Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14525 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14525 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA
sul ricorso 7651-2014 proposto da:
MIGLIARDI CARLO, M1GLIARDI BARBARA, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA OTTAVIANO 42, presso lo studio dell’avvocato BRUNO LO GIUDICE,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE SERA giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
controricorrente

avverso la sentenza n. 62/3/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di NAPOLI del 19/12/2012, depositata il 21/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2015 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Data pubblicazione: 13/07/2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Carlo e Barbara Migliardi ricorrono contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione
della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania,
confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato l’impugnativa di un
accertamento catastale con il quale l’Ufficio, in esito alla presentazione di una
DOCFA, aveva riclassificato un immobile dei contribuenti da A/2 ad A/1, variando

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che l’Ufficio avesse dimostrato di
aver correttamene classato l’immobile “perché nella medesima zona (tra l’altro molto
signorile, al centro e panoramica) insistono immobili aventi le stesse caratteristiche e
classaii alla stessa maniera”.
Il ricorso si articola in quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 23.4.2015, per la quale non sono
state depositate memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, rubricato come violazione e falsa applicazione dell’articolo
75 d.p.r. 1142/49, si articola in due distinte censure.
Con la prima censura i ricorrenti – premesso che l’articolo 75 d.p.r. 1142/49 impone
l’indicazione degli immobili di comparazione solo nei ricorsi presentati in sede
amministrativa e non anche nei ricorsi presentati in sede giurisdizionale – critica la
sentenza gravata laddove la stessa afferma: “i giudici di primo grado correttamente
avevano respinto il ricorso perché la ricorrente non aveva rispettato la prescrizione
dell’articolo 75 d.p.r. 1142/49”). La censura è inammissibile perché la statuizione
contro cui la stessa si appunta è meramente esornativa e risulta priva di valore
decisorio, come fatto palese dal rilievo che la Commissione Tributaria Regionale non
dichiara il ricorso introduttivo del contribuente inammissibile o improcedibile, ma lo
rigetta nel merito.
Con la seconda censura i ricorrenti contestano l’affermazione della

Commissione

Tributaria Regionale secondo cui la classazione dell’immobile operato dall’Ufficio
andrebbe giudicata corretta in considerazione della classazione di altri immobili posti
nella medesima zona. Al riguardo i contribuenti deducono che:
la collocazione dell’immobile de quo in una zona signorile non implicherebbe
di per se stessa la classificazione del medesimo in categoria A/1;

Ric. 2014 n.
-2-

07651 sez. MT –

ud. 23-04-2015

conseguentemente la relativa rendita.

il paragone con altri immobili diversamente classati non sarebbe pertinente in
quanto non terrebbe conto delle caratteristiche delle singole unità, né del fatto
che l’intera zona aveva formato oggetto di nuovo classamento, che aveva
portato in categoria A/ I l’immobili riferimento;
i lavori di redistribuzione degli spazi interni a cui aveva fatto seguito la
presentazione della DOCFA non deterininavano alcun aumento di valore

