Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14517 del 01/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2011, (ud. 31/05/2011, dep. 01/07/2011), n.14517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5325-2009 proposto da:

M.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI MARIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato COSIO ROBERTO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

GALENITALIA S.P.A. (quale incorporante la NUOVA SAFARM S.P.A.), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio

dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati PUGLIESE PAOLO, PUGLIESE ANTONIO, VITALE SILVESTRO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 585/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 03/07/2008 r.g.n. 801/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/05/2011 dal Consigliere Dott. MORCAVALLO Ulpiano;

Udito l’Avvocato COSIO ROBERTO; udito l’Avvocato PUGLIESE PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza qui impugnata, la Corte d’appello di Catania riteneva la legittimità del licenziamento intimato dalla società Scravaglieri s.p.a. a M.U., dipendente con mansioni di direttore amministrativo, per riduzione di personale e soppressione del posto, così confermando la decisione del Tribunale della stessa città, che aveva respinto la domanda del lavoratore intesa alla declaratoria di illegittimità del recesso. In particolare, la Corte di merito rilevava che: doveva essere escluso il collegamento societario, dedotto dal M., fra la Scravaglieri s.p.a. e la Nuova Safarm s.p.a., nonchè la Alleanza Salute Italia s.p.a., sì che risultava ininfluente, ai fini della legittimità del recesso, la eventuale possibilità di reimpiego presso la struttura organizzativa di imprese diverse dalla società Scravaglieri; d’altra parte, la riduzione di personale e la conseguente soppressione del posto erano risultate provate in giudizio, essendo emerso che le mansioni del M. erano state unificate con altre all’interno della funzione di direttore tecnico, affidato a dipendente neo-assunta in possesso delle relative competenze; in conclusione, la asserita pretestuosità del recesso era rimasta priva di alcuna dimostrazione ed era stata esclusa in base alle risultanze acquisite in giudizio; infine, il lavoratore non aveva provato – com’era suo onere – la possibilità di essere reimpiegato presso la Scravaglieri con il medesimo inquadramento.

2. Avverso tale decisione il M. ricorre per cassazione con quattro motivi, cui resiste con controricorso la società Galenitalia s.p.a., quale impresa incorporante di Nuova Safarm s.p.a. (a sua volta subentrata alla originaria convenuta Scravaglieri s.p.a.). La resistente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, col primo motivo, l’erronea attribuzione al lavoratore – in violazione della L. n. 604 del 1966, art. 5 – dell’onere di provare l’inesistenza del motivo oggettivo di recesso e, col secondo motivo, vizio di motivazione nel ritenere la soppressione della posizione lavorativa come fatto univocamente rivelatore della avvenuta contrazione dei costi; deduce, poi, col terzo motivo, che in ogni caso la soppressione del posto era avvenuta a seguito di de qualifica zio ne ai sensi dell’art. 2103 c.c. e, col quarto motivo, che non era stato dimostrata l’impossibilità di reimpiego in altre mansioni (stante l’insufficienza, al riguardo, di una generica prospettazione di rioccupazione presso la società Nuova Safarm).

2. Il congiunto esame delle censure proposte rivela la fondatezza del ricorso nei limiti delle considerazioni seguenti.

2.1. Il giudizio di fatto espresso dalla Corte d’appello in ordine alla legittimità del licenziamento presuppone, esplicitamente, l’attribuzione al lavoratore dell’onere di provare sia l’inesistenza di ragioni giustificative del recesso, sia la possibilità di reimpiego in altre equivalenti mansioni. Tale presupposto, però, contrasta con i principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro che adduca a fondamento del recesso la soppressione del posto di lavoro, cui era addetto il lavoratore licenziato, ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle dapprima svolte, ma anche di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purchè tali mansioni siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (cfr. Cass. n. 21579 del 2008).

2.2. Nella specie, la decisione impugnata si è soffermata esclusivamente sulla insindacabilità delle scelte datoriali relative alla riorganizzazione dell’azienda, trascurando di accertare l’assolvimento dell’onere della datrice di lavoro riguardo alla effettiva inutilizzabilita del lavoratore in mansioni analoghe a quelle originariamente assegnate, ovvero in mansioni inferiori rispondenti alla sua esperienza e professionalità, e addossando, invece, al dipendente l’onere di dimostrare l’insussistenza del motivo oggettivo del recesso, così finendo per equiparare, inammissibilmente, la disciplina dell’onere probatorio in subjecta materia, a quella del licenziamento discriminatorio (mai allegato, nella specie, dal lavoratore licenziato).

2.3. Non rileva, ai fini dell’assolvimento dell’onere predetto, la generica offerta di rioccupazione nella società Nuova Safarm, subentrante alla originaria datrice di lavoro, posto che – come accertato dalla stessa sentenza della Corte di merito – si trattava di compagini societarie del tutto distinte, con esclusione di alcun collegamento societario, sì che l’offerta di rioccupazione non poteva che provenire dall’impresa Scravaglieri.

3. Alla stregua di tali considerazioni, la decisione impugnata merita di essere censurata, per difetto della cd. base legale del giudizio di fatto operato, imponendosi l’accertamento dell’adempimento, o meno, da parte datoriale della impossibilità, in concreto, di conservare l’occupazione del ricorrente in mansioni equivalenti a quelle a lui assegnate, ovvero in altre mansioni, comunque coerenti con il suo bagaglio professionale. La sentenza va pertanto cassata con rinvio ad altro giudice, designato come in dispositivo, che esaminerà nuovamente la controversia alla stregua dell’enunciato principio di diritto. Il giudice di rinvio pronuncerà, altresì, sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Messina anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2011

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