in riforma della decisione emessa dal
giudice di primo grado, accertava che l’incidente oggetto di
causa era da ascrivere a responsabilità del Torri e del
Condominio, nella misura del 50 per cento per ciascuno.
Osservava la Corte territoriale che dall’esame delle
fotografie esistenti in atti doveva ritenersi dimostrato che

.

il Torri non si era limitato ad appoggiarsi alla staccionata
– così come affermato dal Tribunale che, pure, aveva posto un
20 per cento di responsabilità a carico del medesimo – bensì
vi si era seduto sopra, col suo ragguardevole peso di circa
112 kg. Ciò risultava evidente dal fatto che la staccionata,

estremità a dei paletti, presentava una frattura netta nella
trave superiore, che risultava tranciata in due parti una
delle quali rimasta attaccata al paletto di sostegno; mentre
la seconda trave, quella centrale, pur rimanendo integra, era
stata divelta dal paletto di sostegno da un solo lato. Le
condizioni della staccionata dopo la caduta dimostravano con
certezza, perciò, che il Torri si era seduto sulla trave
superiore.
A sostegno di tale ricostruzione, la Corte trentina
rilevava che le deposizioni rese dai testi Silvestri
(rispettivamente, fidanzata del Torri e relativo padre)
risultavano smentite dalla deposizione della teste Lucia Ganz
la quale, pur non avendo assistito all’incidente, era subito
accorsa, abitando nello stesso condominio. La Ganz aveva
affermato, tra l’altro, che la teste Silvestri era giunta sul
luogo del fatto solo quando il Torri stava per essere portato
via dall’ambulanza, sicché la Corte riteneva non verosimile
la sua deposizione, secondo cui il Torri si era solo
appoggiato alla staccionata.

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composta di tre travi grezze di legno fissate alle due

Così ricostruita la dinamica dell’incidente, la Corte di
merito rilevava che, pur sussistendo un comportamento
gravemente colposo da parte del danneggiato, ciò non
permetteva di ritenere interrotto il nesso di causalità,
sicché non poteva ravvisarsi un’ipotesi di caso fortuito; la

delimitare un luogo molto pericoloso, dovendosi considerare
tutt’altro che imprevedibile che una persona – per esempio un
bambino – decidesse di sedervisi sopra. La percentuale delle
rispettive responsabilità, quindi, a differenza di quanto
stabilito dal giudice di primo grado, doveva essere
determinata in egual misura a carico del Torri e del
Condominio, rimettendo al prosieguo del giudizio ogni
valutazione sull’entità del danno.
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento
propone ricorso Mirko Torri, con atto affidato a due motivi.
Resistono con separati controricorsi la Società
cooperativa cattolica di assicurazione ed il Condominio
Residence Sassolungo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2043
e 2051 cod. civ., nonché degli artt. 40 e 41 cod. pen. in
ordine al nesso di causalità.

5

staccionata, infatti, era sicuramente vecchia e posta a

Il ricorrente – dopo aver richiamato integralmente una
serie di atti processuali dei giudizi di merito, fra i quali
le deposizioni testimoniali e le conclusioni rassegnate nel
giudizio di appello – osserva che la violazione delle norme
sopra richiamate consegue alla violazione dei principi di

difesa del Torri, la Corte di merito avrebbe errato
nell’attribuirgli nella misura del 50 per cento la
responsabilità del fatto dannoso, in quanto non si sarebbe
posta il problema di verificare se, in ipotesi di corretta
manutenzione della staccionata in questione, il sinistro si
sarebbe ugualmente verificato. Tale verifica doveva essere
compiuta anche volendo ipotizzare che il Torri si fosse
seduto e non soltanto appoggiato alla staccionata medesima;
il fatto che questa fosse pacificamente marcia o, comunque,
inidonea alla funzione di protezione «rappresentava una
componente causale certa ed indiscutibile del sinistro»,
mentre non è stato verificato se le modalità di contatto
dell’infortunato con le travi di legno abbiano avuto o meno
analoga funzione di contributo causale.
1.2. Il motivo pone alla Corte il problema della
responsabilità a titolo di custodia e del concorso di colpa
del danneggiato.
La giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente
ribadito, in conformità ad un pacifico orientamento, che la
responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia,

