Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14511 del 10/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14511 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 1811-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
CORVINO GIUSEPPINA;
– intimata avverso la sentenza n. 500/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI – SEZIONE
DISTACCATA di SALERNO, depositata il 30/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/05/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 10/07/2015

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Napoli ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.200/0412009 della CTP di Avellino che aveva accolto il ricorso di
Corvino Giuseppina- ed ha così annullato l’avviso di recupero credito a mezzo del
quale era stata contestata la spettanza del credito di imposta di cui all’art.8 della legge
n.388/2000 (utilizzato in compensazione per gli anni 2001 e 2002) non solo perché
utilizzato in esubero ma anche per la violazione della previsione del comma 7 di detta
norma secondo cui i beni agevolati devono essere mantenuti nella struttura produttiva
per i cinque anni successivi al momento dell’acquisizione. Avverso detto avviso la
contribuente aveva contestato di avere proposto domanda di condono ex art.9 della
legge n.28912002, rendendo definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla
correlata dichiarazione e perciò anche i vantati crediti.
La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che l’art.9 menzionato
(prevedendo che la definizione automatica rende definitiva la liquidazione delle
imposte risultanti dalla dichiarazione), fa appunto riferimento alle imposte e non alla
determinazione della base imponibile, nel mentre lo stesso art.9 precisa che “la
definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti
derivanti dalle dichiarazioni presentate”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La intimata non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati,

Infatti, con il motivo di censura del ricorso (rubricato come:”Violazione dell’art.9
comma 9 legge n. 289/2002, in relazione all’art.360 n. 3 cpc”) l’Agenzia si duole del
fatto che il giudice di appello abbia ritenuto che il condono sia idoneo a spiegare i
suoi effetti anche sul potere dell’A.F. di verificare la sussistenza dei presupposti e dei
requisiti previsti per la spettanza dei crediti di imposta esposti in dichiarazione.

Infatti, è giurisprudenza consolidata di questa Corte (da ultimo, Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 2597 del 05/02/2014) quella secondo cui:”Il condono ex art. 9 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, elide i debiti del contribuente verso l’erario, ma non
opera sui suoi eventuali crediti fiscali, dovendo la previsione del nono comma del
citato articolo secondo cui “la definizione automatica non modifica l’importo degli
eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate”, interpretarsi nel
senso che tale definizione non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito
esposto dal contribuente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la
sentenza impugnata, che aveva ritenuto precluse, per effetto del condono, le
contestazioni dell’amministrazione finanziaria e, conseguentemente, accolto il ricorso
del contribuente avverso un avviso di recupero del credito di imposta, ai sensi dell’art.
8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per nuovi investimenti in aree svantaggiate).
Non resta che concludere che il contrario (e peraltro concretamente non motivato, se
non con la semplice trascrizione della norma) avviso del giudice di appello
costituisce vizio di falsa applicazione della richiamata disciplina, con la ulteriore
conseguenza che la controversia deve essere rimessa al giudice del merito che, in
funzione di giudice del rinvio, tornerà a valutare le questioni devolute, alla luce del
principio di diritto dianzi richiamato.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 luglio 2014

ritenuto inoltre:
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Il motivo appare fondato.

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente giudizio.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2015

Depositata in Cancelleria

P.Q.M.

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