Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14517 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24338-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;

– ricorrente –

contro

B.E., R.M., M.A.M., V.F.,

MA.MA., T.P., MA.GI., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dagli avvocati ALESSANDRA MISCIONE, MICHELE MISCIONE;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;

– controricorrente ai ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 411/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello principale e quello incidentale avverso la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto la domanda proposta da un gruppo di lavoratori, volta alla dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti adottati dall’INPS ed aventi ad oggetto la revoca della prestazione CIGS concessa, l’annullamento della relativa contribuzione figurativa, con conseguente revoca della prestazione pensionistica liquidata;

la Corte di appello ha ritenuto legittima l’esclusione dei lavoratori ricorrenti dal novero di coloro che avevano beneficiato della procedura di concessione CIGS, perchè riguardante il personale di uno stabilimento al quale i predetti non erano addetti; ha, però, escluso la responsabilità dell’INPS per il ritardo del rilievo di tale irregolarità, non desumibile sulla base delle comunicazioni trasmesse dal datore di lavoro all’Istituto, per l’artificiosa rappresentazione, in esse, delle condizioni di legge; la Corte di merito ha, infatti, osservato come l’accertamento di una tale frode fosse stato reso possibile solo al’esito di una verifica ispettiva; tuttavia, ha ritenuto insussistente una condotta dolosa dei dipendenti e, in applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 52, ha riconosciuto il diritto degli stessi a trattenere le somme di pensione già percepite;

avverso la decisione, ha proposto ricorso l’INPS, fondato su un unico motivo;

hanno resistito i lavoratori con controricorso, contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo, avverso il quale ha resistito, a sua volta, l’Istituto con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

i controricorrenti e ricorrenti in via incidentale hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo del ricorso principale, l’INPS deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione della L. n. 412 del 1991, art. 13, della L. n. 88 del 1989, art. 52 e dell’art. 2033 c.c.;

l’INPS censura la sentenza della Corte di appello perchè, nonostante abbia accertato l’impossibilità, per l’Istituto, di avvedersi della frode perpetrata dai vertici aziendali e, dunque, nonostante abbia, nella sostanza, escluso l’imputabilità dell’errore all’ente (errore da cui è conseguita l’attribuzione della contribuzione figurativa e, in via di ulteriore derivazione, la prestazione pensionistica) ha, poi, ritenuto decisivo, ai fini dell’applicazione della regola dell’irripetibilità, l’assenza di dolo da parte dei beneficiari del trattamento pensionistico;

in altre parole, l’INPS assume che, a tenore delle norme evocate in rubrica, il presupposto per la irripetibilità dell’indebito pensionistico è che si versi (sempre) in errore imputabile all’Istituto previdenziale; in assenza, vale la regola della restituzione;

il motivo è fondato;

le disposizioni che regolano la fattispecie concreta sono contenute nella L. n. 88 del 1989, art. 52 e nella L. n. 412 del 1991, art. 13;

la L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, stabilisce che le somme erogate indebitamente a titolo previdenziale non sono ripetibili, se non in presenza di dolo dell’interessato;

la L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1, formulato come norma di interpretazione autentica, ma in realtà innovativo (v. Corte Cost. 10 febbraio 1993, n. 39), integra tale regola, stabilendo che la irripetibilità di cui all’art. 52, comma 2, riguarda le somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da “errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore” salvo il dolo nella percezione ovvero l'”omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato” di fatti che egli fosse tenuto a comunicare e non siano già a conoscenza dell’ente;

complessivamente, la regola che deriva dalla combinazione delle predette disposizioni è quella per cui la irripetibilità dell’indebito pensionistico I.N.P.S. è subordinata a quattro condizioni: a) il pagamento delle somme in base a formale, definitivo provvedimento b) la comunicazione del provvedimento all’interessato c) l’errore, di qualsiasi natura, imputabile all’ente erogatore; b) la insussistenza del dolo dell’interessato, cui è parificata quoad effectum la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano già conosciuti dall’ente competente;

in mancanza di una delle precisate condizione, opera la regola della ripetibilità e non la disciplina dell’art. 52 cit.;

questa Corte ha già esaminato l’ipotesi di causa in cui l’errore del provvedimento di liquidazione dipenda dalla inesatta trasmissione di dati da parte del datore di lavoro e, più in generale, la questione dell’imputabilità o meno all’ente previdenziale dell’errore derivato dal fatto di un terzo;

a tale riguardo, si è precisato che il criterio per la imputabilità dell’errore all’ente erogatore della prestazione è la disponibilità o meno, da parte dell’ente, dei dati rilevanti alla corretta liquidazione della pensione (v. Cass. n. 17417 del 2016); se i dati non sono già conosciuti dall’ente (per non essere in suo possesso) e vengono trasmessi dall’interessato (o dal datore di lavoro), l’INPS non ha un onere di verifica degli stessi (neppure in caso di anomalie apparenti);

come logico corollario, è stata affermata la non configurabilità di un errore imputabile all’INPS per l’omissione del relativo controllo (così in motivaz., Cass. n. 17417 cit.);

la fattispecie concreta, in coerente applicazione degli anzidetti principi, esula, dunque, dalla sfera della irripetibilità, poichè la liquidazione della prestazione pensionistica, come anche accertato dalla Corte di merito, non è derivata da un errore imputabile all’INPS ma da un errore generato dall’inesatta trasmissione di dati da parte del datore di lavoro;

la sentenza impugnata è, dunque, incorsa nel denunciato errore di diritto e va cassata;

i medesimi principi di cui innanzi conducono, invece, al rigetto del ricorso incidentale con cui i lavoratori deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., per non aver la sentenza affermato la responsabilità dell’INPS in ordine agli omessi controlli ai fini della concessione della CIGC e di ogni altro atto consequenziale;

in conclusione, va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto integrale della domanda originaria, proposta dagli odierni contro ricorrenti;

le spese dell’intero processo devono essere compensate tra le parti, in considerazione dei contrasti interpretativi e dei recenti interventi chiarificatori sulla questione dirimente;

l’esito del giudizio determina la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda proposta dagli odierni controricorrenti; dichiara compensate le spese dell’intero processo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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