Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14527 del 10/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14527 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 22152-2007 proposto da:
PARRINELLO MARGHERITA PRRMGH67L44L042F, domiciliata
ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ARENA ALESSANDRO con studio in 98123
MESSINA, VIA DEI MILLE 243 giusta delega in atti;
A

– ricorrente –

2013

contro

842

STANGANELLI ANTONIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 18/2007 del TRIBUNALE DI

1

Data pubblicazione: 10/06/2013

MESSINA SEDE DISTACCATA DI TAORMINA, emessa il
31/1/2007, R.G.N. 418/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglienza;

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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 31 gennaio

2007, il Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina,
ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi proposta da
Margherita Parrinello avverso l’atto di precetto notificatole

Il Tribunale, premesso che l’opposizione era stata proposta
allegando che in detto precetto l’intimante aveva omesso di
indicare la data di notifica del titolo esecutivo e di fissare
il termine per l’adempimento, ha ritenuto che l’omessa
indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo
non comportasse, nel caso di specie, la nullità del precetto,
poiché gli elementi in questo contenuti consentivano
l’identificazione del titolo esecutivo che ne era a fondamento
(decreto di omologazione della separazione dei coniugi); ha
altresì ritenuto che non sia causa di nullità del precetto
l’omessa indicazione, come nel caso di specie, di un termine
per adempiere. Ha perciò, come detto, rigettato l’opposizione,
condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite.
2.

Avverso la sentenza Margherita Parrinello propone ricorso

affidato a due motivi.
L’intimato Antonio Stanganelli non si è difeso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Il ricorso risulta basato sul duplice motivo, che

nell’intitolazione si articola nelle censure formulate
testualmente come segue:

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ad istanza di Antonio Stanganelli.

«l)

violazione e falsa applicazione degli artt. 480, 2 °

comma c.p.c., 479 c.p.c., 474 c.p.c., 475 c.p.c., art. 617
c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2) omessa, insufficiente e /o contraddittoria motivazione con
riferimento all’art. 360 n.

5 c.p.c.>>;

segue l’illustrazione

l’enunciazione di un plurimo quesito di diritto.
1.2.-

Il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei

motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art.
6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
dall’art. 47, comma l, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.
69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione
della sentenza impugnata (31 gennaio 2007).
Esso denuncia ed illustra congiuntamente vizi diversi: sebbene
sia ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si
denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi
di violazione di legge e di motivazione in fatto, è tuttavia
necessario che lo stesso si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al
fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (cfr. Cass. S.U. n.
7770/09).
Così non è nel caso di specie, in cui il ricorso si conclude
con un quesito di diritto plurimo, evidentemente riferito
soltanto al vizio di violazione di legge.

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congiunta delle due censure (pagg. 5-11) ed infine

2.-

Peraltro, tale quesito di diritto non risulta nemmeno

conforme al disposto della prima parte dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., per le ragioni di cui appresso.
Esso è il seguente:
<< Una volta accertato che l'atto di precetto è stato titolo esecutivo, può affermarsi che la mancanza di tale elemento determina la nullità dell'atto di precetto? Ed, in caso di risposta affermativa, può affermarsi l'equipollenza come titolo esecutivo valido ai sensi dell'art. 475 c.p.c. per l'esecuzione forzata, del provvedimento, comunicato con biglietto di cancelleria alle parti ai sensi dell'art. 133 c.p.c.? Ed, infine, l'omessa menzione nell'atto di precetto della data di notifica del titolo esecutivo (mai richiesto ed ottenuto e quindi mai notificato) determina la nullità dell'atto di precetto al sensi dell'art. 480 c.p.c.?>>.
Orbene, i primi due capi del quesito risultano non pertinenti
rispetto al contenuto della decisione impugnata.
Il Tribunale, infatti, non si è occupato della questione con
essi posta, vale a dire quella del rispetto, in generale e nel
caso di specie, dell’adempimento prescritto dall’art. 479 cod.
proc. civ. Anzi, si legge espressamente in sentenza che
«nella opposizione in esame, non è stato dedotto
dall’opponente che il titolo non fosse stato notificato o
fosse stato notificato irritualmente; ferma la

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tardiva

notificato senza la contestuale o precedente notifica del

allegazione contenuta nel verbale di precisazione delle
conclusioni».

In ragione di ciò, il Tribunale non ha in alcun

modo trattato dell’art. 479 cod. proc. civ., e quindi della
previa notificazione del titolo esecutivo (e/o di suoi
equipollenti), avendo invece limitato il proprio esame

proc. civ.
2.1.-

All’inconferenza dei quesiti di diritto corrisponde

d’altronde l’inammissibilità del motivo per la parte in cui
lamenta la violazione degli artt. 479 e 475 cod. proc. civ.
Infatti, l’omessa considerazione della prima di queste norme
da parte del giudice di merito consegue alla lettura dei
motivi dell’originario atto di opposizione a precetto che il
Tribunale, nel compimento nell’attività di interpretazione
della domanda, ad esso riservata, ha inteso dare, secondo
quanto risulta dall’affermazione sopra testualmente riportata.
La ricorrente sostiene che nell’atto di opposizione avrebbe
dedotto sia la mancanza nel precetto dell’indicazione della
data di notificazione del titolo esecutivo sia la mancanza di
previa notifica del titolo esecutivo. Si sarebbe trattato
quindi di due distinti motivi di opposizione agli atti
esecutivi, proposti unitamente a quello ulteriore, risultante
(come secondo, ma che, secondo la ricorrente, sarebbe il
terzo) dalla sentenza impugnata, per il quale il precetto
sarebbe stato invalido anche perché mancante del termine ad
adempiere.

