Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1451 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26372/2015 proposto da:

OFP DI D.M. & C. SNC, in persona del suo socio

amministratore e legale rappresentante, O.F.,

O.P.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI

11, presso lo studio dell’avvocato COSTANZA ACCIAI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO ANDRIGHETTI

FORMAGGINI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRTE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENETALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 767/36/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO del 9/06/2015, depositata il 16/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 9 giugno 2015 la Commissione tributaria regionale del Piemonte respingeva l’appello proposto dalla OFP di D.M. & C. snc e dai suoi soci O.F. e O.P.C. avverso la sentenza n. 117/1/12 della Commissione tributaria provinciale di Cuneo che aveva respinto i loro ricorsi contro gli avvisi di accertamento IRPFF 2006. La CTR in particolare osservava la correttezza della pronuncia del primo giudice sulla “non operatività” della OLP nell’anno fiscale de quo.

Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione detta società ed i suoi soci deducendo due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contraddittorio orale.

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5-3 – promiscuamente i ricorrenti lamentano sia vizio della motivazione sia plurime violazione/falsa applicazione di legge. In buona sostanza le censure riguardano la questione se la OLP potesse considerarsi per l’annualità d’imposta 2006 società “non operativa” ai sensi e per gli effetti della L. n. 724 del 1994, art. 30. In particolare i ricorrenti censurano la mancata valutazione come “prova contraria” alla presunzione legale di “non operatività” consistente nel fatto che l’unico immobile posseduto dalla società fosse locato a terzi con contratto che non era giuridicamente possibile modificare al fine del raggiungimento dei parametri reddituali previsti dalla norma antielusiva de qua.

Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.

Infatti, per un verso il profilo riguardante la motivazione della sentenza non è proponibile trattandosi pacificamente di una “doppia conforme” sul fatto costitutivo della pretesa fiscale ossia che, secondo i parametri normativi, la OFP sia da considerarsi una “società di comodo”; per altro verso i vari profili di violazione/falsa applicazione di legge dedotti in realtà riguardano l’apprezzamento fattuale/meritale dell’incidenza del contratto di locazione in corso con un soggetto terzo che evidentemente non possono formare oggetto del presente giudizio di legittimità, dovendosi ribadire il pacifico principio giurisprudenziale che “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5-3 – analogamente i ricorrenti si dolgono di vizio della motivazione e di plurime violazioni/false applicazioni di legge in relazione alla applicazione della disciplina di cui al D.L. n. 296 del 2006, con particolare riguardo alla mancata prova della congruità del canone di detto contratto di locazione rispetto al valore medio di mercato al momento della sua sottoscrizione.

La censura è inammissibile per difetto di specificità, non essendo tale questione trattata nella sintetica motivazione della sentenza impugnata. In ogni caso valgono le considerazioni fatte per la prima censura.

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio di consiglio e se ne propone la declaratoria di inammissibilità”.

Il Collegio condivide la relazione depositata.

Il ricorso va dunque rigettato e la ricorrente condannata a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio in virtù del generale principio di soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del grado che liquida in Euro 4.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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