Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14514 del 10/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14514 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 4076-2013 proposto da:
AZZOLINI SONIA ZZLSNO63C46H612S, FLORIANI MATTEO,
quest’ultimo rappresentato dalla madre Azzolini Sonia nella qualità di
genitore ksercente la patria potesta, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA MERCADANTE 9, presso lo studio dell’avvocato
CARLO MOLAIOLI, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ALESSIO PEZCOLLER giusta mandato a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro
444-

446

Data pubblicazione: 10/07/2015

FLORIANI FRANCO, BALDO FRANCO, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO VANNICELLI, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati CINZIA DI LUCIA, DANIELE
NICHOLAS BOSCHI giusta procura speciale a margine del

– controricortenti avverso la sentenza n. 280/2012 della CORTE D’APPELLO di
TRENTO del 19/06/2012, depositata il 29/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato Francesco Vannicelli difensore dei controricorrenti
che si riporta agli scritti.

kic. 2013 n. 04076 sez. M3 – ud. 10-06-2015
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controricorso;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Rovereto accolse la domanda di Bruno Floriani
condannando i convenuti Franco Floriani e Franco Baldo al
pagamento, a titolo di risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., per le
lesioni subite dall’attore a causa dell’aggressione fisica da parte dei

In accoglimento della impugnazione dei soccombenti nei confronti
di Sonia Azzolini e Floriani Matteo, quali eredi di Bruno Floriani, la
Corte d’appello di Trento riformò integralmente la sentenza (29
agosto 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, Sonia Azzolini, in proprio e nella
qualità di genitore del minore Matteo Floriani, propongono ricorso
per cassazione con tre motivi, esplicati da memoria.
Resistono con unico controricorso Floriani Franco e Baldo Franco.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Ai fini della migliore comprensione della vicenda processuale, è
opportuno premettere che Bruno Floiiani, da un lato, e Franco
Floriani e Franco Baldo, dall’altro, furono rispettivamente
condannati con decreto penale di condanna per lesioni personali
reciproche nel corso di una colluttazione.
Bruno, che fece opposizione, fu poi condannato per le lesioni
inflitte al fratello e all’amico.
Mentre, Franco Floriani e Baldo non fecero opposizione.
Per il risarcimento del danno agì solo Bruno che convenne in
giudizio il fratello e l’amico.
1.1.11 primo giudice condannò Franco Floriani e il Baldo, ritenendo
provata la lesione ad opera degli stessi, pur riconoscendo la
provocazione da parte di Bruno ed escludendo la legittima difesa da
parte di Franco.

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convenuti.

Ritenne desumibili elementi di prova a carico dei convenuti dal
decreto penale non opposto, ritenuto equiparabile a
patteggiamento; valutò la mancata opposizione al decreto quale
comportamento extraprocessuale liberamente apprezzabile; trasse
ulteriori elementi a carico di Franco e Baldo dalla sentenza che, in

litiganti.
2. La Corte di merito ha, in primo luogo, escluso ogni possibilità di
equiparazione tra sentenza di patteggiamento e mancata
opposizione al decreto penale di condanna, comportando
quest’ultimo solo una sanzione pecuniaria, con la conseguenza di
ritenenere che la mancata impugnazione non può configurarsi come
comportamento extraprocessuale della parte da cui trarre elementi
di convincimento.
Quindi, ha ritenuto che dalla sentenza di condanna del Bruno per
lesioni nei confronti del fratello e dell’amico non potevano trarsi,
come aveva fatto il primo giudice, elementi a favore dello stesso,
essendo, invece, la stessa sentenza incentrata sulla responsabilità del
Bruno. Ha aggiunto che restava, poi, incomprensibile come la
sentenza di primo grado aveva potuto valorizzare a tal fine la
deposizione della convivente del Bruno (Azzolini) che la stessa
sentenza di condanna penale aveva ritenuto non attendibile per
invero simiglianz a.
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli art.
654 c.p.p. e 115, 116 c.p.c., omessa motivazione della sentenza
impugnata trattandosi di motivazione per relationem (ex art.360,
comma 1, n.3 e 5 c.p.c.).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art.
116 c.p.c., l’insufficiente motivazione e la totale “obliterazione” di

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esito all’opposizione, aveva condannato Bruno per lesioni inferte ai

prove testimoniali che, invece, avrebbero condotto ad un diverso
esito.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 52
c.p., in relazione anche all’art. 2044 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. insufficiente motivazione circa fatti decisivi per il giudizio —

2.1. Tutte le censure, strettamente collegate e, quindi, esaminabili
congiuntamente, sono inammissibili.
Va in primo luogo chiarito che nella parte esplicativa non assumono
autonoma pregnanza censoria le pur dedotte violazioni di legge.
Attraverso l’invocazione, in particolare, degli artt. 654 c.p.p., 52 c.p.
e 2044 c.c., la ricorrente tende in realtà a perorare una decisione
sulla scia di quella ottenuta in primo grado. Da ciò il riferimento agli
articoli suddetti, sostenendo che dalla sentenza penale di condanna
in esito a dibattimento del Bruno per lesioni procurate al fratello e
all’amico avrebbero potuto trarsi, e in ciò avrebbe errato il giudice
di secondo grado rispetto al primo, elementi a favore dello stesso
condannato. Peraltro, nessuna valenza argomentativa assumono,
nella sentenza impugnata, i riferimenti alle valutazioni in ordine alla
legittima difesa che si dicono contenuti nella sentenza di primo
grado.
Peraltro, a togliere ogni autonomia a questi profili di censura,
concorre la circostanza che la sentenza penale evocata — che la corte
di appello dice definitiva e i contro ricorrenti dicono passata in
giudicato per essere stata confermata in appello e in cassazione (tra
l’altro indicando un numero di sentenza non corrispondente ) — non
è chiaramente indicata in ricorso, né allegata allo stesso, né indicata
in riferimento agli atti del processo, con la conseguenza che Corte
di legittimità non è stata posta in grado di esaminarla.

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valutazione della legittima difesa.

In secondo luogo va precisato che se è vero che, all’apparenza, la
Corte di merito sembra fare riferimento nelle argomentazioni più
alle valutazioni fatte dal giudice penale che al diretto esame delle
risultanze istruttorie del processo penale, ritualmente introdotte nel
processo civile, tuttavia risulta inequivocabile dalle argomentazioni

giudice — con una tecnica non propriamente limpida — utilizza le
valutazioni del giudice penale per giungere ad una propria
valutazione.
In ogni caso, le censure si sostanziano solo in denunciati vizi
motivazionali, prospettanti solo una diversa e contrapposta
valutazione, con conseguente inammissibilità nel giudizio di
legittimità. Per altro verso, ai fini della inidoneità delle censure che
si concretizzano nella denuncia dell’omesso esame di altre
testimonianze (quelle dei vicini di casa), è assorbente la
considerazione che la Corte non è stata posta nella condizione di
valutare l’eventuale decisività delle stesse ai fini di pervenire alla
riforma della sentenza impugnata, atteso che i ricorrenti ne offrono
uno stralcio, unitamente alla valutazione contenuta nella sentenza
penale, mentre, non allegano per intero le testimonianze, né
indicano la posizione nel fascicolo processuale del verbale, pure
indicato.
3.In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese processuali,
liquidate secondo i parametri vigenti, seguono la soccombenza nei
confronti dei controricorrenti.
P. Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti in solido, delle spese
processuali del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.200,00 di
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complessive della stessa e unitariamente considerate che, in realtà il

cui 200,00, per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della L n. 228 del 2012, dichiara la

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis,
dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3, il 10 giugno 2015.

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

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