Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14538 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 15/07/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 15/07/2016), n.14538

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21284/2011 proposto da:

SEPSA SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA

121, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MONETTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LOGOS FINANZIARIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GIOVINE ITALIA 7, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO CARNEVALI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER ANDREA

MILANINI;

– controricorrente –

e contro

B.R., (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 131/2010 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI

BORGOMANERO, depositata il 09/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato MILANINI Pier Andrea, difensore del resistente che

ha insistito sulla eccezione di nullita’ della notifica e si e’

riportato alle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il signor B.R. ottenne un mutuo dalla societa’ Logos Finanziaria spa, contestualmente cedendo alla mutuante la quota di un quinto dello stipendio che egli percepiva in qualita’ di dipendente della societa’ S.E.P.S.A. – Societa’ per l’Esercizio di Pubblici Servizi Automobilistici – spa.

Essendo rimaste non pagate sei rate di restituzione del mutuo, la societa’ Logos convenne davanti alla giudice di pace di Borgomanero il B. e la societa’ S.E.P.S.A. per il pagamento dell’insoluto. Il giudice di pace respinse le domande. La sentenza di primo grado, appellata dalla Logos spa, fu integralmente riformata dal tribunale di Novara, che condanno’ entrambi i convenuti al pagamento in favore della appellante delle somme da questa giudizialmente richieste.

In particolare, per quanto qui interessa, il giudice di secondo grado ritenne che, a fronte della prova della cessione del quinto dello stipendio, fornita dall’attrice, la societa’ S.E.P.S.A. non avesse offerto la prova della “fattispecie sostanziale sottesa all’applicazione del D.P.R. n. 180 del 1950, art. 39, invocato all’appellata”, vale a dire la prova di una preesistente cessione del quinto dello stipendio del B., costituente ragione di nullita’ della cessione azionata dalla Logos nel presente giudizio.

Avverso la sentenza del tribunale di Novara la sola societa’ S.E.P.S.A. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, che si sostanziano in due censure, ciascuna delle quali viene dedotta sia come denuncia di un errore in judicando che come denuncia di un errore in procedendo.

La Logos finanziaria ha depositato controricorso, deducendo in via preliminare la nullita’ della notifica del ricorso per cassazione. Il sig. B. non si costituito in questa sede.

Non sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Il ricorso e’ stato discusso alla pubblica udienza del 23.2.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di nullita’ della notifica del ricorso per cassazione (effettuata dal procuratore della S.E.P.S.A. ai sensi L. n. 53 del 1994) sollevata dalla contro ricorrente in ragione della mancata menzione dell’ufficio postale di spedizione del plico nella relata di notifica e della mancata annotazione, sulle buste utilizzate per la notifica, del numero di registro cronologico, della sottoscrizione e del domicilio del notificante. Al riguardo e’ sufficiente rilevare che ogni ipotesi di nullita’ della notifica risulta sanata dalla costituzione dell’intimato con efficacia ex tunc (Cass. 6417/04, Cass. 908/05).

Passando all’esame del ricorso, il Collegio osserva che con i primi due mezzi, rispettivamente rubricati, come sopra accennato, come denuncia di un errore in judicando e come denuncia di un errore in procedendo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 180 del 1950, artt. 5 e 39, in cui il tribunale sarebbe incorso addossando alla S.E.P.S.A. l’onere di provare l’esistenza di una pregressa cessione del quinto dello stipendio; secondo la ricorrente, infatti, poiche’ il D.P.R. n. 180 del 1950, art. 39, vieta di “contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno due anni dall’inizio della cessione stipulata per un quinquennio”, sarebbe stato onere della cessionaria Logos dimostrare che la cessione del quinto dello stipendio posta a fondamento della pretesa da lei svolta nei confronti della S.E.P.S.A. fosse conforme al suddetto paradigma normativo. L’argomentazione della ricorrente non puo’ trovare accoglimento perche’ essa, in sostanza, attribuisce all’inesistenza di una pregressa cessione del quinto dello stipendio la natura di fatto (negativo) costitutivo del credito derivante da una successiva cessione del quinto dello stipendio; laddove il disposto normativo sopra esaminato assegna all’esistenza di una pregressa cessione l’efficacia di fatto (positivo) impeditivo (in quanto incompatibile con la valida conclusione di successive cessioni del quinto dello stipendio) di tale diritto; con la conseguenza che il relativo onere probatorio grava sul debitore ceduto che resista alla domanda del cessionario eccependo la nullita’ della cessione del quinto dello stipendio da quest’ultimo dedotta in giudizio, in quanto preceduta da un’altra stipulata meno due anni prima.

Con il terzo e il quarto motivo, pur essi rispettivamente rubricati come errore in judicando e come errore in procedendo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., nonche’ del D.P.R. n. 180 del 1950, artt. 5 e 39, in cui tribunale sarebbe incorso ritenendo non provata l’allegazione del ricorrente in ordine alla precedente cessione di un quinto dello stipendio da parte del signor B..

Assume il ricorrente che l’esistenza di una preesistente cessione del quinto dello stipendio era stata dedotta della S.E.P.S.A. gia’ nella comparsa di costituzione in primo grado e che la controparte non aveva mai contestato la circostanza; cosicche’ la stessa doveva considerarsi esclusa dal tema della prova in forza del principio di non contestazione riconosciuto esistente nell’ordinamento anche prima della modifica dell’art. 115 c.p.c., recata dalla L. n. 69 del 2009.

Il motivo va pur esso disatteso, per una duplice ragione.

In primo luogo perche’, dall’esame degli atti di causa (consentito a questa Corte in ragione della natura del vizio denunciato), emerge che il riferimento svolto dalla S.E.P.S.A., nella propria comparsa di risposta in primo grado, ad una cessione del quinto dello stipendio effettuata dal signor B. prima di quella dedotta in giudizio dalla Logos era del tutto generica, non contenendo alcune indicazioni in ordine alla data ed al beneficiario della stessa (“considerato d’altro verso che la retribuzione del dipendente era gia’ gravata da una precedente cessione”, pag. 3 della comparsa di costituzione risposta della S.E.P.S.A. davanti al giudice di pace di Borgomanero); tale genericita’ preclude l’operativita’ del meccanismo della non contestazione, il quale postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa (cfr., da ultimo, Cass. 3023/16).

In secondo luogo perche’ dall’esame degli atti di causa va escluso che la Logos non abbia contestato l’esistenza di una cessione del quinto dello stipendio del signor B. anteriore a quella disposta in favore della Logos, essendo tale contestazione implicita nella capitolazione testimoniale proposta nella memoria istruttoria depositata dalla Logos il 5/12/05 nel giudizio di primo grado e, in particolare, nei capitoli n. 7 (“vero che col suddetto certificato di stipendio viene dichiarato che sullo stipendio del signor B. non sussistono altri vincoli come pignoramenti, altre trattenute, ecc.”) e n. 8 (“vero che in occasione di tale verifica telefonica… parlava con il signor P. e il rag. D.R., i quali confermavano i dati reddituali del signor B. e l’assenza di vincoli sullo stipendio”).

In definitiva il ricorso deve essere rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 800, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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