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equivalenza causale e di causalità adeguata. Secondo la

prevista dall’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo,
essendo sufficiente, per la sua configurazione, la
dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi
dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il
bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il

di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore
estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di
eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale
(così, più di recente, le sentenze 19 maggio 2011, n. 11016,
e 5 febbraio 2013, n. 2660). D’altra parte, il rapporto di
custodia è stato identificato come una relazione di fatto tra
il soggetto e la cosa che sia tale da consentirne il «potere
di governo», ossia la possibilità di esercitare un controllo
tale da eliminare le situazioni di pericolo insorte e da
escludere i terzi dal contatto con la cosa (sentenza 12
luglio 2006, n. 15779), ove essa sia fonte di pericolo.
Nonostante il carattere oggettivo di tale responsabilità,
la quale è esclusa soltanto dalla prova del caso fortuito, la
giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che il
comportamento colposo del danneggiato può – secondo un ordine
crescente di gravità – atteggiarsi come concorso causale
colposo, valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma,
cod. civ., ovvero addirittura giungere ad escludere del tutto
la responsabilità del custode (v. sentenza n. 15779 del 2006
cit.). In particolar modo, infatti, si è detto che il dovere

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custode, per escludere la propria responsabilità, ha l’onere

di segnalare il pericolo, che costituisce normale obbligo
gravante sul custode, si arresta in presenza di un uso
improprio, anomalo e del tutto imprevedibile della cosa, la
cui pericolosità sia talmente evidente da integrare essa
stessa gli estremi del caso fortuito (v. la sentenza 19

n. 21727, ove il principio ha trovato applicazione in
relazione ad un caso drammatico).
Si è anche affermato, tuttavia, che la responsabilità del
custode non può essere esclusa per il solo uso abnorme quando
tale uso sia reso possibile dalla facile accessibilità della
cosa (così la sentenza 8 febbraio 2012, n. 1769, relativa ad
un altro caso drammatico).
1.3. Questo essendo il quadro giurisprudenziale nel quale
si inserisce la vicenda odierna, appare evidente che la Corte
d’appello di Trento ha fatto buon governo dei principi sopra
enunciati.
La sentenza impugnata, infatti – dopo aver ricostruito la
dinamica del fatto con una serie di argomentazioni logiche,
supportate da una motivazione priva di lacune, incongruenze e
contraddizioni, e quindi non censurabile in questa sede – ha
concluso nel senso che il Torri ha utilizzato in modo
improprio la staccionata, sedendovisi sopra e non
appoggiandovisi, come invece il ricorrente pretende di
sostenere anche in questa sede. Tuttavia, nonostante tale uso
improprio, la Corte di merito ha ritenuto che la

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febbraio 2008, n. 4279, nonché la sentenza 4 dicembre 2012,

responsabilità del Torri non potesse arrivare al punto di
escludere quella del Condominio, interrompendo il nesso di
causalità ed integrando gli estremi del caso fortuito.
Ha aggiunto, infatti, che la responsabilità del
Condominio per la custodia era ravvisabile per una serie di

di un luogo molto pericoloso; non si presentava totalmente e
visibilmente fragile e non era posta ad un’altezza
irraggiungibile, sicché non poteva essere escluso

a priori

che a qualcuno venisse in mente di montarci a cavalcioni.
Anche il condominio, quindi, è stato riconosciuto colpevole a (titolo di custodia, sia pure nella ridotta misura del 50 per
cento.
In presenza di una simile motivazione, dunque, è chiaro
che per potersi pervenire all’accoglimento del primo motivo
di ricorso – anche nel punto dove pone la questione della
causalità e del giudizio c.d. controfattuale – questa Corte
dovrebbe procedere ad una nuova valutazione del materiale
probatorio esistente, attività preclusa in questa sede.
Il primo motivo di ricorso, dunque, non è fondato.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia, costituito dalle «modalità di
approccio e di contatto dell’infortunato Torri Mirko con la
transenna di proprietà del Condominio che ebbe a sbriciolarsi

9

ragioni: la staccionata era vecchia e posta a delimitazione

facendolo cadere nel vuoto».

