Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14495 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 30/06/2011), n.14495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 836-2010 proposto da:

S.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DI PIETRA 26, presso lo studio dell’avvocato JOUVENAL

DANIELA, rappresentato e difeso dall’avvocato TOURNIER GIORGIO,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.D. (OMISSIS), D.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI

14, presso lo studio dell’avvocato ABENAVOLI IVANA, rappresentati e

difesi dall’avvocato MASELLIS GAETANO, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 898/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

16/07/09, depositata il 15/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

S.D. ha chiesto la restituzione della somma (L. 40.000.000) a suo tempo concessa in prestito; T.D. e D.A. hanno sostenuto di avere estinto il debito.

Con sentenza depositata in data 15 settembre 2009 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato sia la domanda del S., sia la domanda riconvenzionale (i convenuti avevano chiesto la somma di L. 3.500.000 quale corrispettivo di lavori edili).

2 – IL relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. – La circostanza che il ricorso sia stato sottoscritto da uno solo dei due difensori cui è stato conferita procura non inficia la validità del ricorso, essendo tale firma a tal fine sufficiente.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 253 e 116 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il tema è il primo motivo dell’avverso appello, del cui accoglimento il ricorrente si duole. La censura, che non rispetta il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione in riferimento sia all’atto di appello, sia alla deposizione testimoniale che ne ha formato oggetto, implica esame di risultanze processuali e valutazioni delle medesime, anche per quanto riguarda le modalità di assunzione e verbalizzazione, attività di esclusiva competenza del giudice di merito. Dal testo della sentenza impugnata si evince che la Corte territoriale ha dato risposta alle questioni di cui era stata ritualmente investita.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 112, 113 e 253 c.p.c., art. 2724 c.c., n. 2, art. 2726 c.c., art. 111 Cost.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il motivo presenta una serie di censure non adeguatamente specificate (violazione e falsa applicazione di una stessa norma sottendono concetti diversi; la motivazione di un capo della sentenza non può essere contemporaneamente omessa e contraddittoria) e disomogenee tra loro e, quindi, si pone in contrasto con l’art. 366 c.p.c., n. 4.

Le censure peccano di autosufficienza (si vedano i riferimenti ai verbali di udienza e alle dichiarazioni testimoniale non riportati) non dimostrano violazione e false applicazioni delle numerose norme di diritto indicate e, invece, contengono ampi riferimenti fattuali e postulano una ricostruzione alternativa dei fatti di causa.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Fermo quanto già affermato circa la tecnica censoria adottata, è agevole rilevare che la corresponsione di interessi legali mal si concilia con il “titolo gratuito del mutuo” ritenuto dalla sentenza impugnata e non specificamente censurato.

Il quarto motivo attiene alla liquidazione delle spese di lite. La Corte d’Appello ha applicato il criterio della soccombenza (ritenuto di gran lunga prevalente il peso della domanda attorea rispetto alla domanda riconvenzionale, ha compensato per un quarto le spese del doppio grado ed ha posto il residuo a carico del S.). Del resto la censura presuppone l’accoglimento della precedente.

4. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha proposto ricusazione dell’intero collegio e, in particolare, del presidente e, soprattutto, del relatore;

la Terza Sezione civile l’ha respinta con ordinanza depositata il 29 novembre 2010;

Successivamente S.D. ha chiesto che venisse revocato il provvedimento di fissazione di udienza e, infine, ha depositato memoria;

Nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con l’istanza e la memoria non sono condivisibili per le ragioni in seguito esposte;

5.- Ritenuto:

che, in esito alla discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

in particolare, il Collegio ha rilevato: a) l’ordinanza che pronuncia sulla revocazione va comunicata ai sensi dell’art. 54 c.p.c., u.c., ma il successivo adempimento dettato dalla norma (le parti debbono provvedere alla riassunzione della causa) è previsto solo per i giudizi di merito e non è applicabile al giudizio di cassazione, poichè esso è dominato dall’impulso dell’ufficio; b) le argomentazioni addotte a sostegno della ricusazione e non accolte dalla Corte di Cassazione non possono essere riesaminate in questa sede; c) l’art. 366, comma 1 n. 3 c.p.c. è rimasto fermo e anche dopo la riforma permane l’obbligo di esporre i fatti di causa; d) l’art. 360, n. 5 stabilisce i limiti entro i quali è consentito ricorrere per cassazione adducendo vizi di motivazione;

che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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