Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14515 del 01/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 01/07/2011), n.14515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13076-2007 proposto da:

W.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LANZINGER GIANNI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

HGV SERVICE S.R.L., SUEDTIROLER HOTELIER UND GASTWIRTEVERBAND;

– intimati –

e sul ricorso 17409-2007 proposto da:

SUDTIROLER HOTELIERS UND GASTWIRTEVERBAND – HGV (Unione Albergatori e

Pubblici Esercenti della Provincia di Bolzano) e di HGV SERVICE

S.R.L., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati TRADATI PAOLA, BOTTINI ALDO,

BOURSIER NIUTTA CARLO, TOFFOLETTO FRANCO, giusta delega in atti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

W.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LANZINGER GIANNI, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 20/2006 della SEZ.DIST.CORTE D’APPELLO di

BOLZANO, depositata il 05/05/2006 R.G.N. 115/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. MANCINO Rossana;

udito l’Avvocato LANZINGER GIANNI; udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA

per delega RAFFAELE DE LUCA TAMAJO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e inammissibilità dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 5 maggio 2006, la Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, respingeva il gravame svolto da W. G. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto parzialmente la domanda proposta nei confronti della Suedtiroler Hotelier und Gastwirteverband (Associazione degli albergatori della provincia di Bolzano, di seguito, per brevità, HGV) e la HGV service srl per l’accertamento dell’inadempimento del contratto di transazione stipulato tra le parti; respingeva, altresì, l’appello incidentale proposto avverso la decisione del primo giudice dalle HGV e HGV service.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– W.G. conveniva in giudizio l’associazione HGV e la società HGV service per l’accertamento della violazione dell’obbligo contrattualmente assunto sulla premessa di aver stipulato un contratto di transazione per effetto del quale, a fronte della rinuncia a far valere un credito di L. 726.820.000 maturato come dipendente, con qualifica di dirigente, dell’associazione HGV ed a coltivare l’impugnazione del comminato licenziamento, con i conseguenti risarcimenti, l’associazione e la società assumevano la responsabilità di agire per il reperimento di un’attività lavorativa autonoma, subordinata o parasubordinata adeguata alla professionalità del W. (clausola A) e assumevano altresì l’impegno a procuragli un’attività concordata (clausola B);

– il giudice di primo grado aveva accolto la domanda con riferimento solo alla seconda obbligazione – l’impegno a procuragli un’attività concordata -, e non anche con riferimento alla prima, sul presupposto dell’ impegno assunto dalle contraenti a collaborare per la ricerca di una nuova occupazione, non assumendo alcuna garanzia di risultato;

– si doleva l’appellante perchè, trattandosi della promessa del fatto di un terzo, dovevano trarsi conseguenze risarcitorie, a carico del promittente, per il danno connesso all’inadempimento; per la condotta negligente della società ed associazione, limitatesi ad attività routinaria al di sotto del livello di diligenza minima;

infine, perchè l’inadempimento aveva causato un mancato guadagno e un danno risarcibile in proporzione alla retribuzione maturata all’epoca del recesso e per tutto il periodo intercorso fino alla data della pronuncia della sentenza di appello; infine, per la regolazione delle spese;

– le appellate censuravano, a loro volta, la decisione del primo giudice, per il capo di condanna dell’indennizzo ex art. 1381 c.c., per vizio di ultrapetizione e per aver ritenuto inadempiuta la promessa, puntualmente eseguita, invece, tanto che il W. aveva dato inizio all’attività oggetto del patto, non portandola, tuttavia, a compimento;

– infine, che l’indennizzo avrebbe dovuto essere determinato in cifra inferiore all’intero lucro cessante.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva quanto segue:

– il negozio stipulato tra le parti non conteneva la promessa di un facere da parte di un terzo – che, altrimenti, avrebbe dovuto essere identificato o identificabile -, ma dell’assunzione di un obbligo attuale e perfetto di operare per il raggiungimento di un fine determinato, il reperimento di un’attività lavorativa;

– se oggetto dell’obbligo fosse stato il risultato finale e non la condotta, le parti avrebbero pattuito un termine finale e le conseguenze giuridiche di un esito infausto;

– i confini della prestazione e la sua vacua genericità, nonostante l’adeguata assistenza professionale all’atto della stipulazione e la cornice della vicenda contenziosa tra le parti in cui s’innestava, apparivano estesi all’intero ambito dell’agire e l’impegno aveva per oggetto una cooperazione fattiva;

– sarebbe stato onere della parte attrice allegare la condotta oggetto dell’obbligo inosservato, prospettare la relazione causale diretta tra l’omissione della condotta e il pregiudizio palesato, dimostrare che l’espletamento della prestazione indeterminata avrebbe avuto per sicuro effetto il risultato prospettato con l’automatico e certo reperimento della posizione lavorativa alla quale il ricorrente aspirava;

