Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14536 del 13/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14536 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 2402-2013 proposto da:
EURORENT SRL 02419610643, in persona del liquidatore legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MONTE CERVIALTO 165, presso lo studio dell’avvocato CARLA
MASTROMARINO, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO
MASTROMARINO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE
DI AVELLINO 11210661002, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –

Data pubblicazione: 13/07/2015

i

avverso la sentenza n. 338/04/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI SEZIONE
DISTACCATA di SALERNO del 21/05/2012, depositata il
07/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

CARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 02402 sez. MT – ud. 21-05-2015
-2-

21/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La “Eurorent srl” (in liquidazione) ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della CTR di Napoli, che ha rigettato il gravame interposto nei confronti
della sentenza della CTP di Avellino con cui è stata dichiarata l’inammissibilità del
ricorso proposto dalla stessa Eurorent avverso avviso di accertamento per IVA
relativa all’anno 2006.
Con la sentenza qui impugnata il giudice dell’appello ha ritenuto che i motivi dedotti
a sostegno dell’appello fossero i medesimi già dedotti nel ricorso introduttivo di
primo grado, “senza alcun elemento valido di opposizione al giudicato dei primi
giudici”, sicché l’appello medesimo incorreva nel disposto dell’art.53 del
D.Lgs.546/1992.
L’Agenzia non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 n.1 cpc.
Con il primo ed il secondo motivo di impugnazione (l’uno improntato alla violazione
dell’art.56 del DPR n.633/1972 e degli art.58 e 60 comma 1 lett. c del DPR
n.600/1973 nonché dell’art.145 cpc; l’altro improntato alla violazione del medesimo
art.145 cpc, in quanto richiamato dall’art.56 del DPR n.633/1972, e dell’art.60
comma 1 lett. b-bis del DPR n.600/1973), la parte ricorrente si duole che il giudicante
abbia ritenuto legittima la notifica dell’atto impositivo impugnato, per quanto il
medesimo fosse stato notificato alla persona fisica legale rappresentante della società
(senza che in atto fosse esplicitamente indicata la qualità di liquidatore che a
quest’ultima competeva), per quanto detto legale rappresentante non fosse residente
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letti gli atti depositati,

nel comune in cui la società contribuente ha il suo domicilio fiscale, e perciò con
violazione del contrario disposto dell’art.60 dianzi menzionato; si duole ancora per il
fatto che la sentenza avesse omesso di valorizzare altro aspetto deficitario della
notifica, e cioè l’omesso invio della raccomandata di avviso al destinatario dell’atto,
appunto ai sensi del comma 1 lettera b-bis del predetto art.60.

autosufficienza del ricorso per cassazione (per quanto li si voglia considerare correlati
alla ratio decidendi della sentenza impugnata nell’ottica dell’implicita considerazione
di quest’ultima siccome motivata “per relationem” a quella di primo grado).
La parte ricorrente non chiarisce infatti dove e come siano stati sottoposti al giudice
del merito (e sin dal primo grado) i motivi di impugnazione del provvedimento
impositivo qui prospettati, per quanto il giudice dell’appello abbia specificato che i
vizi del procedimento di notifica prospettati dalla parte ricorrente in primo grado
attenevano al fatto che la persona cui l’atto impositivo era stato concretamente
consegnato “in quel periodo non occupava alcuna carica”. La parte ricorrente,
d’altronde, neppure specifica (al fine di consentire alla Corte di effettuare il proprio
vaglio preliminare di rilevanza) da dove si possa trarre la corrispondenza al vero circa
l’assunto della residenza di detto liquidatore in diverso comune da quello sede
dell’ente societario e da dove si possa trarre che l’atto è stato effettivamente
notificato in Avellino, atteso che non è specificato se sia in atti il documento da cui le
modalità di detta notifica emergono.
Quanto al secondo motivo, poi, neppure si intende la ragione per la quale si assume
che il liquidatore-legale rappresentante della persona giuridica dovrebbe considerarsi
mero “consegnatario” dell’atto notificato, per quanto —invece- l’art.145 cpc preveda
espressamente che “la notificazione può essere anche eseguita ….alla persona fisica
che rappresenta l’ente”: dovendosi considerare quest’ultima “destinatario” dell’atto,
non è chi non veda che la menzionata formalità della lettera b-bis dell’art.60 non ha
ragione di trovare applicazione.

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Entrambi i motivi appaiono per più versi inammissibili, per violazione del canone di

*

Non guasta infine rilevare che —alla luce della ricostruzione del fatto processuale
offerta dalla stessa parte ricorrente ed alla luce della astratta tipologia dei vizi del
procedimento di notifica qui prospettato, da annoverarsi entrambi nel genere delle
nullità- non è chi non veda che dovrebbe trovare applicazione alla specie di causa la
disciplina di sanatoria prevista dall’art.156 cpc in ipotesi di raggiungimento dello

L’ applicabilità di detta norma anche alla notifica dell’avviso di accertamento è stata
definitivamente sancita da Cass.Sez. U, Sentenza n. 19854 del 05/10/2004:”La natura
sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di
accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso
il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta
all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia
un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per
l’avviso di accertamento, in virtù dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità,
l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la
conseguenza che la, proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di
sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento
dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ. Tuttavia, tale sanatoria può operare
soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di
decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere d .
accertamento”.
Quanto al terzo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.53 del
D.Lgs.546/1992 e dell’art.112 cpc e —contempo- su vizio di motivazione,
concretamente non sviluppato, non essendo stato individuato il “fatto” oggetto di
inidonea argomentazione motivazionale), la parte ricorrente lamenta la modalità
tautologica della decisione e si duole che il giudicante abbia ritenuto carenti di
“specificità” i motivi di gravame, riassumendone in atto di ricorso il contenuto
sostanziale.
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scopo.

Anche questo motivo appare inammissibilmente proposto.
Ed infatti è indirizzo costante di codesta Corte quello secondo cui:” Ai fini della
specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione
delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono
sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di

impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto
delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (per tutte
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25218 del 29/11/2011).
Consegue da ciò che la parte oggi ricorrente, per superare in punto di falsa
applicazione della disposizione invocata la valutazione del giudice di appello,
avrebbe dovuto specificamente dettagliare nell’atto di ricorso per cassazione (punto
per punto) quali erano state le statuizioni della pronuncia di primo grado e quali le
specifiche censure a riguardo di ciascuna di esse proposte in atto di appello, non
potendosi limitare a riassumere (peraltro con modalità insufficiente) le sole ragioni di
gravame.
Tanto più che la modalità di mera allegazione dei motivi di censura proposti in
appello consegna sostanzialmente a codesta Corte di assolvere ad un onere che non le
compete, e cioè quello di far corrispondere agli argomenti di decisione valorizzati dal
giudice di primo grado gli argomenti eventualmente correlati formulati dalla parte
appellante.in difetto di una analitica e dettagliata rappresentazione delle ragioni su
cui si fonda l’assunto di specificità dell’atto di appello, non può che concludersi per
l’inammissibilità del motivo di impugnazione qui in rassegna.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2014
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
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primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo le
ragioni per le quali nella relazione si evidenzia l’inammissibilità del terzo motivo di
impugnazione, considera frustraneo l’esame di ogni ragione di doglianza che non
attenga alla ratio che ispira la pronuncia di appello, e cioè all’inammissibilità

questa sede proposta;
che il ricorso va —quindi- rigettato in relazione al solo terzo motivo, con
assorbimento dei motivi residui;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2015

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

dell’atto di gravame, perciò rimanendo assorbita ogni diversa ed ulteriore censura in

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