La censura è inammissibile perché non attinge l’interpretazione operata dalla
Commissione Tributaria Regionale in ordine alla portata dell’articolo 75 d.p.r.
1142/49, ma critica l’apprezzamento delle risultanze processuali operata dal giudice di
merito; apprezzamento che, com’è noto, è censurabile in sede di legittimità solo sotto il
profilo del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. Sotto altro aspetto la censura è
inammissibile per carenza di autosufficienza, perché lamenta l’omessa considerazione
della circostanza che l’intera zona in cui insistono gli immobile di comparazione aveva
formato oggetto di nuovo classamento, senza che nel ricorso per cassazione venga
indicato dove e come tale circostanza (non menzionata nella sentenza gravata) sia stata
dedotta nel giudizio di merito.
In definitiva, il primo motivo di ricorso va disatteso in relazione ad entrambe le
censure in cui esso si articola.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione dell’articolo Il, primo comma, di. n. 70/88 (convertito nella legge n.
154/88), nonché delle disposizioni sull’estimo comparativo di cui al r.d.l. 652/39
(convertito nella legge n. 1249/39) ed al d.p.r. 1142/49. Argomentano ai riguardo i
ricorrenti che, in violazione delle suddette disposizioni, “non v’è alcun cenno, nell’atto
impugnato, all’iter procedimentale adottato, né, tanto ‘nemo, alle unità prese a base
per il compimento del processo comparativo. Inoltre, come già esposto, l’intera zona fu
sottoposta a ricki.ssamenio di tutte le unità immobiliari ivi locate; pertanto, non erano
riscontrabili (ed infatti non sono citate nell’atto di accertamento) unità già censire da
utilizzare come termine di paragone” (pag. 7 del ricorso). Il motivo va giudicato
inammissibile per difetto di specificità, in quanto la censura in cui esso si risolve si
appunta contro l’atto impositivo e non contro la sentenza gravata.
Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione
dell’articolo 3 della legge n. 241/90 e dell’articolo 7 della legge 212/00 in cui

la

sentenza gravata sarebbe incorsa giudicando sufficiente la motivazione dell’impugnato
avviso di accertamento. Osserva riguardo il Collegio che nella narrativa dei processo
svolta nella sentenza gravata si riferisce che la doglianza relativa al difetto di
Pie. 2014 n. 07651 sez. MT – ud. 23-04-2015
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dell’immobile, trattandosi solo dell’aggiunta di mezzo vano.

motivazione dell’avviso di accertamento era stata dedotta nel ricorso introduttivo del
contribuente, ma nulla si dice sulla riproposizione di tale doglianza in sede di appello.
Sarebbe stato quindi onere dei ricorrenti dedurre, nel ricorso per cassazione, di aver
riproposto nel proprio atto di appello la doglianza concernente il vizio di motivazione
dell’atto impugnato, trascrivendo tale doglianza o precisandone l’esatta collocazione
all’interno del ricorso in appello. Tale onere è rimasto inadempiuto e, pertanto, il

Con il quarto motivo di ricorso si denuncia l’insufficiente motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio in relazione al numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. I ricorrenti
lamentano come la sentenza gravata non si sia espressa sulla loro doglianz,a relativa
all’inesistente motivazione dell’atto impositivo. Anche questo motivo è inammissibile.
La censura, infatti, non è riconducibile al mezzo di gravame di cui alla numero 5
dell’articolo 360 c.p.c. (che nel presente procedimento è applicabile nel testo risultante
dalla novella recata dal decreto legge 83/12), in quanto non lamenta l’omesso esame di
un fatto storico ma l’omessa pronuncia su un motivo di doglianza avverso l’atto
impositivo impugnato. Peraltro, ove anche si ritenesse di poter riqualificare il mezzo di
gravame come denuncia di errore in procedendo ai sensi del n. 4 dell’articolo 360
c.p.c., egualmente il mezzo non potrebbe sottrarsi ad una declaratoria di
inammissibilità, in ragione del difetto di autosufficienza della relativa formulazione. A
riguardo, richiamando quanto già scritto nell’esame del terzo motivo di ricorso, si deve
ribadire che sarebbe stato onere dei ricorrenti, rimasto inadempiuto, precisare nel
ricorso per cassazione le modalità con le quali la doglianza concernente il vizio di
motivazione dell’ avviso di accertamento sarebbe stata da loro riproposta nell’ atto di
appello.
In definitiva il ricorso va rigettato per la inammissibilità di tutti i motivi in cui esso si
articola.
Le spese si compensano.

PQM
La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.
Ai sensi dell’articolo 13, comma I quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92 Si dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma
dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Ro
Il Cons. estensor

il 23 aprile 2015
Il residente,

motivo va giudicato inammissibile per difetto di autosufficienza.

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