Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14536 del 10/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14536 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ha pronunciato la seguente
Rep.

({ 00

SENTENZA
Ud. 24/04/2013

sul ricorso 2400-2008 proposto da:
PU

D’UGO GIULIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE LIEGI

34,

presso lo studio dell’avvocato DELLA

BELLA MICHELE, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati RAVIDA’ FABRIZIO, DI PAOLO GABRIELE
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

974

ASSITALIA S.P.A. gia’ ASSITALIA LE ASSICURAZIONI
D’ITALIA S.P.A., in persona del suo procuratore
speciale

Avv.

MAURIZIO

FUGGITTI,

1

elettivamente

Data pubblicazione: 10/06/2013

domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo
studio dell’avvocato CAVALIERE ALBERTO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controri corrente nonchè contro

D’UGO ELVIRA, FELLI FERNANDA;
– intimati –

sul ricorso 5264-2008 proposto da:
D’UGO ROSA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE LIEGI 7, presso lo studio dell’avvocato
RAMAZZOTTI MARCO CLAUDIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CARELLO CESARE ROMANO giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

ASSITALIA S.P.A. gia’ ASSITALIA LE ASSICURAZIONI
D’ITALIA S.P.A., in persona del suo procuratore
speciale Avv. MAURIZIO FUGGITTI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo
studio dell’avvocato CAVALIERE ALBERTO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
controricorrenti nonchè contro

CAMPOLI FILOMENA, D’UGO ELVIRA, D’UGO GIULIETTA, D’UGO
DAWIOSKI, FELLI FERNANDA;

2

D’UGO DAWIOSKI, CAMPOLI FILOMENA, D’UGO ROSA MARIA,

- intimati

avverso la sentenza n. 5411/2006 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 06/12/2006 R.G.N. 2695/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato GABRIELE DI PAOLO;
udito l’Avvocato ORNELLA PROVVIDENZA PISA;
udito l’Avvocato MARCO CLAUDIO RAMAllOTTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

3

,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. In data 25 giugno 1985 si verificava in Roma, lungo la
Via Casilina, un tragico incidente. La moto di proprietà di
Franco Di Vecchio, condotta (apparentemente) da Roberto
Romagnoli e risultata priva di copertura assicurativa,

il Fois decedeva ed il D’Ugo riportava gravi lesioni personali.
Il processo penale a carico del Romagnoli si concludeva, con
sentenza definitiva della Corte d’appello di Roma, con
l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto, in
quanto era emerso che l’effettivo conducente della moto era
Davide Di Vecchio, deceduto a sua volta nell’incidente.
Con successivo atto di citazione del 3 agosto 1989 il D’Ugo
conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, Roberto
Romagnoli e l’Assitalia s.p.a., questa nella qualità di impresa
designata ai sensi dell’art. 20 della legge 24 dicembre 1969,
n. 990, chiedendo il risarcimento dei danni derivati dal
sinistro.
Nel giudizio si costituiva l’Assitalia, la quale contestava
la domanda e chiedeva di poter esercitare la rivalsa nei
confronti del responsabile. Veniva quindi integrato il
contraddittorio nei confronti di Franco Di Vecchio, il quale in
seguito decedeva e i suoi eredi, citati in riassunzione,
dichiaravano di aver rinunciato all’eredità. Interveniva
successivamente anche Fernanda Felli, madre del defunto Fois,
chiedendo anch’ella il risarcimento dei danni.

4

investiva Danilo D’Ugo e Gianni Fois; a seguito dell’impatto,

Il Tribunale dichiarava che il sinistro si era verificato
per colpa esclusiva del conducente della moto, Davide Di
Vecchio, e del proprietario della medesima; ammetteva la
rivalsa dell’Assitalia che condannava al pagamento di lire
317.743.000 in favore di Danilo D’Ugo, e di lire 70.000.000 in

spese.
2. La pronuncia veniva appellata dall’Assitalia e nel
giudizio si costituivano Fernanda Felli e, in qualità di eredi
di Danilo D’Ugo, Filomena Campoli, Giulietta, Rosa Maria,
Dawioski ed Elvira D’Ugo.

favore di Fernanda Felli, con interessi ed il carico delle

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 6 dicembreR L
2006, accogliendo parzialmente l’appello, condannava Fernanda
Felli alla restituzione, in favore della società assicuratrice,
delle somme corrisposte in forza della sentenza impugnata;
condannava altresì gli eredi di Danilo D’Ugo, in via solidale,
alla

restituzione,

in

favore

della

medesima

società

assicuratrice, delle somme corrisposte in forza della sentenza
impugnata eccedenti la somma di euro 148.857,21, oltre
interessi dal versamento al saldo, e compensava interamente
compensate tra tutte le parti le spese del grado.
La Corte territoriale dichiarava, innanzitutto, che il
diritto della Felli al risarcimento del danno era da ritenere
prescritto, sicché la medesima andava condannata alla
restituzione di quanto ricevuto.

