Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14502 del 30/06/2011
Cassazione civile sez. III, 30/06/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 30/06/2011), n.14502
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
omposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 27724-2008 proposto da:
B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIALE DEI QUATTRO VENTI 80, presso lo studio dell’avvocato
CARACCIOLO ANTONIO GIOVANNI, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
A.E., O.N. (OMISSIS), elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo studio
dell’avvocato CASANOVA STEFANIA, rappresentate e difese dall’avvocato
BONI MASSIMO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1017/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
15.2.08, depositata il 06/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto quanto segue:
p.1. O.N. ed A.E. hanno depositato in data 1 dicembre 2008 controricorso notificato il 11 novembre precedente avverso il ricorso per cassazione loro notificato, senza successivo deposito, da B.G. in data 22-26 ottobre 2008 contro la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma in sede di appello in data 6 marzo 2008 in una controversia di opposizione a precetto introdotta e decisa in primo grado dal Tribunale di Viterbo con sentenza n. 1874 del 2003.
Successivamente è stato iscritto a ruolo dal B. altro ricorso di identico tenore notificato ai medesimi il 28 novembre 2008 e gli intimati vi hanno resistito con altro controricorso.
p.2. Essendo entrambi i ricorsi soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattati con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Considerato quanto segue:
p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:
“… 3. – Il ricorso notificato per primo dal B. dev’essere dichiarato improcedibile per mancato deposito.
Il secondo ricorso, che appare tempestivo, in quanto avvenuto entro il termine breve decorso dalla notificazione del primo, dev’essere invece esaminato.
Esso appare manifestamente infondato là dove postula che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Viterbo, perchè essa si sarebbe dovuta giudicare impugnabile in cassazione ai sensi del testo dell’art. 636 sostituito dalla L. n. 52 del 2006, che era in vigore all’atto della decisione della detta Corte.
Invero, la modifica introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 nell’art. 616 c.p.c., con la sostituzione del suo testo e l’espressa introduzione della inimpugnabilità della sentenza resa sull’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (previsione ora venuta meno per effetto della 1. n. 69 del 2009, ma senza rilievo nel presente giudizio, giusta l’art. 58, comma 2 della Legge) entrò in vigore, ai sensi della stessa L. 1 marzo 2006, n. 52, art. 22 e, in difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsione contrarie, come la Corte ha già avuto modo di affermare (si veda, per prima, Cass. n. 20414 del 2006, in motivazione) la sua applicabilità riguardo ai giudizi pendenti risultò regolata dal principio, condiviso dalla giurisprudenza della Corte, secondo il quale l’immediata applicabilità della legge processuale, in linea con quanto affermato anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 155 del 1990), ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge innovativa, non incidendo su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere (Cass. n. 6099 del 2000). Con la conseguenza che, in applicazione delle regole stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, e dall’art. 15 preleggi, concernenti la successione delle leggi – anche processuali – nel tempo, nella specie valeva la regola secondo cui il giudice, quando procede ad un esame retrospettivo delle attività già svolte in presenza della legge processuale nuova, ne stabilisce la validità applicando la legge che vigeva al tempo in cui l’atto è stato compiuto, essendo la retroattività della legge processuale un effetto che può essere previsto dal legislatore con norme transitorie, ma che non può essere liberamente ritenuto dall’interprete. Una indebita applicazione retroattiva della legge processuale si ha sia quando si pretenda di applicare la legge sopravvenuta ad atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della legge nuova, sia quando si pretenda di associare a quegli atti effetti che non avevano in base alla legge del tempo in cui sono stati posti in essere. Pertanto, per le sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 1 marzo 2006 il regime applicabile restava quello della normale appellabilità;
solo quelle pubblicate successivamente divennero soggette alla nuova regola della inimpugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c..
Poichè nella specie la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Viterbo risaliva al 2003, l’apprezzamento della correttezza dell’esercizio del diritto di impugnazione avverso di essa era regolato dalla norma dell’art. 616 c.p.c. nel testo anteriore, onde bene la Corte territoriale ha considerato ammissibile l’appello”.
2. Il Collegio preliminarmente, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., attesa l’esistenza di due distinti ricorsi contro la medesima sentenza, ne dispone la riunione.
Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione.
Ne consegue che il primo ricorso, iscritto a ruolo dai controricorrenti, è dichiarato improcedibile.
Il secondo ricorso, iscritto invece dal ricorrente, è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, previa considerazione che debbono esserlo in relazione a due ricorsi.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile quello iscritto dai controricorrenti e rigetta quello iscritto dal ricorrente.
Condanna quest’ultimo alla rifusione ai controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 5 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011