Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14506 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 15/07/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17331/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.V., A.A., A.F.,

E.A.P. in qualita’ di eredi dell’Ing. A.G., domiciliati

in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato FABIO PACE con

studio in MILANO C.SO PORTA ROMANA 89/6 giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 45/2009 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata l’11/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per i controricorrenti l’Avvocato DE SANCTIS per delega

dell’Avvocato PACE che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A.G., ex dirigente Enel, era iscritto alla Previdenza Integrativa Aziendale (PIA), in epoca anteriore al 28.4.1993.

Nel corso del 2000 ha ottenuto la liquidazione, in unica soluzione, della somma che gli spettava, al valore attuale, sul cui ammontare l’azienda ha applicato l’aliquota prevista per il TFR. Il contribuente invece ha ritenuto che dovesse applicarsi la minore aliquota prevista per i redditi da capitale, e dunque ha fatto istanza di rimborso della differenza, su cui si e’ formato il silenzio rifiuto.

Gli eredi di A. hanno impugnato il diniego di rimborso.

La Commissione provinciale di Bologna, con sentenza del 4.12.2006 ha confermato la legittimita’ della trattenuta. Su appello dei contribuenti, la Commissione Regionale, con sentenza del 16.3.2009, ha invece riformato la decisione di primo grado accogliendo la tesi degli appellanti.

Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con quattro motivi, con i quali contesta sia il difetto di prova circa la natura del contratto che l’applicazione del regime di aliquota ritenuto applicabile dai giudici di appello.

Resistono con controricorso i contribuenti. Entrambe le parti hanno fatto memorie integrative.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

La decisione impugnata ha ritenuto provata la natura previdenziale del rapporto tra A. e l’Enel e conseguentemente ha deciso che la somma erogata al dirigente in unica soluzione andava tassata quale reddito da capitale, secondo il regime previsto per chi aveva stipulato prima del 28.4.1993, regime che la nuova disciplina (D.L. n. 699 del 1996) aveva fatto salvo.

La L. n. 124 del 1993, infatti, secondo il giudice di appello, prevede l’applicazione dell’aliquota del 12,5% su un imponibile calcolato in base alla differenza tra il capitale riscosso e l’ammontare dei premi versati.

Avverso tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, con quattro motivi.

2.- Con il primo motivo l’Agenzia contesta che alla somma elargita al dirigente Enel in base all’accordo in questione possa applicarsi l’aliquota del 12.50% anziche’ quella espressamente prevista per i trattamenti di fine rapporto.

Il motivo e’ fondato nei termini che seguono, alla luce della costante giurisprudenza formatasi su fattispecie assolutamente analoghe.

La questione oggetto della presente controversia e’ stata affrontata e risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, nella quale si e’ affermato il seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione e’ assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del ed rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.)”.

Alla decisione delle Sezioni Unite hanno fatto seguito numerose altre sentenze di questa Corte, che hanno ribadito il principio (da ultimo Sez. 5, n. 7851 del 2016; Sez. 6, ord. N. 3792 del 2016; Sez. 5 n. 2604 del 2016).

Secondo le Sezioni Unite, dunque, essendo stata operata dal legislatore “una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro”, solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11 (la c.d. riforma Dini), riservandone pero’ l’applicazione “alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto”, deve ritenersi che, per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”, che, nel caso di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono composte “da una sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (ed in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, cosicche’ possono essere tassate in modo analogo al trattamento di fine rapporto “esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale”, mentre, alle somme corrispondenti al rendimento di polizza, si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6.

Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale FONDENEL o P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite, a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato” (cfr., da ult., Cass. nn. 287 e 5376 del 2012; Cass. 3757 e 13302/2013; Cass. 14380 e 14381/2013).

Sulla scorta di tale principio, il giudice del rinvio quantifichera’ la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolera’ l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, (come sopra decrementata) secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

2.- I motivi secondo, terzo e quarto sono logicamente connessi e vanno congiuntamente esaminati.

Con il terzo e quarto motivo, l’Agenzia denuncia un’omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e rilevante.

La decisione di appello avrebbe trascurato di valutare adeguatamente se i contribuenti avevano provato la natura previdenziale del contratto, presupposto della tassazione rivendicata, e se effettivamente l’azienda aveva applicato l’aliquota che essi invece contestavano.

Sostiene l’Agenzia che alla luce degli elementi in atti, invece, non era stata fornita alcuna prova delle suddette circostanze, rilevanti per stabilire quale fosse l’aliquota da applicare e se essa sia stata determinata effettivamente in misura superiore al dovuto.

1 motivi terzo e quarto in particolare denunciano un’omessa o insufficiente motivazione sul fatto controverso della prova della natura del contratto, e sono infondati in quanto la decisione di appello ha motivato il suo convincimento, ritenendo assolto l’onere della prova avendo i contribuenti depositato le certificazioni Enel e il prospetto di quanto versato negli anni.

Il secondo motivo denuncia invece un’erronea interpretazione del contratto. Secondo l’Agenzia il capitale percepito e’ stato erogato dall’Enel a titolo di trattamento di fine rapporto, dunque quale corrispettivo del lavoro effettuato negli anni precedenti, dovendosi escludere la natura invece assicurativo – previdenziale della somma, come sostenuto dai contribuenti e fatto proprio dalla CTR. Questo assunto e’ errato. Il rapporto, come e’ noto, nasce originariamente tra Enel e dirigenti sulla base di un contratto collettivo del 16 maggio 1985 con cui l’Enel si obbligava a istituire forme di assicurazione sulla vita, che poi hanno preso avvio. L’accordo collettivo aziendale del 16 aprile 1986 ha poi convertito l’assicurazione sulla vita in un rapporto di previdenza complementare.

Che si tratta di una forma di previdenza integrativa costituita dal versamento di capitali destinati ad avere una rendita, e’ ormai questione acquisita nella giurisprudenza di questa Corte.

In generale, e’ stato infatti deciso che, ai fini della qualificazione del rapporto rileva la circostanza che dal soggetto tenuto al pagamento sia stato adottato un modello gestionale di tipo assicurativo (Sez. 6, ord. N. 23520 del 2012; Sez. 5 n. 5614 del 2015).

Nessun dubbio puo’ porsi sulla natura del rapporto in questione e dunque della somma elargita (con esclusione dunque della tesi che si tratti esclusivamente di un TFR) a seguito delle due decisioni delle Sezioni unite in tema (n. 13652 e 13643 del 2011).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, in diversa composizione anche per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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