Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14515 del 10/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14515 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

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SENTENZA

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sul ricorso 4813-2013 proposto da:
STAGLIANO’ GREGORIO – impresa edile individuale STGGGR40S10C616K, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MUZIO CLEMENTI 51, presso lo studio dell’avvocato BRUNO
GENTILE, rappresentato e difeso dall’avvocato VITO TASSONE
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
FONDIARIA SAI SPA 00818570012, AMATO PIETRO;
– intimati –

Cz439.

2..

Data pubblicazione: 10/07/2015

avverso la sentenza n. 1317/2011 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO del 22/11/2011, depositata il 27/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;

agli scritti e deposita nota spese.

Ric. 2013 n. 04813 sez. M3 – ud. 10-06-2015
-2-

udito l’Avvocato Vito Tassone difensore del ricorrente che si riporta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Catanzaro accolse la domanda di risarcimento
avanzata da Staglianò nei confronti della Fondiaria-Sai s.p.a. e nei
confronti di Amato, condannando in solido i convenuti per i danni
alla persona e alle cose subiti dallo Staglianò a seguito di un sinistro

Ai fini che ancora interessano, la Corte d’Appello di Catanzaro
confermò la sentenza di primo grado, rigettando l’impugnazione di
Staglianò (sentenza del 27 dicembre 2011).
2. Avverso la suddetta sentenza, Staglianò propone ricorso per
cassazione con tre motivi.
La Fondiaria-Sai s.p.a. e Pietro Amato, regolarmente intimati, non
svolgono difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con riferimento a quanto ancora di interesse nella presente
controversia, la Corte di merito ha confermato la sentenza del
primo giudice che aveva riconosciuto: l’invalidità permanente pari
al 15% per danno biologico e un ulteriore 8% incidente sulla
capacità lavorativa generica; l’invalidità temporanea assoluta (gg.
200), nonché quella relativa al 50% (gg 90).
2. Il ricorrente denuncia, con tre motivi strettamente connessi,
l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione; la violazione
delle norme di cui agli artt. 112, 115 comma 1 e 2, 116 c.p.c.; 2727,
2729 c.c.; all’art. 24 Cost., nonché violazione del d.l. 23.12.1976 n.
857, convertito con modificazioni nella legge n. 39 del 1977, con
erronea applicazione dell’ art. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c.
I motivi non hanno pregio e vanno rigettati.
Va preliminarmente escluso ogni autonomo rilievo alla denunciata
violazione dell’art. 112 c.p.c.; infatti, nella parte esplicativa dei
motivi essa si sostanzia nella denuncia di difetti motivazionali.
3

stradale.

3. In estrema sintesi, il ricorrente censura la sentenza di merito per
non aver tenuto in idonea considerazione le censure formulate dal
tecnico di parte, sia in riferimento alla percentuale di invalidità
permanente, sia in riferimento al mancato riconoscimento della
incapacità lavorativa specifica, in quest’ultimo caso non avendo

consulente di ufficio, che il consulente di parte aveva rilevato
(motivi primo e terzo).
3.1. La Corte di merito, pur dopo aver precisato che le critiche
erano state avanzate non da un consulente di parte ritualmente
nominato, le ha prese in considerazione come difese tecniche e le
ha valutate, confermando, all’esito della valutazione, le conclusioni
del consulente d’ufficio. E ciò, sia per la misura dei postumi
permanenti, sia per il mancato riconoscimento della incapacità
lavorativa specifica. Né sarebbe stato necessario per escludere il
difetto di motivazione una risposta puntuale alle censure tecniche
della difesa, atteso che dalla sentenza emerge chiaramente la
rivalutazione compiuta dal giudice di appello, che conferma la
valutazione dell’invalidità permanente globale disattendendo quella
prospettata dalla parte al fine di distinguere tra avambraccio, polso
e dita. E, d’altra parte, le censure tecniche della difesa (riprodotte in
ricorso) non fanno altro che insistere nella valutazione separata e
nella necessità di espresso riferimento alla incapacità lavorativa
specifica, laddove il consulente aveva rinvenuto solo l’incidenza
sulla capacità di lavoro generica (quale lavoratore e piccolo
imprenditore edile).
Inoltre, con riferimento al mancato riconoscimento della incapacità
lavorativa specifica, risulta assorbente l’ulteriore considerazione
fatta dal giudice di merito, il quale mette in evidenza la totale
mancanza di prova in ordine alla contrazione del reddito per il
4

