Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14501 del 10/06/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 14501 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: SALME’ GIUSEPPE

Data pubblicazione: 10/06/2013

SENTENZA

sui ricorso 6478-2012 proposto da:
NGWENDO BOSI MIGUEL, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA P. LEONARDI CATTOLICA 3, presso lo studio
dell’avvocato ALESSANDRO FERRARA, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERRARA SILVIO, per delega in calce al
ricorso;
– ricorrente –

contro

,

MINISTERO DELL’INTERNO, QUESTURA DI ROMA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 17942/2011 del TRIBUNALE di ROMA,
depositata il 20/09/2011;

udienza del 05/06/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SALME’;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO, che ha concluso per
l’A.G.O.

i

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Al cittadino congolese Ngwendo Bosi Miguel è stato riconosciuto lo status
di rifugiato con provvedimento della Commissione centrale
(successivamente Commissione nazionale per il diritto di asilo) del 17
settembre 2001 e conseguentemente è stato rilasciato permesso di
soggiorno per asilo politico. Il 26 novembre 2004 ha chiesto alla Questura

sensi degli articoli 26,27 e 28 della convenzione di Ginevra del 28 luglio
1951 e dell’art. 11, 1° comma, lettera a) del d.p.r. n. 349/1999, come
modificato con il d.p.r. n. 334 del 2004. La richiesta è stata reiterata con
istanza del 23 febbraio 2006. Non avendo l’amministrazione adottato il
provvedimento richiesto il cittadino straniero, con ricorso del 17 maggio
2006, ha chiesto al t.a.r. del Lazio che, accertata l’illegittimità del silenziorifiuto, l’amministrazione fosse condannata ad adottare il provvedimento.
Con sentenza del 26 luglio 2006 il t.a.r. ha dichiarato il ricorso
inammissibile per difetto di giurisdizione, affermando che le controversie in
materia di riconoscimento della qualifica di rifugiato e quelle relative ai
correlati permessi di soggiorno, che trovano come unico presupposto il
riconoscimento dello

status,

rientrano nella giurisdizione del giudice

ordinario.
Essendo stato il permesso di soggiorno rilasciato il 7 luglio 2006, con atto
di citazione del 26 ottobre 2006, il cittadino straniero ha convenuto in
giudizio il Ministero dell’interno davanti al tribunale di Roma chiedendone
la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali (per perdita di
un’offerta di lavoro condizionata al possesso di titolo di soggiorno e di
viaggio) e non patrimoniali conseguenti al ritardo nell’emissione del
provvedimento Con sentenza del 20 settembre 2011 il tribunale ha
dichiarato il difetto di giurisdizione. Esclusa l’esistenza di un giudicato
interno (per essere stata la sentenza del t.a.r. pronunciata anteriormente
alla possibilità di traslatio

e quindi in un giudizio diverso) o esterno

(riconoscibile solo alle sentenze della corte di cassazione in tema di
giurisdizione) il tribunale ha osservato che la domanda proposta davanti al
t.a.r., diretta a far accertare !Illegittimità del silenzio-rifiuto, era diversa
da quella fatta valere in giudizio avente ad oggetto la richiesta di
i

di Roma il rinnovo di tale permesso e il rilascio del documento di viaggio ai

risarcimento dei danni da ritardo nell’emissione del provvedimento. Poiché
la posizione giuridica fatta valere aveva natura di interesse pretensivo che
si assumeva leso da un “cattivo uso del potere” e cioè dalla violazione di
una regola procedimentale, la domanda risarcitoria apparteneva alla
giurisdizione del giudice amministrativo, come confermato dalle previsioni
di cui all’art. 2 bis della legge n. 241 del 1990 (introdotto con la legge n.
69 del 2009 e abrogato dal d.l.vo n. 104 del 2010, di approvazione del

Ngwendo Bosi Miguel, con ricorso notificato il 6 marzo 2012, illustrato con
memoria, ha sollevato conflitto, ai sensi dell’art. 362, 2° comma c.p.c.
chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente afferma, innanzi tutto, che il denunciato conflitto negativo
di giurisdizione deriverebbe dall’identità di petitum sostanziale e di causa
petendi del giudizio concluso con la sentenza del t.a.r. del Lazio del 26
luglio 2006 e di quello definito con la sentenza del tribunale di Roma del
20 settembre 2011. In entrambi i giudizi sarebbe stato chiesto il
risarcimento del danno derivante dall’inerzia della pubblica
amministrazione, con la sola differenza di petitum formale avente ad
oggetto il risarcimento del danno in forma specifica nel giudizio davanti al
t.a.r. e il risarcimento del danno per equivalente nel giudizio davanti al
tribunale.
In assenza, al momento dell’introduzione dei giudizi di cui si tratta, di una
norma attributiva della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
sulle controversie aventi ad oggetto la violazione di interessi
procedimentali, dovrebbe farsi ricorso ai consueti criteri di riparto della
giurisdizione e quindi all’individuazione della natura giuridica della
situazione sostanziale fatta valere. Nella specie tale situazione, consistente
non nell’interesse al rispetto dei termini previsti per il rinnovo del
permesso di soggiorno dall’art. 5, 9° comma d.l.vo n. 286 del 1998, ma in
quello ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno in quanto titolare
dello

status

di rifugiato, ha natura di diritto soggettivo poiché

l’amministrazione non avrebbe alcun potere discrezionale, essendo
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codice del processo amministrativo) e dell’art. 133 del predetto codice.

vincolata a concedere il rinnovo salvo il potere di revoca della concessione
dello status di rifugiato, in concreto non esercitato. Inoltre, il diritto ad
ottenere tempestivamente il rinnovo del permesso di soggiorno essendo
conseguenziale al riconoscimento status di rifugiato ne condivide la natura
di (situazione giuridica connessa a un) diritto fondamentale, comunque
insuscettibile di essere degradato a interesse legittimo.

