Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14524 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14524 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA
sul ricorso 7535-2014 proposto da:
DI SABATINO ADRIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO CESARE
AUGUSTO DI BERARD1NO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;

controricorrente-

avverso la sentenza n. 397/10/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di L’AQUILA SEZIONE DISTACCATA di PESCARA del 24/06/2013,
depositata il 03/07/20 13;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2015 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

‘3.9a3

Data pubblicazione: 13/07/2015

udito l’Avvocato Maria Laura Cherubini difensore della controricorrente che si riporta
agli scritti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. Adriano Di Sabatino ricorre contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione
della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’ Abruzzo ha
rigettato la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal contribuente con riferimento

all’atto della cessazione del rapporti di lavoro.
La domanda del contribuente si basava sul contrasto tra la Direttiva comunitaria
76/207 CE e la disposizione dettata dall’articolo 19, « comma 4 bis, TU1R; contrasto
accertato dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea del 21.7.05, resa nella causa
C-207/04, i cui termini sono stati ulteriormente specificati nella ordinanza della Corte
di Giustizia Europea del 16.1.08, resa nelle cause riunite da C-128/07 a C-I31107.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale l’istanza di rimborso proposta dal
contribuente era intempestiva, perché il termine di 48 mesi di cui all’articolo 38
DPR 602/73 decorre dalla data di erogazione delle somme assoggettate a ritenuta e
non, come sostenuto dal contribuente, dalla data della pronuncia della Corte di
Giustizia Europea.
Il ricorso si articola su due mezzi, riferiti entrambi al vizio di violazione di legge, con
i quali si denuncia, rispettivamente, la violazione della disciplina degli effetti delle
sentenze del giudice comunitario nel diritto interno e la violazione della disciplina
della tassazione separata.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 2 2015.
.4

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo il ricorrente assume che, per il principio di effettività del diritto
comunitario, la decorrenza del termine per il rimborso di tributi versati in forza di
disposizioni interne dichiarate incompatibili col diritto comunitario dovrebbe
collocarsi alla data della pronuncia della CGUE dichiarativa di detta incompatibilità,
giacché solo dopo tale pronuncia il contribuente sarebbe nella condizione di
esercitare il proprio diritto al rimborso.
11 motivo va giudicato infondato in base principio di diritto enunciato dalle Sezioni
Unite di questa Corte con la sentenza n. 13676/14, secondo cui,

nel caso in cui

un’imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza
Ric. 2014 n. 07535 sez. MT – ud. 23-04-2015
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alla ritenuta alla fonte effettuata sulle somme percepite a titolo di incentivo all’esodo

della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il termine di decadenza previsto dalla
normativa tributaria (per le imposte sui redditi, articolo 38 d.P.R. n. 602 del 1973) per
l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la presentazione di apposita istanza,
decorre dalla data del versamento dell’imposta, o, nei caso in cui la domanda
provenga dal percettore di somme assoggettate a ritenuta, dalla data in cui la ritenuta
è stata operata; e non già dalla data, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che

Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione della disciplina della
tassazione separata e della riliquidazione dell’imposta da parte dell’Ufficio (con
particolare riferimento all’articolo 37, comma 40, del decreto legge n. 223/06 ed
all’articolo I, comma 412, della legge n. 311/04) in cui la Commissione Tributaria
Regionale sarebbe incorsa disattendendo la deduzione svolta nell’appello del
contribuente secondo la quale il termine di cui all’articolo 38 d.P.R. 602/73
decorrerebbe non dalla data in cui il datore di lavoro ha operato la ritenuta di acconto
sulle somme versate al contribuente (vale a dire, la data del versamento di dette
somme), bensì dalla data di consumazione del termine di versamento conseguente
alla comunicazione (prevista dall’articolo I, comma 412, della legge n. 311/04,
finanziaria 2005) della riliquidazione dell’imposta operata in via definitiva da parte
degli Uffici finanziari ai sensi dell’articolo 19 TUIR; riliquidazione il cui orizzonte
temporale risulta definito dal termine per la notifica della conseguente cartella di
pagamento, fissato nel 31 dicembre dei quarto anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione dei sostituto d’imposta dall’articolo 25 DPR 602/73,
come modificato dall’articolo 37, comma 40, del decreto legge n. 223/06, convertito
con legge n. 248/06.
Tale assunto si fonda sull’argomento che la ritenuta operata dal datore di lavoro ha
valore meramente provvisorio, mentre l’importo dell’imposta effettivamente pretesa
dal Fisco risulterebbe solo dalla liquidazione definitiva di tale imposta operata
dall’Amministrazione finanziaria in base alla media delle aliquote degli ultimi
cinque anni; cosicché solo dalla data in cui è stata (o avrebbe dovuto essere) compiuta
tale liquidazione definitiva può farsi decorre il termine per la ripetizione dell’imposta
indebitamente versata.
L’argomento non può trovare accoglimento, perché questa Corte ha reiteratamente
chiarito che, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto (ma il
ragionamento vale evidentemente anche per le ritenute in acconto operate alla fonte
dal sostituto di imposta), il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di
rimborso delle imposte sui redditi, previsto dall’articolo 38 d.P.R. n. 602/73, decorre
Ric. 2014 n. 07535 sez. MT – ud. 23 04 2015
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ha sancito la contrarietà della norma impositiva all’ordinamento comunitario.

dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza
degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti
complessivamente dovuto al momento del saldo, oppure rispetto ad una successiva
determinazione in via definitiva dellman” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale;
mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in
cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non

sussistono sin da tale momento (vedi le sentenze nn. 13478/2008, 5978/2006;
24058/2011; 6895/2011, 4166/14).
Nella specie la contestazione su cui si fondava la domanda di rimborso del
contribuente – ossia che la ritenuta era stata operata applicando l’aliquota piena e
non l’aliquota dimidiata – attingeva la struttura stessa del calcolo della ritenuta e,
pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di effettuazione della ritenuta,
mediante la ripetizione del 50% dell’importo calcolato dal datore di lavoro in base
all’aliquota intera, senza necessità di attendere né eventuali conguagli di fine anno
del datore di lavoro né eventuali riliquidazioni da parte dell’Ufficio; non esiste,
infatti, una principio generale che sospenda l’esigibilità dei crediti aventi ad oggetto il
rimborso di tributi fino alla consumazione dei termini fissati per l’esercizio dei poteri
di liquidazione dell’Ufficio (si veda, al riguardo, la sentenza di questa Corte n.
21734/14:

“In tema di imposte sui redditi, posto che l’indicazione nella dichiarazione

di un credito d’imposta costituisce già istanza di rimborso, il corrispondente diritto
alla restituzione può essere esercitato a partire dall’inutile decorso del termine di
novanta giorni dalla presentazione dell’istanza contenuta nella dichiarazione, su cui
si forma il silenzio-rifiuto, impugnabile ex ari. 19, comma 1, lett. g), del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, senza che sia necessario attendere la scadenza dei termini
entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo

formale o accertamento vero e proprio, che non riguardano l’esercizio dei diritti del
contribuente.”).
Entrambi i motivi di ricorso vanno dunque disattesi e, pertanto, il ricorso stesso va
rigettato.
Le spese si compensano, in considerazione dei non univoci precedenti di legittimità.

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Spese compensate.
Ai sensi dell’articolo 13, comma i quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92 si dà atto della
Ric. 2014 n. 07535
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sez.

MT – ud. 23-04-2015

dovuti, poiché in questa ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del2 ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma
dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma il 23 aprile 2015
Il Preslilente

Il Cons. estensore

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