5

Per quanto ancora interessa in questa sede, invece, la
sentenza d’appello – ribadito il diritto dei danneggiati al
risarcimento del danno morale anche in caso di accertamento
presuntivo della colpa – si soffermava sul motivo di gravame
relativo all’omessa limitazione della condanna entro il

Osservava la Corte romana che era fondata la censura
dell’Assitalia in ordine al fatto che la sentenza del Tribunale
non aveva tenuto conto dell’esistenza di un massimale, fissato
all’epoca del sinistro nella somma di lire 100.000.000.
Tuttavia detto massimale era da ritenere superabile,

massimale di legge.

limitatamente a rivalutazione ed interessi, tutte le volte in V-itt,
cui l’assicuratore adotti colpevolmente un atteggiamento
dilatorio; e, nella specie, l’Assitalia era incorsa in grave
colpa, avendo ritardato per ben quindici anni di pagare il
risarcimento al D’Ugo, mentre era evidente che, sulla base
della dinamica dell’incidente, costui aveva certamente diritto
ad «una qualche somma a titolo di indennizzo».
La società di assicurazione, quindi, andava condannata «al
risarcimento del danno causato dal deprezzamento della moneta e
dal decorso degli interessi moratori anche oltre il massimale».
Pertanto, la somma del massimale di euro 51.645,70 doveva
essere rivalutata in relazione al tempo intercorso tra la
richiesta del risarcimento (lettera raccomandata del 5 marzo
1987) e l’effettivo pagamento (3 settembre 2002), raggiungendo
la diversa entità di euro 94.174,60; a tale somma andavano

6

aggiunti gli interessi moratori decorrenti fino alla data
dell’avvenuto pagamento secondo quanto stabilito dalla
sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 17 febbraio 1995,
n. 1712 – derivandone l’ulteriore importo di euro 54.682,61. il
risarcimento globale, quindi, raggiungeva la somma di euro

restituzione di quanto percepito in più rispetto a tale somma.
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma
propone ricorso principale Giulietta D’Ugo, con atto affidato a
tre motivi.
Ha depositato controricorso Rosa Maria D’Ugo, con atto
contenente ricorso incidentale.
Resiste l’Assitalia, con separati controricorsi, sia al
ricorso principale che a quello incidentale.
Rosa Maria D’Ugo ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente procedere alla riunione dei due
ricorsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto
proposti contro la medesima sentenza.
1.2. Sempre in via preliminare va rilevato che la
controricorrente Assitalia ha eccepito la presunta tardività di
entrambi i ricorsi, sostenendo che essi sono stati notificati
il 21 febbraio 2008 e, pertanto, oltre il termine annuale,
tenendo conto che la sentenza d’appello è stata depositata il 6
dicembre 2006. Tale affermazione non è esatta in riferimento al
ricorso principale di Giulietta D’Ugo, che è stato spedito per

7

148.857,21, sicché gli appellati andavano condannati alla

-f-1

la notifica, tramite servizio postale, in data 21 gennaio 2008,
ossia nell’ultimo giorno utile,

tenendo conto che la

sospensione feriale, per costante giurisprudenza di questa
Corte, va calcolata in quarantasei giorni. La notifica era
indirizzata

al

difensore

della

s.p.a.

Assitalia,

Avv.

12, quale risultava dalla sentenza d’appello; ma poiché l’Avv.
Cavaliere aveva, nel frattempo, modificato la sede del proprio
studio, la ricorrente principale ha provveduto a reiterare la
notifica nel nuovo studio di Via Guido d’Arezzo n. 32, in data

Cavaliere, nel domicilio eletto in Roma, Via Nicolò Porpora n.

21 febbraio 2008. È chiaro, però, che la prima spedizione è ke
idonea a far ritenere rispettato il termine annuale per
l’impugnazione, sicché l’eccezione di tardività del ricorso è
infondata rispetto alla ricorrente Giulietta D’Ugo.
L’eccezione, invece, è fondata quanto alla ricorrente
incidentale Rosa Maria D’Ugo, la quale ha spedito il ricorso
per la notifica soltanto in data 21 febbraio 2008, ossia
tardivamente. Non può applicarsi alla fattispecie, infatti, la
previsione di cui all’art. 334, primo comma, cod. proc. civ.,
poiché la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che tale
disciplina – che consente l’impugnazione incidentale tardiva
nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata

ex

adverso (per svolgere, cioè, ragioni di impugnazione ulteriori,
anche se, eventualmente, comuni alla posizione della parte
impugnante in via principale) è applicabile solo
all’impugnazione

incidentale

in

8

senso

stretto,

che

si

identifica con quella proveniente dalla parte contro la quale è
stata proposta l’impugnazione principale o che sia stata
chiamata ad integrare il contraddittorio, ai sensi dell’art.
331 cod. proc. civ., e non è, pertanto, estensibile
all’impugnazione incidentale di tipo adesivo (ossia a quella

motivi già fatti valere con l’impugnazione principale), che
resta soggetta ai termini ordinari (sentenze 10 marzo 2008, n.
6284, e 4 giugno 2010, n. 13644). Ne consegue che, avendo
l’impugnazione della Rosa Maria D’Ugo carattere adesivo
rispetto al ricorso principale, della stessa va dichiarata

Ag,

l’inammissibilità, siccome proposta fuori termine.
1.3.

L’INA

Assitalia

s.p.a.,

inoltre,

ha

eccepito

l’inammissibilità di entrambi i ricorsi anche per un’altra
ragione, e cioè perché le ricorrenti, essendosi costituite nel
giudizio di appello nella qualità di eredi Danilo D’Ugo,
avrebbero dovuto proporre il ricorso per cassazione in tale
qualità e non in proprio, risultando pertanto prive di
legittimazione attiva.
L’eccezione è priva di fondamento. Questa Corte, infatti,
ha anche di recente ribadito che il ricorso per cassazione,
proposto in proprio dalla parte nei cui confronti sia stata
pronunciata la sentenza quale erede della persona che aveva
partecipato alle precedenti fasi del giudizio, non pone
questione alcuna di legittimazione all’impugnazione,
trattandosi non di qualità distinte, ma di un’unica posizione

9

diretta a chiedere la riforma della sentenza per gli stessi

giuridica, fondata sulla successione a titolo universale nei
rapporti che facevano capo al

de cuius,

con conseguente

titolarità anche del diritto processuale di adire il giudice
del gravame (sentenza 19 febbraio 2013, n. 4022).
2.1. Si può quindi procedere all’esame del merito del

Con il primo motivo di tale ricorso Giulietta D’Ugo lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge n. 990
del 1969 e dell’art. 1224 cod. civ., nonché del principio di
uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
Rileva

la

ricorrente

dopo

aver

richiamato

la

giurisprudenza in base alla quale la responsabilità civile
dell’impresa designata ai sensi dell’art. 19 della legge n. 990
del 1969 non è diversa da quella di qualsiasi altro
assicuratore – che la Corte d’appello avrebbe applicato il
principio errato secondo cui, pur essendo incorsa l’Assitalia
in responsabilità per ritardo nell’adempimento
dell’obbligazione, essa non risponderebbe mai del maggior danno
di cui all’art. 1224, secondo comma, del codice civile. In
altre parole, pur avendo riconosciuto la natura colposa del
ritardo nel pagamento, la Corte di merito ha ammesso soltanto
la rivalutazione e i c.d. interessi compensativi; secondo la
giurisprudenza di questa Corte, invece, l’assicuratore che si
rende responsabile del mancato versamento di quanto dovuto
sarebbe tenuto anche al maggior danno, pena un’evidente
disparità di trattamento tra le imprese di assicurazione a

10

ricorso principale, che è l’unico ammissibile.