– non risultava prospettato, invece, neppure presuntivamente, che la diligente esecuzione dell’obbligo avrebbe realizzato, con ragionevole certezza, il fine prospettato;

– quanto all’appello incidentale, non trovava conferma il denunciato vizio di ultrapetizione, per aver il ricorrente chiesto il risarcimento del danno e la sentenza riconosciuto l’indennizzo ex art. 1381 c.c.;

– inoltre, in ordine alla forzosa rinuncia, del W., al compimento di quanto commissionato dalla SMG e all’obbligo di garanzia assunto dalle società e associazione con la promessa del fatto di un terzo, l’indennizzo ex art. 1381 c.c. corrispondeva al corrispettivo pattuito in applicazione dell’obbligo di garanzia incombente sul promittente che subentra al terzo nell’adempimento del medesimo obbligo, indennizzo da assoggettare ad imposta secondo il regime fiscale vigente al momento del pagamento;

infine, quanto alla regolazione delle spese, informata al criterio della soccombenza, doveva considerarsi a carico parziale dell’appellante, in considerazione del maggior valore economico della questione prospettata in via principale rispetto a quella oggetto dell’appello incidentale.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, W. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su otto motivi.

Le intimate hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso e proponendo ricorso incidentale fondato su cinque motivi. L’intimato ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

6. Con primi quattro motivi di ricorso il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

6.1. primo motivo: si censura la sentenza del Giudice di secondo grado in quanto asseritamente lacunosa nel motivare l’impossibilità di qualificare come promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo ex art. 1381 c.c. l’obbligazione del verbale di conciliazione in cui si parla di “assunzione di responsabilità ad agire per il reperimento di un’attività lavorativa, autonoma o subordinata o parasubordinata, adeguata alla professionalità acquisita da parte ricorrente”. Secondo il ricorrente, il giudice avrebbe errato nel ritenere che l’obbligazione espressa con le citate parole non possa essere qualificata come promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c., perchè la motivazione, fondata innanzitutto su un evidente elemento letterale, il terzo non è identificato nè identificabile, sarebbe insufficiente.

6.2. secondo motivo: la sentenza gravata è censurata per aver ritenuto che l’obbligazione contenuta nell’accordo transattivo configurasse un’obbligazione di mezzi e non di risultato, onde società ed associazione non avevano alcuna responsabilità in ordine al mancato raggiungimento del risultato utile. Secondo il ricorrente, il giudice non avrebbe indicato i canoni ermeneutici seguiti per arrivare alla decisione non potendo considerarsi idonea a giustificare la decisione l’indicazione motivazionale con riferimento al termine finale non pattuito e all’omessa previsione di un esito infausto.

6.3. terzo motivo: è denunziata la contraddittorietà della sentenza gravata per aver ritenuto conclusa, tra le parti, una semplice obbligazione di mezzi, e non di risultato, pur riconoscendo che l’intenzione delle parti fosse quella di operare per il raggiungimento di un fine determinato.

6.4. quarto motivo: si lamenta la contraddittorietà della sentenza impugnata poichè pur rilevando la genericità dell’obbligazione contestata, non avrebbe utilizzato i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. in alternativa all’interpretazione letterale dell’accordo.

7. L’esame unitario dei quattro motivi conduce ad un giudizio di inammissibilità. Invero, la denuncia di un vizio di motivazione nella sentenza impugnata non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, l’accertamento dei fatti, all’esito dell’ insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento. Ne consegue che il vizio di motivazione deve emergere dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di un fatto decisivo e controverso, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, non rilevando la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.

8. In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità – non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero, una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.

9. Nella specie i motivi esaminati propongono una diversa interpretazione degli elementi di fatto facendo valere il mero contrasto con la ricostruzione operata dalla Corte territoriale.

10. Con il quinto e sesto motivo il ricorrente lamenta omessa motivazione in ordine alla valutazione delle deposizioni testimoniali e la contraddittorietà della sentenza nella parte in cui rileva la mancata indicazione, da parte del ricorrente, della condotta alternativa che avrebbe dovuto costituire oggetto della prestazione asseritamente omessa; contraddittorietà della motivazione per aver rilevato la carenza di prova del nesso di causalità fra l’omissione della condotta e il pregiudizio subito. Per il ricorrente gli elementi di prova raccolti in giudizio, quantomeno in forma presuntiva, avrebbero dato ampia conferma del pregiudizio subito.

11. Osserva il Collegio che qualora il ricorrente, in sede di legittimiti, denunci l’omessa valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi, risolvendosi, altrimenti, il dedotto vizio di motivazione in un’inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata ovvero è stata insufficiente o illogica (v., ex multis, Cass. 17915/2010; Cass. 6023/2009).

