Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1453 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10904 – 2009 proposto da:

S.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GERMANICO 197, presso lo studio dell’avvocato NAPOLEONI MARIA

CRISTINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARTI

ANDREA, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3 5/2 008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 25/03/08, depositata il 27/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, nella quale la parte erariale resiste con controricorso, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“La CTR della Toscana ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che la fattispecie in esame (dottore commercialista esercente individualmente ma avvalendosi di uno studio professionale associato) rientri nell’ambito di applicazione dall’IRAP, sicchè nessun rimborso è dovuto alla contribuente per gli anni dal 1998 al 2001.

Il contribuente ricorre per cassazione con tre motivi. L’intimata parte erariale resiste con controricorso.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Infatti, nel caso di esercizio dell’attività nell’ambito di uno studio professionale (nel caso, il ricorrente è dottore commercialista), il presupposto applicativo dell’IRAP non può valutarsi con esclusivo riferimento alla rilevanza dei beni strumentali dal medesimo impiegati, ma deve tener conto anche dei beni facenti parte della struttura organizzativa della quale altri sia titolare. Infatti, si presume (salvo prova contraria) che il libero professionista che svolga la sua attività in una struttura di cui non sia titolare si serva delle risorse organizzative (materiali e umane) presenti nello studio. A tal proposito, Cass. n. 19138/2008 ha affermato che “ove il professionista sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale (diversa da quella svolta in forma associata), egli deve dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati proprio dalla sua adesione alla detta associazione che, proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire ai suoi aderenti utilità altre e aggiuntive, che non si esauriscono in quelle della separata attività collettiva, in quanto, solitamente queste ultime comportano anche altri vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta”. Nella specie, la CTR ha ritenuto che la contribuente abbia svolto la sua attività in un ampio studio di Prato, usufruendo di tutti gli ausili organizzativi (immobile, attrezzature e dipendenti), condivisi tra tutti i professionisti operanti e si sia, quindi, avvalsa del necessario aiuto dei mezzi umani e materiali presenti nel luogo di lavoro. Pertanto, in assenza di prova contraria della contribuente, l’utilizzo di tale apparato organizzativo era sufficiente a concretare il requisito della “autonoma organizzazione” ed era indice di maggior capacità contributiva rilevante a fini IRAP. Il secondo e il terzo motivo, in cui si fa questione di vizio della motivazione della sentenza sul punto della presenza di una “autonoma organizzazione”, sono comunque inammissibili alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di IRAP (ex multis, Cass. n. 3678/07), in quanto la valutazione della CTR non è sindacabile da questa Corte in quanto congruamente motivata. La sentenza contiene l’accertamento dell’esistenza del requisito organizzativo, sicchè la censura si rivela manifestamente priva di pregio, dato che si limita a proporre un’inammissibile nuova valutazione del merito, in presenza di apprezzamento congruamente espresso dalla C.T.R. (Cass. n. 5335/00; 13359/99; 5537/97; 900/96;

124/80)”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite. Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 500= di cui Euro 400= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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