\AkC

seconda che le stesse siano chiamate al risarcimento in qualità
di impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della
strada ovvero secondo le regole generali.
2.2. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in tema

autoveicoli, l’impresa designata per la liquidazione delle
somme dovute dal Fondo di garanzia per le vittime della strada,
ai sensi dell’art. 19 della legge n. 990 del 1969, risponde,
nel caso di colpevole inadempimento o ritardato adempimento,
anche oltre il massimale, non godendo di un trattamento
differenziato rispetto ad ogni altro assicuratore, data la
natura risarcitoria e non indennitaria della responsabilità del
Fondo medesimo (sentenza 6 aprile 2001, n. 5161, in linea con
la precedente sentenza 21 giugno 1993, n. 6863). Si è ritenuto,
in altre parole, che la figura della c.d.

mala gestio impropria

ossia la responsabilità che grava sull’assicuratore nei
confronti del danneggiato a causa del colpevole ritardo (v.,
per la distinzione rispetto alla c.d.

mala gestio propria, la

sentenza 28 giugno 2010, n. 15397) – riguardi anche il caso
dell’impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime
della strada.
La giurisprudenza relativa al contratto di assicurazione si
è soffermata in più occasioni sul tema della responsabilità
conseguente a mala gesti° impropria, ribadendo che in tal caso

l’assicuratore, dovendo rispondere anche oltre i limiti del

11

di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile

massimale, può essere chiamato al pagamento degli interessi e
del maggior danno da svalutazione monetaria, fermo restando che
il limite del massimale rimane insuperabile rispetto al
capitale (sentenza 18 luglio 2008, n. 19919, e ordinanza 17
maggio 2011, n. 10839). Altre pronunce, infine, occupandosi

gestio

impropria,

hanno

chiarito

che,

trattandosi

di

un’obbligazione dell’assicuratore verso il danneggiato per
l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, sono dovuti
senza necessità di prova del danno gli interessi maturati sul
massimale per il tempo della mora ed al saggio degli interessi
legali, ed oltre questo livello in presenza di allegazione e
prova (anche tramite presunzioni) di un danno maggiore (v.
sentenze 24 gennaio 2006, n. 1315, e 30 ottobre 2007, n.
22883).
La sentenza della Corte d’appello di Roma ha fatto corretta
applicazione dei principi appena enunciati. Essa, infatti, dopo
aver dato ampio conto delle ragioni per le quali ha ritenuto
sussistere una responsabilità da colpevole ritardo nel
pagamento da parte dell’impresa designata, ha condannato
l’Assitalia s.p.a., assumendo come base il massimale, al
risarcimento del danno causato dal deprezzamento della moneta e
dal decorso degli interessi moratori oltre il massimale; in tal
modo, partendo dalla somma di lire 100.000.000 (euro
51.645,70), ha rivalutato tale somma fino ad euro 94.174,60,
.

aggiungendo poi l’ulteriore somma di euro 54.682,61 a titolo di

12

della concreta determinazione del maggior danno in caso di mala

interessi moratori,

secondo i principi enunciati dalla

giurisprudenza di questa Corte.
A fronte di tale minuziosa operazione, corretta nelle
premesse e nello svolgimento, la ricorrente pretende di
ottenere il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma,

indicare di aver fornito alcuna prova al riguardo, proprio
perché la Corte d’appello ha già riconosciuto il danno da
svalutazione. Un eventuale maggior danno – anche alla luce
della sentenza 16 luglio 2008, n. 19499, delle Sezioni Unite di
questa Corte – avrebbe certamente imposto il raggiungimento di
una prova ulteriore che non sembra neppure essere stata
prospettata; ne consegue che il motivo di ricorso va respinto.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. o, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omessa motivazione circa
un punto decisivo della controversia.
Osserva la ricorrente che il D’Ugo aveva formulato
richiesta di risarcimento danni oltre il massimale già
nell’atto di citazione, ribadendo la medesima sia nella
comparsa conclusionale che nella comparsa di costituzione in
appello. Sussisterebbe, pertanto, l’invocata violazione di
legge o, in subordine, l’omessa motivazione sul punto. Rileva
poi la ricorrente che, in relazione all’odierna fattispecie, è
necessario stabilire se l’assicuratore inadempiente sia
.

responsabile in base al fatto illecito originario del

13

cod. civ., di cui non sono chiari i connotati e senza neppure

GIÀ-L

danneggiante ovvero per autonome ragioni e per differenti voci
di danno; tale seconda ricostruzione «potrebbe essere applicata
alle ipotesi in cui il ritardo dell’assicuratore aggrava il
danno esistenziale o biologico in ragione della impossibilità
del danneggiato, ad esempio, di accedere a cure particolari o

della indisponibilità delle somme dovute». Comunque sia, non vi
sarebbero dubbi sull’esistenza delle lamentate censure, perché
il D’Ugo aveva richiesto «l’accertamento dell’integrale danno
ad esso cagionato per effetto del sinistro, incluso il danno
biologico», mentre la Corte d’appello avrebbe omesso ogni
decisione o motivazione sul punto.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Occorre innanzitutto rilevare che esso contiene una
pluralità di censure, sia in termini di violazione di legge che
di vizio di motivazione, senza che siano delineati in modo
preciso i confini tra le medesime. Trattandosi di ricorso
soggetto,

ratione temporis,

al regime di cui all’art. 366-bis

cod. proc. civ., la censura di vizio di motivazione manca del
necessario momento di sintesi; così come la presunta violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. non è posta in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 4), del codice di rito, come
questa Corte ha ribadito in numerose pronunce.
Anche volendo prescindere da tali rilievi formali, però,
resta il fatto che le censure di violazione di legge,
.

