Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14510 del 10/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14510 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 1616-2013 proposto da:
AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore Generale
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrentecontro
DELFINO CONCETTA;
– intimata avverso la sentenza n. 127/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA, depositata il
16/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/05/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

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Data pubblicazione: 10/07/2015

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Genova —pronunciando sull’appello dell’Agenzia contro la sentenza
n.92/03/2008 della CTP di Savona che aveva accolto il ricorso di Delfino Concetta
(come erede di Delfino Pietro)- ha annullato l’avviso di accertamento adottato in
rettifica di proposta di classamento (DOCFA) di un immobile sito in Albenga,
destinato ad attività ricettiva, attribuendogli la rendita di € 37.864,00 a fronte della
proposta di attribuzione della rendita di € 21.420,00.
La CTR —premesso che “la vicenda va correttamente inquadrata e ridotta agli effettivi
motivi della contesa in generale, ed in particolare dell’appello che presuppone
preliminarmente l’appuramento della reale natura dell’attività (alberghiera o
residence)”- ha ritenuto che risultava insussistente il presupposto a base
dell’accertamento, costituito dalla destinazione a residence, sicchè l’annullamento
adottato dal primo giudice appariva condivisibile.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art. 49 e
61 del D.Lgs.546/1992 nonché degli art.112 e 345 cpc) la ricorrente si duole del fatto
che il giudice di appello abbia valorizzato la destinazione funzionale dell’immobile
(albergo anzicchè residence, quale sempre l’immobile era stato qualificato nella
documentazione catastale e nella stessa DOCFA di parte) senza che alcuna domanda
fosse mai stata formulata a tale proposito e per quanto l’ufficio avesse prospettato il
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letti gli atti depositati,

raffronto con l’attività alberghiera ai soli fine di evidenziare la congruità della stima
effettuata ai fini dell’accertamento a mezzo del raffronto con immobili diversi perché
destinati a differente attività. In tal modo operando (ed estendendo la propria indagini
al di là dell’ambito che le avevano espressamente attribuito le parti) il giudicante
aveva violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Ed infatti è indirizzo costante di codesta Suprema Corte quello secondo il
quale.”Incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice di appello che esamini una
questione non espressamente prospettata nei motivi d’appello, che non possa ritenersi
tacitamente proposta, non essendo in rapporto di necessaria connessione con quelle
espressamente formulate e non costituendone neppure l’antecedente logico-giuridico”
(per tutte, Cass. Sez. L, Sentenza n. 13014 del 14/07/2004).
Di un siffatto errore la parte ricorrente ha dato idonea dimostrazione, a mezzo della
ricostruzione (formulata in termini rispettosi del canone di autosufficienza del ricorso
per cassazione) della vicenda processuale, a fronte di che la parte intimata ha serbato
un significativo silenzio, omettendo di costituirsi.
E d’altronde, la fondatezza delle censure di parte ricorrente si coglie già dalla stessa
formulazione introduttiva della parte in diritto della motivazione della sentenza
impugnata (così come nella parte conclusiva in cui si dichiara di concordare con il
contenuto provvedimentale della sentenza di primo grado ma se ne correggono le
ragioni di sostegno), nella quale il giudicante evidenzia di voler andare a sindacare
“la sostanza effettiva” delle questioni controverse, senza considerare che il giudizio
tributario è caratterizzato dalla specificità e precisa delimitazione delle ragioni di
impugnazione del provvedimento amministrativo, sicché non è consentito (neppure al
giudicante, nell’esercizio dei poteri officiosi) mutare il thema decidendum impostato
con gli atti introduttivi di primo grado e convalidato dalla pronuncia di primo grado,
senza che sulla specifica questione della qualificazione della domanda introduttiva sia
stata espressamente proposta censura di appello (in termini Cass. Sez. L, Sentenza n.
24339 del 01/12/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15859 del 12/11/2002).
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Il motivo appare fondato e se ne propone l’accoglimento.

Non resta che concludere che la sentenza di appello —appunto perché adottata in
violazione del canone di necessaria correlazione tra il chiesto ed il giudicato, sicchè
deve anche ritenersi che ne resti assorbita la questione prospettata con il secondo
motivo di ricorso- merita cassazione, con conseguente necessità di restituzione della
causa al giudice di appello che —in funzione di giudice del rinvio- tornerà a

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 luglio 2014

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto, in
relazione al primo motivo e con assorbimento del residuo;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Cassa la decisione impugnata e
rinvia alla CTR Liguria che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese
di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2015
Depositata in Cancelleria

pronunciarsi sulle questioni fatte oggetto di censura,

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