12. Il ricorrente riproduce sommariamente e parzialmente il testo delle deposizioni testimoniali che assume non considerate o insufficientemente considerate dal giudice del merito, restando così inadempiuto l’onere di riproduzione integrale delle deposizioni con contestuale specificazione dei punti ritenuti decisivi.

13. Non si è in presenza, di conseguenza, di una denuncia di vizio di motivazione, ma dell’inammissibile richiesta al giudice di legittimità perchè esamini il sommario contenuto delle dichiarazioni dei testimoni e verifichi l’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata, ovvero è stata insufficiente o illogica.

14. Inoltre, la censura di contraddittorietà per aver la corte territoriale rilevato la carenza di prova del nesso di causalità fra l’omissione della condotta e il pregiudizio subito, non denuncia un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ma si risolve in un difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rimettendo a questa Corte un inammissibile apprezzamento riservato al giudice del merito.

15. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 – 1371 c.c. per aver il giudice di merito interpretato la clausola B dell’accordo transattivo senza applicare alcuna delle regole ermeneutiche imposte dalla legge.

L’illustrazione del motivo si conclude con il quesito di diritto.

16. Il motivo è inammissibile non essendo enunciati, neanche nel quesito di diritto, i criteri di ermeneutica asseritamente violati, con l’indicazione delle modalità attraverso le quali il giudice di merito se ne sia discostato, non potendo la relativa censura limitarsi ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza.

17. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. contestando l’applicazione del criterio della soccombenza fatto dalla corte di merito.

18. Il motivo non è meritevole di accoglimento. Nel sistema di regolamento delle spese processuali applicabile ratione temporis, previgente alla sostituzione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 ad opera della L. n. 263 del 2005, art. 2 (applicabile, per effetto della proroga, disposta dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater, conv., con modif., nella L. n. 51 del 2006, del termine inizialmente fissato al 1 gennaio 2006, ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 1 marzo 2006), che ha introdotto la previsione dell’obbligo di esplicitazione dei “giusti motivi” sui quali si fonda la compensazione delle spese, trova applicazione il principio secondo il quale la relativa statuizione è sindacabile, in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’art. 91 c.p.c., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa.

19. La valutazione dell’opportunità della compensazione totale o parziale rientra, invece, nei poteri discrezionali del giudice di merito nell’ipotesi, come nella specie, di soccombenza reciproca, in cui la compensazione parziale delle spese è risultata giustificata dal diverso valore economico delle questioni proposte, in sede di gravame, in via principale ed incidentale, dalle parti risultate entrambe soccombenti.

20. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Si censura la sentenza gravata per aver omesso di valutare petitum e causa petendi del ricorso introduttivo sostituendo l’azione effettivamente proposta, di risarcimento del danno, con un diverso titolo, incorrendo nel vizio di ultrapetizione.

21. Le censure per violazione di legge e per vizio della motivazione sono inammissibili per la mancata formulazione del quesito di diritto e del momento di sintesi, ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal citato decreto legislativo e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d) e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 7119/2010; Cass. 20323/2010).

22. A tale conclusione si giunge anche per il secondo motivo. La denuncia di contraddittorietà della motivazione in ordine all’eseguibilità o meno dell’incarico affidato a W. da SMG basata su una risultanza processuale (la consulenza tecnica) che ha espresso risultati di segno opposto, non si informa alle prescrizioni dell’art. 366-bis c.p.c., formulando, al termine dell’illustrazione del motivo, un’ indicazione riassuntiva e sintetica che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

23. Anche l’illustrazione del terzo motivo, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c., per aver il giudice di merito esteso l’obbligo di corrispondere l’indennizzo all’ipotesi in cui, adempiuto dal terzo quanto promesso, intervengano, successivamente alla stipula del contratto, cause estintive o modificative tali da far venir meno l’obbligazione del terzo, non si conclude con il momento di sintesi.

24. Del quesito di diritto e del momento di sintesi risulta sprovvisto anche il quarto motivo, con cui si denuncia omessa motivazione per aver la corte omesso di motivare in ordine all’aspetto decisivo della quantificazione dell’indennizzo; e si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c. per aver il giudice di merito disatteso la giurisprudenza secondo cui l’indennizzo debba essere un minus rispetto al risarcimento del danno.

25. Infine, anche il quinto motivo, con cui si denuncia omessa motivazione sul punto decisivo riguardante la natura lorda o netta, sotto il profilo fiscale, dell’importo concesso a titolo di indennizzo, risulta sprovvisto del momento di sintesi.

26. Il ricorso principale e l’incidentale vanno, pertanto, rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2011

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