Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14522 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 578-2019 proposto da:

G.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

PROSPERINI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5154/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

13/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma, adito ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, a seguito di nuova CTU, ha accertato il requisito sanitario per l’assegno mensile di assistenza ai sensi della L. n. 118 del 1971, ex art. 13 e per la condizione di handicap grave ai sensi della L. n. 104 del 1992, ex art. 3, comma 3, con le relative statuizioni di condanna; ha condannato l’Inps al pagamento delle spese processuali liquidate ” complessivamente” in Euro 1458,00, oltre IVA, CPA e spese generali;

per la cassazione della decisione, nella parte relativa alla statuizione sulle spese, G.M.M. ha proposto ricorso, affidato a due motivi;

l’INPS ha depositato procura speciale;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 1 e art. 4, commi 1 e 3, nonchè della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 6, delle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014, in relazione alla liquidazione globale delle spese di lite per le due fasi;

con il secondo motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 6, del D.M. n. 55 del 2014, art. 1 e art. 4, comma 1, ultima parte, nonchè dell’art. 91 c.p.c. per violazione dei minimi tariffari;

i due motivi, strettamente connessi, vanno congiuntamente esaminati e sono fondati nei termini che seguono;

occorre premettere che il giudice nel liquidare le spese processuali relative ad un’attività difensiva ormai esaurita deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l’attività stessa è stata compiuta (ex plurimis, Cass. n. 6457 del 2017, Cass. n. 17405 del 2012) sicchè alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3 aprile 2014 (la domanda amministrativa è del 9.2.2015 e, dunque, il ricorso per ATP è successivo a tale data);

quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, occorre invece tener conto della pronuncia delle Sez. Unite (sentenza n. 10455 del 21 maggio 2015) che – risolvendo il contrasto determinatosi in relazione al criterio per determinare il valore della causa ai sensi dell’art. 13 c.p.c., commi 1 e 2 – ha affermato il seguente principio di diritto: “ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni”;

inoltre, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 (artt. 1 e 4), il giudice è tenuto a liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, non essendo, invece, vincolato alla determinazione, in misura media, del compenso professionale (v. ex plurimis, Cass. n. 2304 del 2019, in motiv. p. 7, con la giurisprudenza ivi richiamata);

applicando tali principi al caso in esame, come già chiarito da questa Corte in plurimi arresti resi in casi analoghi (tra cui v. Cass. n. 28977 del 2018), il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti, dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del cit. D.M. n. 55 del 2014, art. 4);

la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza “complessivamente” in misura di Euro 1.450,00 non è dunque adeguata alla normativa di riferimento per essere inferiore ai minimi di cui si è detto, senza che risulti indicata alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal cit. D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;

il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza va cassata nella parte relativa alla statuizione sulle spese;

ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, riliquidando le spese della fase di ATP in Euro 911,00 e quelle del giudizio di opposizione, ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, in complessivi Euro 2.251,00, così determinandosi l’importo complessivo di Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in favore dell’avv.to Alberto Prosperini, anticipatario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio dinanzi al Tribunale in Euro 3.162,00, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, con distrazione al procuratore antistatario.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali nella misura del

15% ed agli accessori di legge, con attribuzione all’avv.to A. Prosperini.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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