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all’atto di precetto ed al suo contenuto ex art. 480 cod.

Allora,

col

ricorso

avrebbe

dovuto

essere

censurata

l’affermazione del giudice a quo sopra riportata, mediante la
denuncia dell’omessa pronuncia su un apposito motivo di
opposizione, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. (in quanto
il Tribunale avrebbe esaminato soltanto due dei tre diversi

proposizione già con l’atto introduttivo del giudizio. Di tale
denuncia non vi è traccia in ricorso, essendo invece non
pertinente il preteso errore per violazione delle norme di
diritto sopra richiamate.
2.2.-

Il ricorso, peraltro, risulta proposto anche per vizio

di motivazione.
Al riguardo, va richiamato il principio per il quale il
rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del
giudice, agli effetti dell’art. 112 cod. proc. civ., può dare
luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del )
tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione,
ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per
procedendo,

error in

censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360,

n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia
sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una
o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame
nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà
un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi
dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. L’erronea sussunzione
nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio

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motivi di opposizione), previa deduzione della sua tempestiva

che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità,
comporta l’inammissibilità del ricorso (così, di recente,
Cass. n. 7268/12, ma cfr. anche Cass. n. 6858/04).
A questo principio è connesso l’altro, pure applicabile al
caso di specie, per il quale nel giudizio di legittimità, va

una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che
ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in
tema di violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e si pone
un problema di natura processuale per la soluzione del quale
la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere
all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di
giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel
secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e
l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico
accertamento di fatto, riservato, come tale, al giudice del
merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo
della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la
decisione impugnata (così, di recente, Cass. n. 7932/12, ma
cfr., tra altre, già Cass. n. 16596/05, n. 15603/06).
2.3.- Ove si dovesse intendere il motivo di ricorso come volto
a censurare l’interpretazione della domanda e l’individuazione
del suo contenuto da parte del Tribunale, nel senso che, pur
avendo la Parrinello dedotto, con l’originario atto di
opposizione, la mancata menzione nell’atto di precetto della
data di notificazione del titolo esecutivo, avrebbe voluto in

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tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di

realtà denunciare che questo non sarebbe mai stato notificato,
e, quindi, il Tribunale avrebbe mal interpretato la domanda,
il vizio, come detto, sarebbe riconducibile a quello di cui
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Tuttavia, malgrado il vizio di motivazione sia richiamato

riportato), non vi è in ricorso alcun momento di sintesi da
cui poter desumere che trattasi di censura rivolta
all’interpretazione che il giudice di merito abbia dato ai
motivi proposti con l’atto introduttivo del giudizio di
opposizione (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema
di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso
i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs.
2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione, poiché secondo l’art. 366 bis
cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto
dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la
relativa censura deve contenere, un momento di sintesi
omologo del quesito di diritto- che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze
in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua

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nell’intitolazione del motivo sotto il numero 2 (sopra

ammissibilità; nello stesso senso, tra le altre, Cass. n.
24255/11).
2.4.- Del tutto inammissibile si appalesa inoltre la denuncia

di violazione dell’art. 475 cod. proc. civ., poiché nemmeno
dalla prospettazione della ricorrente si evince che questa

apposizione della

formula esecutiva

sul provvedimento

costituente il titolo esecutivo posto a base del precetto.
3.-

Il terzo dei quesiti di diritto sopra riportati, pur

essendo l’unico che corrisponde al

decisum

della sentenza

impugnata, è formulato in modo tale da non precisare la
questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, poiché
espresso in termini generici e senza alcun concreto
riferimento a quanto affermato nella sentenza impugnata (in
particolare

a

proposito

dell’irrilevanza

dell’omissione

dell’indicazione della data di notificazione del titolo
esecutivo, nel caso in cui il precetto contenga elementi che
consentano comunque la certa identificazione del titolo),
mancando la giustapposizione -ritenuta necessaria da diversi
precedenti (tra cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui si
ribadiscono- tra la

ratio decidendi

e le ragioni di critica

sollevate. Esso non consente a questa Corte l’individuazione
dell’errore di diritto che la ricorrente intende denunciare
con riferimento alla fattispecie concreta né l’enunciazione di
una regula luris applicabile anche in casi ulteriori rispetto
a quello da decidere con la presente sentenza, poiché di tale

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avrebbe posto nei gradi di merito la questione della mancata

caso e delle questioni che esso pone non è fornita valida
sintesi logico-giuridica (cfr., per la funzione riservata ai
quesiti di diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n.
28536/08).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, atteso che

l’intimato non si è difeso
Per questi motivi

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, in data 11 aprile 2013.

4.-

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