Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14521 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 26/05/2021), n.14521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17086-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO ETTORE DE

RUGGIERO 16, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MARRA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISTIANA FABBRIZI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato SERGIO PREDEN,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLA

PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 30284/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Relatore Presidente Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.G. proponeva ricorso per revocazione della sentenza n. 30284/2018 con la quale la Corte di legittimità aveva rigettato il ricorso proposto dallo stesso C. avverso la decisione con cui la Corte di appello di Roma aveva respinto la domanda di rivalutazione contributiva proposta ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, per intervenuta prescrizione.

Con la sentenza oggetto di revocazione, per quel che in questa sede rileva, questa Corte aveva ritenuto corretta la statuizione del giudice di merito con riguardo alla individuazione del momento di conoscenza da parte del lavoratore della esposizione all’amianto. Avverso tale statuizione era stato proposto ricorso per revocazione cui resisteva con controricorso l’Inps.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e art. 391 bis c.p.c. per errore di fatto risultante da atti e documenti, falsa percezione della realtà, contraddittorietà con la sentenza n. 2856/2018. E’ dedotta la erronea statuizione nella individuazione del dies a quo del termine di decorrenza della prescrizione in materia di rivalutazione contributiva per la esposizione del lavoratore all’amianto.

La Corte di legittimità aveva confermato la correttezza della decisione del giudice di appello rispetto all’accertamento della consapevolezza della esposizione da parte del C. già nel corso del rapporto di lavoro; l’accertamento era stato effettuato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, non più sindacabili in sede di legittimità. La sentenza aveva poi escluso la contraddittorietà di tale accertamento con decisioni assunte in altre fattispecie, nelle quali era fatta coincidere la consapevolezza della esposizione con la domanda di rivalutazione rivolta all’Inail, trattandosi di differente conclusione derivante da legittimo accertamento di fatto del giudice del merito.

L’attuale ricorso per revocazione è inammissibile.

Nel valutare i motivi di revocazione occorre partire dalla premessa che, come evidenziato dalle Sezioni Unite del Giudice di legittimità “Il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c., e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione” (Cass. SU n. 8984 del 2018). Soggiunge la Corte che ” La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto, tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti e integri gli estremi dell’error iuris, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (vadasi tra le tante Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994 e sent. ivi cit. a p. 3.4; conf. Cass., Sez. U., 27/12/2017, nn. da 30995 a 30997). Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., n. 30994 del 2017, cit.)”.

Il principio richiamato fissa il discrimine tra vizio revocatorio ed error iuris, escludendo dal primo ogni asserita errata valutazione, sia in fatto che in diritto, svolta dal Giudice di legittimità.

Nel caso di specie non è rinvenibile nessun profilo di vizio revocatorio, poichè è chiaramente affermato come il dies a quo della decorrenza della prescrizione, coincidente con la piena consapevolezza del lavoratore circa l’esposizione all’amianto, sia frutto di un legittimo accertamento del giudice del merito non più assoggettabile a valutazione del giudice di legittimità.

La statuizione, correttamente assunta, risulta peraltro del tutto coerente con altre decisioni di questa Corte circa un differente “dies a quo” in materia, individuato sulla base delle singole fattispecie e singole circostanze di fatto (Cass. n. 2856 del 2017), evidentemente estranee al caso in esame, restando, quindi, fermo ed inalterato il principio della decorrenza del termine prescrizionale dal momento della conoscenza e consapevolezza piena della esposizione in questione.

Il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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