Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14535 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 26/05/2021), n.14535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27041-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Dirigente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio

dell’avvocato CARLA D’ALOISIO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE

ROSE, ESTER ADA SCIPLINO;

– ricorrente –

Contro

ZETABI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII n. 108, presso

lo studio dell’avvocato BRUNO SCONOCCHIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO ALBERTO NICOLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 05/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione proposta da Zetabi s.r.l. al decreto ingiuntivo notificatole dall’INPS, in relazione a crediti previdenziali, quale committente di appalto e debitrice solidale del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, aveva dichiarato decaduto l’Istituto dal diritto di agire;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Istituto sulla base di un unico motivo;

la società ha resistito con controricorso;

parte controricorrente ha depositato memoria;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo il ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, così come modificato, prima, dal D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 6, commi 1 e 2, poi, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 911, poi ancora dal D.L. n. 5 del 2012, art. 21, conv. con modificazioni nella L. n. 35 del 2012 e, infine, dalla L. n. 92 del 2012, art. 4, comma 31, lett. a e b;

l’Istituto osserva che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che regola l’obbligo solidale del committente nell’ambito di un appalto di opere e servizi e che prevede il perdurare del vincolo durante l’esecuzione dell’appalto e sino a due anni dalla sua cessazione, contempla una causa di decadenza del diritto di agire nei confronti del committente limitata ai lavoratori, in mancanza nel testo di ogni riferimento agli enti previdenziali e in ragione dell’esercizio di funzioni pubbliche da parte dei predetti enti, incompatibile con qualsiasi forma di decadenza;

il ricorso è fondato;

va richiamato il principio espresso da Cass. n. 18004 del 2019 (seguita, ex plurimis, da Cass. n. 27382 del 2019 e Cass. nn. 23035, 23038, 23061 del 2020) secondo cui “In tema di appalto di opere e servizi, il termine di decadenza di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, (…), non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente, essendo la stessa soggetta al solo termine di prescrizione”;

il principio, affermato in relazione all’art. 29 cit. come formulato prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 35 del 2012, resta valido anche in relazione al successivo testo della norma -nella fattispecie ratione temporis applicabile- invariato nella parte rilevante ai fini di causa;

allo stesso, dunque, il Collegio intende dare continuità, atteso che la controricorrente, anche con le note, non apporta argomenti decisivi che ne impongano la rimeditazione;

nella pronuncia n. 18004 cit., la Corte ha affermato che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, oggetto nel tempo di varie modifiche, è stato sin dalla sua entrata in vigore incentrato sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l’adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell’imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di quest’ultimo;

ha rimarcato che l’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’Inps, è distinta e autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. n. 8662 del 2019); essa (v. Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale contributivo”);

in definitiva, la Corte ha scelto l’opzione interpretativa, ispirata a ragioni di ordine sistematico e testuale (assenza nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, di espresse regole relative alla pretesa contributiva, autonomia tra la prestazione retributiva e quella contributiva), che esclude l’operatività della decadenza per l’esercizio dell’azione di accertamento dell’obbligo contributivo, soggetto solo al termine prescrizionale: interpretazione compatibile con la precisata natura indisponibile della pretesa contributiva, commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente. Diversamente, infatti, si vedrebbe, spezzato, senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, quel nesso tra retribuzione dovuta e in ipotesi in concreto erogata e adempimento dell’obbligo contributivo, procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che il cit. art. 29 ha voluto potenziare;

il ricorso va, pertanto, accolto e, conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, perchè proceda all’accertamento della pretesa contributiva fatta valere dall’Inps alla luce del principio sopra indicato;

il giudice del rinvio provvederà in merito all’eventuali altre questioni rimaste assorbite, già ritualmente proposte nei giudizi di merito, e, altresì, alla regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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