Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1450 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10865 – 2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

L.F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 85/2007 della Commissione Tributaria Regionale

di FIRENZE del 17.12.07, depositata il 17/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTILIO SEPE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, nella quale il contribuente non ha svolto attività difensiva, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, con la quale, è stato riconosciuto alla parte contribuente, medico convenzionato con il S.s.n., il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni in contestazione, con congrua e corretta motivazione in ordine all’insussistenza, nella specie, del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione nello svolgimento della predetta attività, svolta senza l’ausilio di dipendenti o collaboratori e con modestia di strumenti utilizzati (e ciò, nonostante il giudice di primo grado fosse incorso in errore, facendo riferimento agli importi emergenti dalla documentazione riguardante altro procedimento).

Ricorre per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando, con il primo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, affermando che già di per sè uno studio medico debba essere considerato indice della sussistenza del presupposto impositivo perchè, ai fini della instaurazione e del mantenimento del rapporto di convenzione con il SSN, deve necessariamente essere un locale dotato di talune caratteristiche e corredato di taluni strumenti che risultano idonei ad agevolare e consentire la produzione di un valore aggiunto nell’esercizio dell’attività professionale.

Col secondo motivo, deduce l’insufficienza della motivazione dell’impugnata sentenza, data la mancata valutazione di elementi di fatto, quali spese per beni strumentali, quote di ammortamento, consumi e compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio dell’attività, nonchè dello studio professionale, la cui relativa documentazione contabile era stata prodotta in giudizio dall’Ufficio e la cui valutazione era stata omessa anche dalla CTP che aveva erroneamente fatto riferimento ad importi diversi emergenti dalla documentazione relativa ad altro procedimento. Il contribuente intimato non ha svolto attività difensiva.

2. La censura proposta col primo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile, perchè in realtà essa non ha ad oggetto l’interpretazione e applicazione, da parte dei giudici d’appello, delle norme sopra citate, bensì l’asserita mancata considerazione, da parte degli stessi, di una circostanza di fatto (l’esercizio dell’attività in uno studio necessariamente dotato, in quanto di pertinenza di un medico convenzionato col SSN, di una serie di beni strumentali – emergenti dal quadro RE del Modello Unico – e caratteristiche costituenti indice di autonoma organizzazione), asseritamente desumibile dall’istanza di rimborso presentata dal contribuente (peraltro non riportata nel motivo in esame); mentre l’accertamento in fatto del giudice di merito è censurabile in questa sede solo per vizio di motivazione e sempre che la relativa censura sia autosufficiente (cfr. tra le altre Cass. n. 21023/09, in motivazione).

Anche la censura proposta col secondo motivo (col quale si denuncia vizio di motivazione) è manifestamente inammissibile, posto che la denuncia di mancata valutazione dell’utilizzo di beni strumentali – stante la congrua e corretta valutazione resa sul punto dai giudici di secondo grado che hanno dato atto dell’erronea indicazione dei dati da parte dei primi giudici – si risolve in un’inammissibile richiesta di una valutazione del merito, in presenza di apprezzamento congruamente espresso dalla C.T.R. (Cass. n. 5335/00; 13359/99;

5537/97; 900/96; 124/80), in ordine al rilievo riconosciuto alle risultanze probatorie rispettivamente valorizzate dalle parti”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite. Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettate-che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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