Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14532 del 13/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14532 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 1985-2013 proposto da:
IULIANO VINCENZO LNIVCN64P18A717W, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rapresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO ORLANDO giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

con troricorrente

avverso la sentenza n. 126/2/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI SEZIONE

LieRG
J5
-.

Data pubblicazione: 13/07/2015

DISTACCATA di SALERNO del 12/011/2012, depositata il
09/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 01985 sez. MT – ud. 21-05-2015
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

La CTR di Napoli ha respinto l’appello di Iuliano Vincenzo -appello proposto
contro la sentenza n.85/13/2010 della CTP di Salerno- confermando l’avviso di
accertamento per IVA concernente l’anno 2006, provvedimento adottato sulla
premessa che la ditta contribuente (esercente attività di importazione e vendita di
veicoli usati) avesse irregolarmente utilizzato il “regime del margine” in materia di
IVA, applicandolo (con il criterio del “margine globale”) su diverse cessioni di auto
acquistate già usate nel menzionato periodo, sicché l’imposta era stata rideterminata
nei modi ordinari.
La predetta CTR —dopo avere riepilogato la disciplina portata dal D.L. n.41/1995 e
dopo avere evidenziato che l’Agenzia aveva proceduto al recupero sulla premessa che
“le fatture relative non contenevano la dicitura di operazioni soggette al regime del
margine- ha motivato la decisione ritenendo che la parte ricorrente non aveva fornito
prova dei presupposti di applicazione del regime speciale, per quanto ne fosse onerata
per lo stesso fatto della contestazione proveniente dall’Ufficio. D’altronde, il
riferimento alla omessa applicazione della circolare n.40/E del 18.07.2003 (circa il

osserva:

sistema di calcolo IVA nel regime speciale di “margine globale”) “non trova
conferma in quanto il contribuente avrebbe dovuto dimostrare che per gli anni
precedenti aveva diritto ad un maggior rimborso da computare poi nell’anno
interessato”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.
Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.36 D.L.
n.41/1995; del D.L. n.31/1993 e degli art.19 e 26 del DPR n.633/1972)

la parte
[

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ricorrente si duole che il giudice del merito abbia omesso di considerare che nel
provvedere al ricalcolo dell’IVA dovuta (dopo la riduzione della operazioni
assoggettate al regime del margine) l’Agenzia avrebbe dovuto effettuare le eventuali
variazioni ai sensi dell’art.26 citato e perciò “rideterminare il margine imponibile”,
vuoi computando una maggiore imposta da recuperare vuoi computando un minore o
Il motivo è infondato.
La parte ricorrente (che non dettaglia le modalità dell’errore che l’Agenzia avrebbe
commesso) non si avvede che l’Ufficio ha appunto realizzato uno dei due esiti
alternativi di cui dianzi si è detto, “computando una maggiore imposta” dopo avere
ricondotto sotto il regime di tassazione intracomunitaria le operazioni indebitamente
assoggettate al regime del margine. Né la parte ricorrente spiega in alcun modo
perché sarebbe rimasto violato “il diritto di recuperare quell’IVA che è comunque
contenuta ed assolta con le fatture emesse, anche se erroneamente, nel regime del
margine”: si tratta di affermazione puramente apodittica, che non trova preciso
riscontro negli argomenti e nei numeri, atteso che la violazione del diritto di riportare
nel periodo successivo l’eventuale maggior margine negativo” resta un mero
postulato se non si dimostra che il “maggior margine negativo” esista davvero.
Con il secondo motivo (centrato sul vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole
che il giudicante abbia omesso di rilevare la “omessa ricostruzione del margine”, con
illegittima ricostruzione dell’imposta dovuta.
Anche il motivo in esame appare infondato, non avendo la parte ricorrente chiarito
quale sia la maggiore imposta che —in tesi- avrebbe dovuto essere effettivamente
computata (in tesi:”proporzionalmente inferiore a quella rettificata e quindi pretesa in
pagamento”) essendosi invece appuntata l’attenzione della parte ricorrente su un
errore di computo nella ricostruzione del volume di affari, errore di cui non è
dimostrata l’incidenza ai fini del computo della maggiore imposta pretesa.
Con il terzo motivo (pure centrato sul vizio di motivazione) il ricorrente si duole per
avere il giudicante omesso di pronunciarsi circa una censura (asseritamente
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maggiore margine negativo da imputare al periodo successivo”.