considerato la mancata risposta a una quesito da parte del

periodo successivo all’incidente, per essere stato prodotta una sola
dichiarazione dei redditi (quella del 1989, relativa all’anno
precedente coincidente con l’anno del sinistro). Circostanza non
smentita dallo stesso ricorso che, nelle numerose pagine che lo
compongono (87), richiama sempre e soltanto la suddetta

4. Il ricorso censura, inoltre, la sentenza in riferimento alla
quantificazione del danno da invalidità permanente per incapacità
lavorativa generica e da invalidità temporanea, totale e parziale, per
il mancato riferimento al criterio del reddito di cui all’art. 4 della
legge del 1977, già richiamata. Si duole che il giudice di secondo
grado ha confermato l’utilizzo del criterio del valore punto,
utilizzato dal giudice di primo grado, affermando erroneamente che
il criterio reddituale presente nella norma in argomento è
utilizzabile solo per la liquidazione del lucro cessante e che il
giudice di prime cure aveva liquidato solo il danno non
patrimoniale, senza considerare che il giudice di primo grado aveva
ritenuto compresa nella liquidazione anche quella da lucro cessante
(secondo motivo).
4.1. Va preliminarmente precisato che la censura è del tutto non
conferente rispetto alle modalità di liquidazione dell’incapacità
temporanea, assoluta e relativa. Il mancato riferimento ad essa nella
sentenza impugnata trova spiegazione nella mancata specifica
impugnazione sul punto, come emerge dai motivi di appello che il
ricorrente ha integralmente riportato in ricorso. Invero, il
riferimento generico alla incapacità temporanea nell’atto di appello
(pag. 50) si spiega, nel contesto della censura, allora avanzata alla
sentenza di primo grado, solo con la presenza di tale ipotesi nell’art.
4 invocato.

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documentazione.

4.2. Quanto al mancato utilizzo del criterio reddituale di cui alla
legge in argomento, in generale, deve ricordarsi che, secondo la
giurisprudenza consolidata di legittimità, l’art. 4 della legge n. 39 del
1977 si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno
patrimoniale, conseguente alla riduzione della capacità di guadagno,

danneggiato (da ultimo cass. a 23761 del 2011; n. 19357 del 2007).
Inoltre, costituisce principio pure consolidato, quello secondo cui,
all’interno del risarcimento del danno alla persona, il danno da
riduzione della capacità lavorativa generica non attiene alla
produzione del reddito, ma si sostanzia – in quanto lesione di
un’attitudine o di un modo d’essere del soggetto – in una
menomazione dell’integrità psico-fisica risarcibile quale danno
biologico (da ultimo, Cass. n. 18161 del 2014).
4.3. Nella specie, il mancato riconoscimento della incapacità
lavorativa specifica – da parte del giudice di primo grado,
confermato in appello, con sentenza immune da censure, per
quanto si è detto nel rigetto dei precedenti motivo di ricorso – e
quindi, il mancato riconoscimento di una invalidità idonea a
comportare una riduzione della capacità di guadagno, esclude ogni
rilievo alla censura relativa al mancato Utilizzo della norma in
argomento nella liquidazione della incapacità di lavoro specifica,
atteso che nessuna incapacità specifica era stata riconosciuta, per di
più in assenza di documentazione da cui potesse ricavarsi una
diminuita capacità di guadagno.
Quanto alla liquidazione del danno per incapacità lavorativa
generica, non sussiste la contraddizione messa in rilievo dal
ricorrente.
Invero, il giudice di primo grado ha aumentato di 8 punti
percentuali la invalidità permanente, per via della riconosciuta
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sul presupposto della prova del danno che incombe sul

