Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14514 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9441-2020 proposto da:

B.O.M., elettivamente domiciliato presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentato e difeso dall’Avvocato LIANA NESTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 391/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – B.Q.M. ricorre per tre mezzi, illustrati da memoria, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 30 gennaio 2020, con cui la Corte d’appello di Napoli ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di dichiarazione di estinzione per inattività delle parti del procedimento introdotto dall’odierno ricorrente con domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 181 e 309 c.p.c..

Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c..

Il terzo mezzo denuncia violazione del principio di leale cooperazione enunciato dall’art. 4 TUE, paragrafo 3, ed il diritto ad un ricorso effettivo enunciato dalla Dir. n. 33/2013/UE, art. 46.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso va accolto.

E’ difatti manifestamente fondato il secondo motivo, con assorbimento

degli altri due.

La vicenda processuale è la seguente.

L’originario ricorso rivolto dal B.Q.M. al Tribunale di Napoli, al fine di ottenere la protezione internazionale o umanitaria negata dalla competente Commissione territoriale, è stato affidato ad un giudice che ha fissato l’udienza di comparizione delle parti, giudice però sostituito da altro, che ha anticipato l’udienza già fissata dal precedente: all’udienza così anticipata nessuno è comparso, sicchè il giudice ha rinviato la causa ai sensi dell’art. 181 c.p.c., dichiarandone poi l’estinzione, all’udienza successiva, andata anch’essa deserta, il tutto con la precisazione che la comunicazione dell’anticipazione dell’udienza non aveva avuto buon fine per essere risultata “piena” la casella di posta elettronica del difensore del ricorrente.

A fronte di tale situazione, quest’ultimo ha proposto impugnazione, sostenendo per un verso che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere come equivalente a comunicazione effettuata quella fallita per essere piena la casella del destinatario, e, per altro verso, che il primo giudice avrebbe comunque errato a rinviare la causa ai sensi dell’art. 181 c.p.c., e poi a dichiarare l’estinzione del processo, quando, invece, avrebbe dovuto decidere sul merito del ricorso, di guisa che la causa andava rimessa al primo giudice in applicazione dell’art. 354 c.p.c., comma 2.

La Corte d’appello, disattesa la censura concernente la validità della comunicazione inoltrata alla casella “piena”, ha altresì ritenuto non pertinente, poichè a suo dire riferito ad altro, il principio invocato dall’appellante, pur con il debito richiamo di precedenti di questa Corte, secondo cui, in materia di protezione internazionale, la diserzione dell’udienza, e dunque l’inattività delle parti, non dà luogo all’estinzione del giudizio ma impone al giudice di decidere nel merito. Quest’ultima affermazione del giudice di merito è errata.

Questa Corte ha difatti più volte ripetuto che, nel procedimento di protezione internazionale, nelle diverse conformazioni processuali succedutesi, non trova applicazione, in caso di diserzione dell’udienza, la disciplina della inattività delle parti, mentre il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito (da ultimo Cass. 28 febbraio 2019, n. 6061, sulla scia di Cass. 18043 del 2010 seguita da 24168 del 2010; 23915 del 2011).

Ciò detto, passando all’esame della questione se ricorresse o no un’ipotesi di rimessione al primo giudice, è stato altresì più volte affermato che, dal principio che la rimessione del processo al primo giudice ha carattere eccezionale e non può essere disposta oltre i casi espressamente previsti nè è estensibile a fattispecie simili od analoghe, discende che detta rimessione, nel caso previsto dall’art. 354 c.p.c., comma 2, deve intendersi strettamente limitata alla prevista ipotesi di riforma della sentenza con la quale il Tribunale, in base al cit. codice, art. 308, comma 2, abbia respinto il reclamo contro la ordinanza del giudice istruttore che ha dichiarato l’estinzione del processo, senza alcuna possibilità di estenderla ai casi in cui tale estinzione sia stata dichiarata direttamente dal Tribunale con sentenza emessa nelle forme ordinarie, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., u.c., (Cass. 9 luglio 1987, n. 5976; Cass. 27 maggio 2011, n. 11722; Cass. 13 febbraio 2015, n. 2880).

A fronte della dichiarazione di estinzione, cioè, l’ordinamento distingue, per quanto qui rileva, casi in cui, una volta constatata la illegittimità della dichiarazione, il giudice d’appello deve rimettere la causa al primo giudice, in applicazione dell’art. 354 c.p.c., comma 2, e casi in cui deve invece trattenerla presso di sè e deciderla nel merito.

Il discrimina tra l’uno nell’altro caso, in particolare, risiede in ciò, che, se l’estinzione è stata dichiarata nel quadro di applicazione dell’art. 308 c.p.c., comma 2, opera, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 2, il congegno di rimessione al primo giudice; se, viceversa, si versa in un caso estraneo all’ambito di applicazione dell’art. 308 c.p.c., comma 2, la decisione che dichiara l’estinzione è nondimeno appellabile, ma non opera la rimessione al giudice di primo grado.

Ora, l’art. 308 c.p.c., stabilisce al comma 1, che contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione è ammesso reclamo nei modi di cui all’art. 178 c.p.c., commi 3, 4 e 5, mentre il comma 2, soggiunge che il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, che respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile se lo accoglie. La disposizione si collega all’art. 178 c.p.c., comma 2, secondo cui l’ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, dichiarativa dell’estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio.

La norma, allora, è costruita su un modello tuttora operante, ma solo in via residuale, ove sia mantenuta la riserva di collegialità di cui all’art. 50 bis c.p.c..

