Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14495 del 10/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14495 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA
sul ricorso 6580-2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA CARCAVALLO, LUIGI
CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, giusta
procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro

Data pubblicazione: 10/07/2015

FILOGAMO ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO PICCHI giusta
mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA CARCAVALLO, LUIGI
CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATfERI, giusta
procura in calce al ricorso notificato;

– resistente _

avverso la sentenza n. 1238/2013 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE, depositata il 29/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;
udito l’Avvocato Sergio Preden difensore del ricorrente che ha chiesto
raccoglimento del ricorso principale e l’assorbimento di quello
incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 29.10.2013, in riforma
della decisione di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile la
domanda di rivalutazione ex art. 13, 8° comma, I. 257/92, con il
coefficiente 1,5, del periodo lavorativo svolto dal 1.1.1993 al 31.3.1997
(si riporta in sentenza erroneamente : fino al 2.10.2003), dichiarava il
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– contradcorrente e ricorrente incidentale –

diritto di Filogamo Antonio al beneficio della rivalutazione ai tini
pensionistici, ai sensi dell’ari. ari. 47 D. L. 269/2003 convertito con I.
326/2003, del periodo dal 1.1.1993 al 31.3.1997 ed il diritto del predetto
alla ricostituzione della posizione contributiva.
Il giudice di appello rilevava, quanto agli effetti sostanziali della
determinare l’estinzione del diritto ai singoli ratei della pensione
ricostituita a seguito di rivalutazione ex ari 13 comma 8 I. 257/92, non
poteva determinare l’estinzione del diritto a tale beneficio, suscettibile di
essere azionato previa ulteriore domanda amministrativa e che tale
conclusione si imponeva a maggior ragione in ipotesi di domanda
proposta da soggetto non ancora titolare di trattamento pensionistico
che avesse ad oggetto il mero accertamento della posizione
previdenziale. In presenza del requisito dell’ultradecennalità (era già
stato riconosciuto in favore del Fiologanno in via amministrativa
l’esposizione per il periodo 22.11.1979 – 31.12.1992), sussisteva il diritto
del predetto alla rivalutazione dell’ulteriore periodo 1.1.1993- 31.3.1997
risultante da CTU espletata in primo grado, e che, essendo pacifico che
la domanda amministrativa (sia ove si facesse riferimento a quella del
marzo 2009, che qualificando come domanda amministrativa il ricorso
del dicembre 2006 facente seguito a domanda all’INAIL, ma trasmessa
anche all’INPS, del giugno 2005) era successiva al 2.10.2003, doveva
trovare applicazione l’art. 47, I co., d. 1. 269/2003 convertito dalla legge
326/2003, alla stregua di orientamento giurisprudenziale che negava
l’applicabilità della normativa previgente.
La Corte territoriale, ai sensi dell’ari. 92, 11 co., c.p.c. (nel testo
introdotto dall’art. 54 comma 9 1 69/2009), riformando, come già detto,
la decisione del Tribunale di Grosseto e riconoscendo il diritto al
rivalutazione secondo il coeff. 1,25, compensava interamente tra le parti
le spese del doppio grado, ponendo a carico dell’INPS quelle di c.t.u..
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando
l’impugnazione ad unico motivo, con il quale denunzia la violazione

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decadenza ex ari. 47 d.P.R. 639/71970, che, se essa poteva

dell’art. 47 d.p.r 639/70 e dell’art. 6 del d.l. 103/91, conv. in legge
166/92, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c..
Resiste con controricorso il Filoganio, che propone ricorso incidentale,
cui resiste, con controricorso, l’INPS.
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dlel’art.

E’ utile premettere che questa Corte, decidendo numerose analoghe
controversie (cfr., in particolare, Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn.
3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n.
1629 del 2012; sent. 11094 e 11400 del 2012), si è espressa
affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista
dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del
1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione
anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto
alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse
promosse da pensionati, ovvero da soggetti non titolari di alcuna
pensione.
Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio
riferimento fatto alle “controversie in materia di trattamenti pensionistici”,
comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione
l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua
misura, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche
l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai
fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più
favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio
previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.
Esso ha una sua propria individualità, quale autonomo beneficio
previdenziale che, pur incidendo sul trattamento pensionistico mediante
la rivalutazione di un periodo contributivo, è ancorato a ben precisi
presupposti, distinti da quelli propri del trattamento previdenziale sul
quale detto beneficio è destinato ad incidere.
E’ dunque infondato l’assunto secondo cui nella fattispecie non sarebbe
applicabile la decadenza sostanziale, essendo la domanda diretta al
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ricalcolo della prestazione pensionistica, dovendo al contrario ribadirsi
quanto più volte affermato da questa Corte, sin dalla sentenza n. 12685
del 2008, secondo cui si tratta di rivalutare non già l’ammontare di
singoli ratei, bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la
pensione originaria, onde non c’è ragione di non applicare le