incapacità lavorativa generica consistente nella maggiore usura,
fatica, difficoltà di svolgimento dell’attività lavorativa, rilevante sul
piano del danno biologico, alla salute, non patrimoniale; e, nel
ritenere compreso in tale valutazione <> ha fatto evidente riferimento alla prospettazione della

riduzione della capacità lavorativa generica come riduzione della
capacità di reddito, aggiungendo, peraltro, che non era stata
dimostrata una diminuzione delle capacità reddituali (ndr che
avrebbero rilevato come incapacità lavorativa specifica). Quindi,
correttamente, la corte di appello nel richiamare la sentenza di
primo grado ha fatto riferimento alla valutazione già effettuata della
capacità lavorativa specifica nell’ambito del danno biologico e ha
rilevato che i criteri previsti dalla legge del 1977 attenevano, invece,
al danno patrimoniale.
D’altra parte, la Corte ha già affermato che, ove il giudice abbia
adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore
differenziato del punto di invalidità, resta non consentito il ricorso
al parametro del reddito percepito dal soggetto leso (cass. n. 5840
del 2004).
5. In conclusione, il ricorso è rigettato. Non avendo gli intimati
svolto attività difensiva non ricorrono i presupposti per la decisione
in ordine alle spese processuali.
6. E’ necessario verificare se ricorrono i presupposti temporali per
il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, atteso che sussistono quelli che la legge
ricollega al contenuto della decisione dell’impugnazione, nella
specie di rigetto.
6.1. La legge di stabilità del 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228),
che ha introdotto il contributo unificato aggiuntivo, inserendo,
7

parte, che si muoveva ancora nell’ottica, oramai superata, della

con l’art. 1 comma 17, il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico
di cui al d. P.R. n. 115 del 2002, con l’art. 1, comma 18, ne ha
previsto l’applicazione «…ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno
successivo alla data di entrata in vigore della presente legge>> e, quindi,
essendo la legge entrata in vigore il

10 gennaio 2013, ai

Secondo i principi generali in tema di litispendenza, per individuare
la data di inizio del procedimento deve aversi riguardo al momento
in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione
dell’atto da parte del destinatario, e non a quello in cui la notifica è
stata richiesta all’ufficiale giudiziario o l’atto è stato spedito a mezzo
del servizio postale secondo la procedura di cui alla legge 21
gennaio 1994, n. 53. (in generale, Sez. Un. n. 23675 del 2014; con
riferimento al raddoppio del contributo unificato Sez. Un. n. 3774
del 2014).
Nella specie, la notifica del ricorso si è perfezionata nei confronti di
un intimato (Amato) in data 29 gennaio 2013 e nei confronti
dell’altro intimato (La Fondiaria) in data 31 gennaio 2013.
Considerato che la notifica del ricorso ad una delle parti è condotta
sufficiente ai fini dell’instaurazione del procedimento dinanzi alla
Corte, tanto che la controparte può depositare il controricorso (art.
370 c.p.c.) anche nel caso di eventuale mancanza degli altri
adempimenti da parte del ricorrente (art. 369 c.p.c.), il
procedimento in esame risulta iniziato prima della data prevista
dalla legge. Mentre, resta irrilevante che, a rapporto processuale
oramai instaurato, la notifica del ricorso ad altra parte intimata si sia
perfezionata in data successiva al 30 gennaio 2013, anche se, ai
sensi dell’art. 369 cit., il termine per il deposito del ricorso decorre
dal perfezionamento dall’ultima notificazione (Cass. n. 9861 del
2014).
8

procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013.

Nella stessa prospettiva di attribuzione di valore al solo avvio del
procedimento di impugnazione ai fini dell’applicazione
temporalmente necessaria per il raddoppio del contributo unificato
– (nella specie allora esaminata avvenuto dopo l’entrata in vigore
della legge) – questa Corte ha ritenuto irrilevante che,

adempiuto all’iscrizione a ruolo e al deposito del ricorso (Cass. n.
6280 del 2015).
Consegue che nella specie, essendo il procedimento iniziato prima
della data prevista dalla legge, non si applica l’art. 13, comma 1

quater del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3, il 10 giugno 2015.

successivamente alla notifica, la parte ricorrente non avesse

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