Più esattamente,

sarebbe

controverso «se le transenne siano collassate provocando la
caduta del Torri nel sottostante vano per effetto
dell’esservisi appoggiato o invece seduto, come ha ritenuto
la Corte di merito».

della motivazione nei quali la Corte di merito ricostruisce
le modalità del fatto, che il peso del Torri – che peraltro
non risulterebbe accertato in istruttoria è privo di
significato, perché una staccionata larga almeno quattro
metri dovrebbe essere in grado di reggere due persone. Il
ragionamento della Corte d’appello sarebbe smentito dalle
leggi della fisica, perché le modalità di rottura delle travi
crollate sarebbero incompatibili con il fatto che il Torri si
sarebbe seduto sopra la staccionata medesima.
2.2. Il motivo non è fondato.
Anche volendo prescindere dal fatto che il motivo in
esame non contiene la formulazione di un adeguato momento di
sintesi delle censure – elemento che dovrebbe sussistere in
considerazione dell’applicabilità al presente ricorso,
ratione temporis,

dell’art. 366-bis cod. proc. civ. – la

giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni chiarito
quale sia la portata del ricorso per cassazione per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione.
Si è detto, in proposito, che è inammissibile il motivo
di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata

10

Osserva il ricorrente, dopo aver richiamato i passaggi

NYLC

venga censurata per vizio di motivazione, qualora esso
intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei
fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo
della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore
e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che
aspetti

del

giudizio,

interni

all’ambito

di

discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento

dei

fatti,

attengono

al

libero

convincimento del giudice e non ai possibili vizi del
percorso formativo di tale convincimento. In caso contrario,
infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una
inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei 5V L
convincimenti del giudice di merito, e perciò in una
richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul
fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di
cassazione (v., tra le tante, le sentenze 26 marzo 2010, n.
7394, e 5 marzo 2007, n. 5066).
Allo stesso modo, si è detto che il ricorso per
cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere
di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma
solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta,
in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del

11

tali

processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (sentenza 16
dicembre 2011, n. 27197). Ne consegue che il vizio di omessa

sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito,
quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o
deficiente esame di punti decisivi della controversia e non
può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle
prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché
la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il
potere di riesaminare e valutare il merito della causa
(sentenze 23 dicembre 2009, n. 27162, 18 marzo 2011, n. 6288,
e 21 febbraio 2013, n. 4366).
Nel caso specifico, invece, è chiaro, che le ragioni
poste a fondamento del motivo in esame tendono a sollecitare
questa Corte ad una nuova e non consentita ricostruzione del
fatto e ad una nuova valutazione delle prove al fine di
ottenere un diverso esito del giudizio.
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna della parte ricorrente al
pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate in conformità ai
soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio

12

o insufficiente motivazione deducibile in sede di legittimità

2012, n.

140,

sopravvenuto a disciplinare i compensi

professionali.
In considerazione, peraltro, della complessità della
vicenda, caratterizzata anche da un’indubbia delicatezza
personale, la Corte ritiene conforme a giustizia compensare

cinquanta per cento.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta

il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento, a favore di ciascuno dei controricorrenti, del
cinquanta per cento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate per l’intero in complessivi euro 13.200, di cui
euro 200 per spese, oltre accessori di legge, per ciascuna
parte.
Compensa l’ulteriore cinquanta per cento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Terza Sezione Civile, il 24 aprile 2013.

le spese del giudizio di cassazione nella misura del

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