manifestamente infondato l’altro assunto, relativo all’operatività della
decadenza soltanto con riferimento ai ratei di pensione pregressi.
Priva di fondamento è poi la tesi, accolta dalla sentenza impugnata,
diretta a valorizzare la presentazione di una successiva domanda,
posteriore alla decadenza già maturata.
La funzione della decadenza sostanziale è, infatti, quella di tutelare la
certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti
sui bilanci pubblici (cfr, ex plurimis, Cass. S.U., n. 12718/2009, in
motivazione) e tale funzione (e, quindi, la stessa concreta utilità della
predisposizione di un meccanismo decadenziale) verrebbe
irrimediabilmente frustrata ove si ritenesse che la semplice
riproposizione della domanda consentisse il venir meno degli effetti
decadenziali già verificatisi.
Come osservato più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a
Sezioni Unite (sent. n.12718 del 2009), la decadenza sostanziale di cui
si discute “è di ordine pubblico” (art. 2968 e 2969 c.c.), in quanto dettata
“a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle
determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci
pubblici” ed è pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento (con il solo limite del giudicato).
Va quindi ribadito quanto osservato da Cass. ord. n. 8926 del 2011,
secondo cui, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il
conseguimento di prestazioni previdenziali ai sensi dell’axt. 47 del
d.P.R. n. 639 del 1970, la proposizione, in epoca posteriore alla
maturazione della decadenza, di una nuova domanda diretta ad
ottenere il medesimo beneficio previdenziale (nella specie, la
rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto) è irrilevante ai fini
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disposizioni legislative sulla decadenza. Per analoghe ragioni è altresì

del riconoscimento della prestazione posto che l’istituto mira a tutelare la
certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti
sui bilanci, che verrebbe vanificata ove la mera riproposizione della
domanda determinasse il venire meno degli effetti decadenziali già
verificatisi.

giurisprudenziale di questa Corte (cfr. recentemente Cass. n. 3006 del
2014 e n. 17500 del 2014), il ricorso proposto dall’INPS è
manifestamente fondato e la sentenza impugnata deve essere cassata.
Il ricorso incidentale del Filogamo denunzia violazione e falsa
applicazione degli artt. 47 comma 1 d. I. 269/2003, conv. dalla I.
326/2003 e 3, comma 132 l. 350/2003 in relazione all’art. 360 n. 3, in
relazione al capo della sentenza ove è stato ritenuto applicabile il coeff.
di rivalutazione dell’1,25 in luogo di quello dell’1,50 previsto dalla
normativa previdente. Sostiene di avere prodotto in data 8.6.2001 una
prima domanda all’INAIL e che tale domanda sia sufficiente ad ottenere
il beneficio richiesto, tanto che l’INAIL stesso aveva riconosciuto in via
amministrativa l’esposizione all’amianto del 1979 al 1992.
Tale ricorso, per le considerazioni sopra svolte, deve ritenersi assorbito
per la rilevata decadenza.
La sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, deve pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità
della domanda del Filogamo.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese
dell’intero processo avuto riguardo al recente consolidamento
dell’orientamento giurisprudenziale che qui si conferma.
Essendo stato il ricorso proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013
occorre dare atto della insussistenza dei presupposti per l’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero,
in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
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In conclusione, non ravvisandosi i presupposti per un mutamento

pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per
l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n.
22035/2014). Nella specie l’accoglimento del ricorso principale esclude la
sussistenza degli indicati presupposti.
P.Q. M .
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile
l’originaria domanda. Compensa tra le parti le spese dell’intero
processo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 13 comma 1 bis
del citato d.p.r..
Così deciso in Roma il 20 maggio 2015
Il Consigliere estensore

funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur

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