Non sussiste, infatti, il denunciato conflitto negativo di giurisdizione
essendo diversi gli oggetti del giudizio concluso davanti al t.a.r e quello
definito dalla sentenza del tribunale di Roma. A prescindere dalla diversità
di petitum formale, inteso come provvedimento giurisdizionale richiesto,
consistente nell’un caso nella condanna all’emanazione del provvedimento
e, nell’altro, quella al risarcimento dei danni, che costituiscono forme di
tutela alternative dell’interesse dedotto in giudizio, diversi sono i
comportamenti della pubblica amministrazione posti a fondamento delle
pretese, consistenti nell’omessa adozione del provvedimento ovvero nella
adozione oltre i termini (di natura ordinatoria e acceleratorio: Cons. Stato,
27 luglio 2011, n. 4492; 11 settembre 2006, n. 5240) di cui all’art. 5, 4 0
comma, d.leg. 25 luglio 1998 n. 286.
Né il ricorso proposto a norma dell’art. 362, 2 0 comma, c.p.c., si può
convertire in istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, precluso
dalla pronuncia della sentenza declinatoria della giurisdizione da parte del
tribunale, ovvero in ricorso ex art. 111 cost. per saltum, per essere la
sentenza del tribunale suscettibile di essere appellata.
3. Poiché la questione sollevata appare di particolare importanza la Corte,
avvalendosi del potere di cui all’art. 363, 3° comma c.p.c., ritiene di
enunciare il principio di diritto secondo cui la domanda di risarcimento dei
danni derivanti dal ritardo nell’adozione del rinnovo del permesso di
soggiorno richiesto da titolare dello status di rifugiato, proposta in epoca
anteriore all’entrata in vigore dell’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
che ha aggiunto alla legge n. 241 del 1990, l’art. 2 bis, appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario.

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2. Il ricorso non è ammissibile.

Deve rilevarsi, infatti, che il richiamato art. 2 bis della legge n. 241 del
1990 dispone che “1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’
articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto
cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di
conclusione del procedimento. 2. Le controversie relative all’applicazione
del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque

dall’art. 4, 1° comma n. 14 delle norme di coordinamento allegate al
codice del processo amministrativo approvato con d.l.vo 2 luglio 2010 n.
104, entrato in vigore il 16 settembre 2010, il quale, con l’art. 133, ha
disposto che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie in materia di risarcimento del danno
ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento amministrativo.
Per le controversie instaurate prima dell’entrata in vigore della nuova
disciplina che ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo le controversie aventi ad oggetto le richieste di
risarcimento dei danni da ritardo nell’adozione dei provvedimenti richiesti,
deve trovare invece applicazione l’ordinario criterio di riparto della
giurisdizione, sulla base della natura della situazione giuridica dedotta in
giudizio.
A tal fine, come ha costantemente sottolineato la giurisprudenza
amministrativa, la fonte del pregiudizio lamentato dal privato nel caso di
ritardo nell’adozione del provvedimento richiesto non è tanto la violazione
dei termini (perentori o ordinatori) previsti per la conclusione del
procedimento amministrativo, quanto il ritardo nell’attribuzione del «bene
della vita». Ora, nella specie, il rinnovo del permesso di soggiorno rientra
nel complesso delle situazioni giuridiche soggettive attive ricomprese nella
nozione di status di rifugiato, in quanto lo straniero al quale tale status sia
riconosciuto ha diritto, fino a revoca del riconoscimento stesso, ad
ottenere il permesso di soggiorno e il relativo rinnovo alla scadenza (v.
art. 11, lettera a) d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394, recante le norme di
attuazione del d.l.vo n. 286 del 1998, come modificato con l’art. 11 del
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anni.” e che il secondo comma di tale disposizione è stato abrogato

d.p.r. n. 334 del 2004 e art. 23 del d.l.vo n. 251 del 2007, di attuazione
della direttiva 2004/83/CE). Come questa Corte ha avuto modo di
affermare (cass. sez. unite n. 11535 e 19393 del 2009) le controversie
aventi ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato (e delle altre
forme di protezione internazionale) e, deve aggiungersi, delle situazioni
giuridiche connesse a tale riconoscimento, in assenza di norme che ne
attribuiscano la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo, rientrano

fondamentali, da riconoscere anche allo straniero che comunque si trovi
nel territorio nazionale (art. 2 Cost. e art. 2 d.l.vo n. 286 del 1998) e
insuscettibili di essere degradati dalla pubblica amministrazione. Alla
stessa giurisdizione, pertanto, appartengono le controversie nelle quali si
lamenti il pregiudizio illecitamente recato al titolare dello status di rifugiato
e dei diritti connessi, da parte della pubblica amministrazione che ritardi
l’adozione di provvedimenti.
P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e, pronunciando ai sensi dell’art.
363 c.p.c., dichiara che la domanda di risarcimento dei danni derivanti dal
ritardo nell’adozione del rinnovo del permesso di soggiorno richiesto da
titolare dello status di rifugiato, proposta in epoca anteriore all’entrata in
vigore dell’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha aggiunto alla
legge n. 241 del 1990, l’art. 2 bis, appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario.
Così deciso in Roma il 5 giugno 2012 nella camera di consiglio delle sezioni
unite ci

nella giurisdizione ordinaria in quanto attinenti alla tutela di diritti

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