consistente in violazione di norma di diritto: nel ricorso non indicata) avente ad
oggetto l’obbligo della Agenzia di “tenere conto degli eventuali riporti di margine
negativo dell’anno precedente”.
Il motivo è inammissibile, più che infondato, non avendo la parte ricorrente chiarito
(nonostante la contraria affermazione del giudicante, come riferito dianzi, circa il
difetto di allegazione e prova dell’esistenza di un diritto a maggior rimborso per gli
anni precedenti) se, come e dove sia stata fatta allegazione di tali elementi di fatto.
Con il quarto motivo (centrato, contempo, sul vizio di motivazione e sulla violazione
dell’art.7 della legge n.21212000), la parte ricorrente si duole di omesso esame da
parte del giudicante della censura relativa alla violazione della anzidetta norma in
riferimento ad “atti” posti a base della verifica, richiamati sia nel PVC che
nell’avviso di accertamento, ma non allegati a nessuno di detti atti.
Il motivo è inammissibile non solo per la evidente contraddizione tra il reale
contenuto della doglianza (omessa pronuncia) e la tipologia (duplice) del vizio
valorizzato, ma anche per difetto di autosufficienza, nulla dicendo la parte ricorrente
in riferimento al contenuto ed alla rilevanza degli atti di cui si tratta ai fini della
soluzione della lite.
Con il quinto motivo (centrato sul vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole di
omesso esame da parte del giudicante di censura relativa all’avere il primo giudice
dato atto di non avere rinvenuto nelle fatture (per quanto redatte in tedesco) la
menzione dell’applicazione del regime del margine.
Anche in riferimento al motivo ora in esame valgono le ragioni di inammissibilità
riferite al motivo che precede, oltre che il difetto di interesse, avendo la stessa parte
ricorrente dato atto che questo vizio “era stato solo marginalmente contestato nel
ricorso”, le cui motivazioni si basavano su altre considerazioni.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2014

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.

—-:.

,

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione ad eccezione di ciò che riguarda il

correttamente censura la decisione impugnata (nel regime antevigente l’applicazione
del D.L. 83/2012) per avere fatto insufficiente esame della questione concernente la
ricostruzione numeraria del margine, in conseguenza del recupero delle transazioni,
dalla parte contribuente attratte nel regime del margine “globale”, nell’ambito del
sistema di applicazione dell’Iva alle cessioni intracomunitarie. Si evidenzia infatti
nella prospettazione della parte ricorrente l’esistenza di un sintomo di erroneità nella
ricostruzione di detto margine (con conseguente irragionevolezza degli effetti) dal
fatto che nell’accertamento sia stato computato in aumento il volume di affari (pur in
assenza di contestazione di maggiori ricavi), sintomo che il giudicante non ha tenuto
in considerazione alcuna, per quanto ne fosse stato invocata la specifica incongruenza
da parte del contribuente, ai fini della verifica della correttezza dell’esito del computo
in ordine all’imposta residuamente dovuta;
che necessità pertanto fare cassazione della pronuncia impugnata, limitatamente al
profilo considerato nel secondo motivo di impugnazione, ragione per la quale la
controversia andrà restituita al giudice del merito affinché questo rinnovi (alla luce di
quanto evidenziato) l’indagine proposta dalla parte contribuente in ordine alla
ricostruzione dell’imposta che risulta per essere effettivamente dovuta
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta i residui. Cassa la
decisione impugnata, in relazione a quanto accolto e rinvia per nuovo esame alla
CTR Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite
del presente giudizio.
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secondo motivo di impugnazione: con quest’ultimo, invero, la parte ricorrente

Uosi deciso in Roma il 21 maggio 2015
Presidente

o Iacobellis )

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