Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14514 del 09/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14514
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23291-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, LELIO
MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrente –
contro
C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
CONDOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PICOZZI, che
lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5452/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 31/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO
RIVERSO.
Fatto
RILEVATO
Che:
la Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello proposto da C.C. e ha dichiarato giuridicamente inesistente la sentenza impugnata, pronunciata dal tribunale di Roma, ritenuta quale provvedimento assolutamente “abnorme” in quanto avente un oggetto assolutamente eterogeneo rispetto alla domanda proposta ossia un contenuto estraneo alla materia del contendere. La Corte d’appello ha pure dichiarato la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’INPS con un motivo al quale ha resistito con controricorso C.C..
E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’ordinanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1.- Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 353,354,434 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la sentenza impugnato non aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso in appello di C.C., nonostante che, con lo stesso, l’appellante si fosse limitato a chiedere la nullità della sentenza impugnata e la rimessione della causa al giudice di primo grado, pur non ricorrendo nessuna delle ipotesi tassative previste agli artt. 353 e 354 c.p.c., senza chiedere una decisione nel merito della controversia.
2.- Il ricorso dell’INPS deve ritenersi inammissibile per totale difetto di interesse (considerata anche la compensazione integrale delle spese del processo disposta in appello).
3.- L’INPS si duole che l’appello della C. non sia stato dichiarato inammissibile in mancanza della domanda di merito, essendosi la parte limitata ad un’azione di nullità della sentenza ed a chiedere la rimessione della causa in primo grado, in un’ipotesi in cui non esistevano gli estremi per la rimessione previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c.
4.- Senonchè, quand’anche l’appello della C. fosse stato dichiarato inammissibile, e fosse divenuta irrevocabile la sentenza “abnorme”, la situazione processuale che si sarebbe prodotta tra le parti sarebbe stata analoga a quella che si è prodotta con l’eliminazione della sentenza. Il caso sarebbe stato simile in quanto, anche con la prima alternativa (inammissibilità dell’appello), la sentenza abnorme non avrebbe avuto effetti di giudicato rispetto alla situazione sostanziale in essere tra le parti e si sarebbe dovuto iniziare una causa nuova; non essendoci neppure gli estremi per la rimessione, che la parte aveva comunque richiesto, in mancanza della domanda di merito.
5.- In ogni caso va affermato che correttamente la Corte d’appello di Roma ha ritenuto che il ricorso in appello fosse ammissibile in quanto la sentenza di primo grado fosse un provvedimento abnorme con contenuto totalmente estraneo alla materia del contendere e come tale suscettibile anche della sola caducazione; potendo l’appellante avere interesse a tanto (cfr. Cass. nn. 488/2015, 27428/2009), al fine di proporre nuovamente la domanda in separato ed ulteriore giudizio; senza dover perdere per questo un grado di merito, non ricorrendo un’ipotesi di rimessione in primo grado. Dovendosi aggiungere, soltanto, che tale ipotesi, nel caso di specie, non potesse ricorrere non tanto per la tassatività delle ipotesi di rimessione in primo grado (cfr. estensivamente Cass. nn. 2020/2020, 16497/2019), ma perchè, appunto, mancava la domanda di merito.
6.- Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna alla rifusione delle spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 3200, di cui Euro 3000 per compensi professionali oltre al 10% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020