Il sistema che ne deriva appare in definitiva organizzato, stando alla lettera, nel modo che segue:

-) se l’estinzione è dichiarata con ordinanza dal giudice istruttore, che non operi quale giudice monocratico, il rimedio è il reclamo al collegio, e la sentenza pronunciata in sede di reclamo è appellabile, con l’applicabilità del meccanismo di cui all’art. 354 c.p.c., comma 2;

-) se l’estinzione è dichiarata direttamente dal Tribunale con sentenza emessa nelle forme ordinarie, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., u.c., il rimedio è l’appello, ma non è data la rimessione al primo giudice.

Il combinato disposto degli artt. 178 e 308 c.p.c., non contempla, espressamente, dunque, il caso che l’estinzione sia dichiarata dal giudice monocratico con ordinanza, come nel caso oggi disciplinato dall’art. 181 c.p.c., laddove stabilisce che se nessuna delle parti compare alla prima udienza il giudice fissa un’udienza successiva e che, se nessuno compare neppure a questa nuova udienza, “il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo”, estinzione che, come è stato già chiarito (Cass. 3 settembre 2018, n. 21586) si determina anche se il giudice si sia limitato a disporre la cancellazione della causa dal ruolo.

Sicchè sorge il quesito se tale ipotesi debba o non debba essere ricondotta alla previsione dell’art. 308 c.p.c., comma 2: e se in altri termini, dal punto di vista operativo, debba trovare applicazione, in sede di appello, la rimessione al primo giudice (in tal caso con sacrificio del principio di ragionevole durata), ovvero non debba trovare applicazione tale previsione (in tal caso con sacrificio del principio del doppio grado).

La questione, in effetti, è stata già affrontata da questa Corte la quale ha osservato che: “Secondo il disposto dell’art. 354 c.p.c., comma 2, il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo a norma e nelle forme dell’art. 308 c.p.c.. Quest’ultima norma prevede al comma 2 che il collegio, in sede di reclamo proposto ai sensi dell’art. 178 c.p.c., avverso l’ordinanza d’estinzione assunta dal giudice istruttore, provvede con sentenza se respinge il reclamo e con ordinanza non impugnabile se l’accoglie. Dal testo dell’art. 178, comma 2,… si desume che è soggetta a reclamo l’ordinanza del giudice istruttore purchè non operi come giudice monocratico. In quest’ultimo caso, il provvedimento definisce il giudizio e siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale attinente al processo (art. 279 c.p.c., comma 2, n. 2), ha natura di sentenza, quale che sia la forma adottata. Secondo esegesi che si condivide e s’intende ora ribadire (cfr. Cass. n. 2151 del 1992, Cass. n. 15253 del 2003, Cass. n. 14592 del 2007, Cass. n. 18242 del 2008), esclusa l’esperibirità del reclamo ai sensi dell’art. 308 c.p.c., la parte che si ritiene pregiudicata da detto ultimo provvedimento può impugnarlo con gli ordinari mezzi d’impugnazione (Cass. 27 giugno 2007 n. 14592; 17 maggio 2007 n. 11434; 18 gennaio 2005 n. 950; 28 aprile 2004 n. 8092), e, nell’alveo di tale procedimento, è ammessa a formulare l’istanza di rimessione al primo giudice. L’ipotesi rientra, infatti, nell’assetto normativo risultante dal combinato disposto delle disposizioni richiamate, in quanto il provvedimento dichiarativo dell’estinzione, non reclamabile sol perchè emesso da giudice monocratico, rientra comunque nell’archetipo tratteggiato dall’art. 308 c.p.c.. Diversamente accade nel caso, qual è quello di specie, in cui la decisione sia stata assunta dal tribunale in composizione monocratica ma dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta per la decisione ai sensi dell’art. 189 c.p.c.. La sentenza che -, pronunciando l’estinzione definisce il giudizio chiude quella fase processuale ai sensi dell’art. 307 c.p.c., e; quindi non è omologabile al provvedimento adottato nel caso contemplato dall’art. 308 c.p.c., in cui il tribunale, in composizione unica, prende atto della causa d’estinzione e pronuncia relativa ordinanza (v. Cass. n. 1434 del 2008, cfr. Cass. n. 4470 del 1995). Non può perciò mutuarne la disciplina nè in via estensiva nè in via analogica. Il disposto dell’art. 354 c.p.c.” elenca tassativamente i casi di rimessione al precedente grado di giudizio, che rappresentano numerus clausus, ed è dunque norma di stretta interpreta pione” (Cass. 11 novembre 2010, n. 22917).

In altri termini, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso di assicurare la rimessione al primo giudice, e di qui il rispetto del doppio grado, quando il Tribunale in composizione monocratica abbia disposto con ordinanza, avente natura di sentenza, l’estinzione, ponendo anticipatamente fine al processo dinanzi a sè, senza che questo abbia avuto modo di pervenire al suo risultato fisiologico della pronuncia del provvedimento conclusivo, all’esito dello svolgimento della fase decisoria; esclude la rimessione al primo giudice, a tutela del principio di ragionevole durata, quando il Tribunale abbia dato pienamente corso al giudizio dinanzi a sè, sia pur chiudendolo infine con una pronuncia di estinzione.

Va da sè che nel caso di specie la Corte d’appello ha errato nel non disporre la rimessione al Tribunale.

5. – La causa è rinviata al Tribunale di Napoli in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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