supportate da due diversi quesiti, non sono chiare. Nel motivo

14

riprendere il proprio tenore di vita proprio in considerazione

in esame, infatti, da un lato (p. 12 del ricorso) si afferma
che il defunto Danilo D’Ugo aveva chiesto il risarcimento del
danno oltre la misura del massimale, punto sul quale la domanda
è stata accolta, sicché non è chiaro il senso della critica;
successivamente, invece, la ricorrente si sofferma (p. 13 del

risarcitoria

conseguente

al

fatto

che

il

ritardo

dell’assicuratore nel pagamento potrebbe aver impedito al
danneggiato di accedere a cure particolari, peraltro senza
specificare di aver dedotto simile circostanza in sede di
merito; in ultimo, poi (p. 14 del ricorso), il motivo in esame
pare censurare la mancata liquidazione del danno biologico,

ricorso) sulla possibilità di configurare un’ulteriore ipotesi

punto da ritenere comunque assorbito dal fatto che il giudice- t
di merito ha liquidato, come si è visto, l’intero massimale,
aggiungendo rivalutazione ed interessi.
Sicché il motivo in esame si risolve, in definitiva, in una
serie di censure poco chiare e fra loro contraddittorie, ed è
perciò inammissibile.
4.1. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione
dell’art. 102 cod. proc. civ. e dell’art. 24 della
Costituzione.
Rileva Giulietta D’Ugo che il superamento del massimale
costituisce un limite giuridico del diritto dell’assicurato, la
cui esistenza può essere rilevata d’ufficio ed anche nel
giudizio di appello. Tuttavia, qualora tale eccezione venga
sollevata, la controparte deve essere posta in condizioni di

15

svolgere le necessarie difese.

E poiché,

nella specie,

l’eccezione è stata sollevata dall’Assitalia per la prima volta
in grado di appello, la Corte d’appello avrebbe dovuto
consentire al D’Ugo di provare che la mancata disponibilità
della somma dovuta gli avrebbe permesso di evitare il maggior

essere destinata a cure che avrebbero migliorato la propria
condizione di vita o sarebbero state investite in modo
proficuo».
4.2. Il motivo non è fondato.
È pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, in
tema di responsabilità civile obbligatoria derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore, poiché l’obbligazione
dell’impresa designata ai sensi degli artt. 19 e 21 della legge
n. 990 del 1969 nasce per volontà di legge limitata,
l’incapienza del massimale previsto dalla legge costituisce una
circostanza rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice
(sentenze 1 0 marzo 2001, n. 2991, 29 marzo 2006, n. 7247, e 13
dicembre 2012, n. 22893).
Ciò premesso, il ricorso non indica in alcun modo se e
quando la parte si sia attivata in tal senso, chiedendo al
giudice d’appello – a seguito dell’accoglimento dell’eccezione
sollevata dalla società di assicurazione – di esercitare la
prova di aver dovuto sopportare un danno maggiore in
conseguenza del ritardo nel pagamento. Ne consegue che il
motivo è da respingere, alla luce delle considerazioni già

16

danno, per esempio dimostrando che «la somma avrebbe potuto

,AAL

esposte a proposito del primo motivo di ricorso in ordine
all’onere della prova esistente sul punto a carico del
danneggiato.
5. In conclusione, il ricorso principale è rigettato,
mentre quello incidentale tardivo è dichiarato inammissibile.

solido tra loro, alla rifusione, in favore della
controricorrente INA Assitalia s.p.a., delle spese del giudizio
di legittimità, liquidate in conformità ai soli parametri
introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140,
sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti,
principale e

dichiara inammissibile

rigetta il ricorso

quello incidentale, e

condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle
spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro
7.200, di cui euro 200 per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 24 aprile 2013.

A tale esito segue la condanna delle parti ricorrenti, in

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