Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14526 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30166-2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ERITREA

20, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI, rappresentata e

difesa dall’avvocato SCIAMMETTA MARIA CATENA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPINA GIANNICO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI

CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Messina, con la sentenza n. 224 del 2018, pronunciando sull’appello proposto da A.M. rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda con la quale A.M. aveva chiesto l’accertamento del diritto ad ottenere l’assegno ordinario di invalidità ex L. n. 222 del 1984 in data 14.5.2009.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione A.M. con tre motivi, illustrati da memoria, ai quali l’INPS ha resistito con controricorso.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’ordinanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

Che:

1.- col primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 195 c.p.c. per aver ritenuto irrituali e quindi inammissibili le note difensive presentate in data 30 gennaio 2018 con le quali veniva richiesto alla Corte il rinnovo della CTU sulla base di rilievi e di elementi esplicitati con tali note; lamenta il ricorrente la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.

2.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 195 c.p.c. in relazione l’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti in quanto la sentenza impugnata doveva ritenersi assolutamente erronea nella parte in cui aveva omesso di esaminare i rilievi formulati dal CTP in corso di redazione dell’elaborato peritale e ribaditi con le note difensive depositate prima dell’udienza di discussione.

3.- Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti sotto altro profilo.

4.- I motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per connessione, sono inammissibili, in quanto le censure ivi sollevate si risolvono – in una ipotesi di doppia conforme – esclusivamente in un riesame di merito, non ammesso in questa sede, in ordine all’accertamento della percentuale di invalidità rivestita dal ricorrente; accertamento che i giudici di merito, aderendo alle motivate conclusioni dei ctu, hanno determinato in una percentuale insufficiente per il riconoscimento del requisito sanitario dell’assegno ordinari di invalidità.

5.- Il ricorso, in ogni caso, sotto le mentite spoglie del difetto logico o del vizio di legge, domanda in effetti a questa Corte un riesame del materiale istruttorio a cui ha già provveduto, nell’esercizio dei poteri riservatigli dall’ordinamento, il giudice del merito, e rispetto al quale il controllo potrebbe vertere sulla logicità e sulla completezza della motivazione ma mai sulla correttezza degli esiti del giudizio.

6.- Le censure sollevate nei motivi di ricorso si condensano pure nell’espressione di un mero dissenso diagnostico volto a contestare nel merito la decisione impugnata, attraverso una generalizzata censura formulata in base ad una valutazione di parte; si tratta pertanto di censure da ritenersi inammissibili siccome, per consolidato orientamento di questa Corte, la sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio può essere contestata in Cassazione soltanto in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata in ricorso, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi; mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce appunto un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice.

7.- Va altresì rilevato che i rilievi critici di parte erano stati pure sollevati all’interno della procedura di espletamento della ctu, sicchè non si configura neppure alcuna violazione del contraddittorio. Gli ulteriori rilievi critici e la richiesta di rinnovo della ctu, dopo il suo espletamento, sono stati dichiarati inammissibili, in conformità ai poteri discrezionali del giudice di merito dato che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina o il rinnovo dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 15219 del 05/07/2007).

8.- Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla spese ex art. 152 c.p.c. Sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.QM

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle processuali liquidate in complessive Euro 2200, di cui Euro 2000 per compensi professionali oltre il 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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