Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14531 del 15/07/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. I, 15/07/2016, (ud. 30/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Aniello – rel. ConSigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9323/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.V., SI.FR., R.R., P.D.,

C.G., A.F., F.C., I.B.,

AL.DO., FA.CO.BI., FR.FE.,

CO.VI., T.F., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI

APPELLO DI CATANZARO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 98/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/05/2016 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato TITO VARRONE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con D.P.R. del 12 luglio 2012 veniva disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Mongiana ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11 (T.U. leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Con nota dell’8 agosto 2012, inviata al Presidente del Tribunale di Vibo Valentia, il Ministero dell’Interno chiedeva che venisse dichiarata l’incandidabilita’ del sindaco, del vicesindaco, del presidente del consiglio comunale, nonche’ di altri amministratori locali, nominativamente indicati, che, nello svolgimento del loro ufficio, si erano resi responsabili di condotte all’origine del provvedimento dissolutorio del consiglio comunale.

All’esito del procedimento camerale, il Tribunale di Vibo Valentia, con decreto depositato il 23/01/2014, dichiarava ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, la incandidabilita’ di R.R. (sindaco), P.D. (vicesindaco) e C.G. (presidente del consiglio comunale).

Avverso tale provvedimento proponeva reclamo il Ministero dell’Interno, sostenendo che il provvedimento fosse da riformare nella parte in cui non era stata dichiarata la incandidabilita’ nei confronti di A.F., F.C., I.B., Al.Do., Fa.Co., Fr.Fe., S.V., Si.Fr., Co.Vi. e T.F..

Resistevano S.V. e Si.Fr..

Con autonomo reclamo, depositato il 3/02/2014, R.R., P.D. e C.G. chiedevano l’annullamento del provvedimento di incandidabilita’ emanato nei loro confronti. Il Ministero sosteneva la infondatezza di tale reclamo.

Riuniti i due procedimenti, con sentenza n. 98/2015, depositata il 30/01/2015, la Corte d’Appello di Catanzaro, dichiarava, in riforma del decreto impugnato, improcedibile la domanda del Ministero dell’Interno, presentata ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, con compensazione delle spese di giudizio.

Motivava:

che del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, prevedendo una misura a carattere preventivo-sanzionatorio nei confronti di amministratori pubblici che si siano resi responsabili delle condotte che abbiano dato causa alla proposta di scioglimento del consiglio dell’ente locale, vale solo per il primo turno elettorale successivo allo scioglimento del consiglio: cosi’ da risultare inapplicabile in relazione ad ulteriori elezioni che si fossero svolte in epoca successiva nella medesima regione;

che stante l’avvenuto espletamento nella Regione Calabria di tue turni elettorali successivi allo scioglimento del consiglio comunale di Mongiana, si imponeva una declaratoria di improcedibilita’ della domanda del Ministero dell’Interno, finalizzata all’ottenimento della dichiarazione di incandidabilita’ degli amministratori comunali;

che la norma era di stretta interpretazione, in quanto limitativa del diritto, costituzionalmente garantito, di elettorato passivo e non poteva, quindi, essere applicata oltre lo spazio e i tempi in essa espressamente previsti.

Avverso la sentenza, non notificata, il Ministero dell’Interno proponeva ricorso per cassazione, notificato il 31 marzo 2015, articolato in un unico motivo, con cui deduceva la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11 e dell’art. 737 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Gli intimati non svolgevano alcuna attivita’ difensiva.

Dopo il deposito di memoria illustrativa da parte del ricorrente ex art. 378 c.p.c., la causa passava, quindi, in decisione dinanzi alla prima sezione, all’udienza del 30 maggio 2016, sulle conclusioni rispettivamente precisate dal Procuratore Generale e dal difensore del ricorrente, come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va osservato che il ricorso presentato dal Ministro dell’Interno e’ tempestivo.

Non trova applicazione, infatti, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22, in tema di semplificazione dei riti, secondo cui contro la decisione della corte di appello la parte soccombente e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla sua comunicazione nel caso di controversie previste del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82, commi 1 e 2, nonche’ di quelle previste della L. 23 dicembre 1966, n. 1147, art. 7, comma 2, dalla L. 17 febbraio 1968, n. 108, art. 19 e del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 70. L’elencazione, contenuta dell’art. 22, comma 1, e’ tassativa e non ricomprende l’ipotesi di incandidabilita’ del D.Lgs. 18 agosto 200, n. 267, ex art. 143, comma 11, cui si applica il termine ordinario di sei mesi (art. 327 c.p.c.), nella specie rispettato.

Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero dell’interno censura la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto improcedibile la proposta di incandidabilita’ a causa dello svolgimento della prima tornata di elezioni amministrative in seguito all’emanazione del provvedimento di scioglimento.

Il motivo e’ fondato.

Nell’interpretare una disposizione di legge, quantunque di natura speciale, o, financo, eccezionale occorre far ricorso non solo al criterio letterale, ma anche a quello teleologico dell’intenzione del legislatore (art. 12 disp. gen.), giacche’ solo il concorso di entrambi i parametri consente di ricostruire fedelmente la voluntas legis, cosi’ da inserirla in un armonico quadro sistematico. Problema diverso e’ se la norma, cosi’ interpretata, possa poi suscitare dubbi di incostituzionalita’, giustificandone il rinvio alla Corte costituzionale.

Cio’ premesso, si osserva come il presupposto necessario per l’applicazione della misura, lato sensu, cautelare di incandidabilita’ sia la definitivita’ del provvedimento dichiarativo, che ne abbia accertato le premesse, di fatto e di diritto, di applicabilita’: e cioe’ che gli amministratori siano responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, o similare. Prima di tale accertamento, non vi e’, ovviamente, spazio alcuno per la menomazione del diritto di elettorato passivo, di rilevanza costituzionale (art. 51 Cost.).

Ma, una volta conclusosi l’iter processuale, secondo le modalita’ dei procedimenti in camera di consiglio, in quanto compatibili, la misura trova applicazione al primo turno elettorale previsto nella regione di appartenenza. In altri termini, l’operativita’ della misura di incandidabilita’ segue alla definitivita’ dell’accertamento giudiziale delle condotte degli amministratori e va riferita al primo turno successivo di ciascuna elezione – regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale – che si svolga nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato (Cass. Sez. 1, 22 settembre 2015, n. 18696).

La sentenza deve essere, quindi, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della presente fase di legittimita’.

PQM

– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa della Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA