Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14499 del 10/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14499 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 59-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
PAVER COSTRUZIONI S.P.A. ;

– intimata avverso la sentenza n. 107/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE DI BOLOGNA – SEZIONE
DISTACCATA di PARMA, depositata il 27/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/05/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 10/07/2015

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:

letti gli atti depositati,

osserva:

La CTR di Bologna ha accolto l’appello della “Paver Costruzioni spa”, appello
proposto contro la sentenza n.68/01/2009 della CTP di Piacenza che aveva respinto il
ricorso della società contribuente avverso avviso di liquidazione e rettifica di atto di
vendita di terreno registrato il 14.5.2007 a mezzo del quale il valore dichiarato in €
300.000,00 è stato rideterminato in € 514.980,00 procedendo così l’Ufficio al recupero
della differenza di imposta a carico della acquirente Paver.
La predetta CTR ha motivato la decisione osservando che l’avviso risultava fondato
esclusivamente sulla considerazione degli importi previsti dalle “tariffe ICI del comune
di Caorso, diminuiti in considerazione dell’assenza delle opere di urbanizzazione,
nonché su di una valutazione ridotta della parte dei terreni da cedere gratuitamente al
comune” sicchè, essendo le tabelle in questione “finalizzate ad altra e diversa imposta”
(dando generico conto di metodo e presupposto di valorizzazione e dovendosi
determinare “valori medi” onde evitare più complessi accertamenti) e in assenza di
parametri di riferimento a cessioni di aree similari e di altri elementi dimostrati in
giudizio, gli elementi indicati non potevano considerarsi sufficienti. D’altronde, lo stesso
metodo utilizzato dall’Agenzia, ai fini della diminuzione dei valori in tal modo
determinati dall’amministrazione comunale (senza alcuna specifica giustificazione circa
i criteri della diminuzione) era sintomo dell’arbitrarietà del complessivo sistema.
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Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Risultando in atti una perizia di stima di parte contribuente, la Commissione ha
dichiarato di fare proprio le valutazioni che ne risultavano, così rideterminando il valore
del bene oggetto dell’avviso in quello di € 15,5 al metro quadro (anzicchè 13,37 al mq
dichiarato dalla parte contribuente).
La contribuente non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con entrambi i motivi di impugnazione (il primo centrato sulla “insufficiente e
contraddittoria motivazione”; il secondo centrato sulla “omessa motivazione”) la
ricorrente (dopo avere trascritto in atto il preciso contenuto del provvedimento) si duole
della sentenza di secondo grado perchè: 1) in punto di insufficienza: a) il giudicante
aveva omesso di tenere conto che l’Ufficio, già in primo grado, “aveva depositato un
atto di compravendita limitato a due terreni limitrofi”; b) il giudicante aveva omesso di
chiarire perché il riferimento alle tariffe ICI non integrerebbe una congrua motivazione
dell’avviso; 2) in punto di omissione: poiché, siccome la perizia prodotta dalla
contribuente era riferita ai valori dell’anno 2002 ed era inficiata dai contrastanti valori
dei terreni oggetto del contratto prodotto nel giudizio di primo grado (che era stato
invece valorizzato dalla Commissione Provinciale), “risulta chiaro che la CTR ha
omesso di motivare su fatti decisivi della controversia, considerati invece rilevanti dalla
CTP”.
I motivi dianzi riassunti appaiono entrambi o infondati o inammissibilmente proposti.
In punto di insufficienza, quanto al primo profilo, perché correttamente il giudicante non
ha tenuto conto della produzione documentale di parte pubblica: l’art.51 del DPR
1986/131 prevede infatti criteri plurimi che l’Ufficio può utilizzare ai fini della rettifica
degli atti aventi ad oggetto beni o diritti immobiliari, criteri che —una volta fissati nel
provvedimento- non possono essere modificati “a posteriori” atteso che (anche alla luce
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Il 21

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212) deve essere concessa al contribuente la
facoltà di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o parametro; la
produzione anzidetta avrebbe senz’altro alterato questo principio, introducendo in causa
un criterio comparativo del tutto nuovo ed avulso rispetto a quelli che l’Ufficio aveva
perciò manifestamente privo del carattere di decisività, a volere rimanere nel solco della
tipologia del vizio valorizzato dalla parte ricorrente (e a non voler considerare gli aspetti
di difetto di autosufficienza che rendono di per sé manchevole il profilo di ricorso).
Quanto al secondo profilo, perché il giudicante ha perfettamente chiarito le ragioni per le
quali ha (correttamente) ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento, in difetto di un
criterio idoneo a reggere la pretesa di maggior valore in esso contenuta, sicchè la taccia
di insufficiente motivazione (che sottende una sostanziale richiesta di riesame del
merito, vietata in questa sede) non può che essere ritenuta infondata.
In punto di omissione: perché al mezzo di impugnazione di parte ricorrente difetta un
interesse di genere processualmente rilevante (oltre che sostanziale) avendo avuto il
riferimento alla perizia deposita dalla parte contribuente il solo effetto di determinare un
aumento del valore accertato rispetto al dichiarato, nonostante l’accoglimento
dell’impugnazione di parte contribuente, sicchè detto rilievo ha finito per ridondare a
vantaggio della parte pubblica.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta
infondatezza, ed inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2014
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi
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91 3-L

dichiarato di voler adottare. L’elemento di fatto non considerato dal giudicante appare

in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si
è costituita.
P.Q.M.

Così deciso in Roma il 20 maggio 2015

Depositata in Cancelleria

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

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