Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14494 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31577/2019 R.G., proposto da:

C.C., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco

Castellano, con domicilio in Napoli, alla Via Orsini n. 42.

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI BENEVENTO – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, in

persona del Prefetto p.t..

– intimata –

avverso la sentenza del tribunale di Benevento n. 435/2019,

pubblicata in data 6.3.2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

24.3.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. C.C. ha proposto opposizione al giudice di pace di Benevento, avverso il verbale di accertamento n. (OMISSIS) con cui gli era stato contestato il superamento dei limiti di velocità, ai sensi dell’art. 142 C.d.S., comma 9.

L’opponente aveva lamentato l’inattendibilità delle rilevazioni effettuate a mezzo telelaser e che, inoltre, non era stato riconosciuto un margine di tolleranza progressivo, pur essendo stata utilizzata una postazione fissa avente un significativo margine di errore nella rilevazione della velocità. Aveva poi sostenuto che la condotta doveva considerarsi incolpevole ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3, e che la sanzione era illegittima anche per violazione del Reg. di attuazione del codice della strada, art. 77, data l’irregolarità della segnaletica di preavviso della presenza della postazione di controllo.

Il giudice di pace ha respinto il ricorso, con pronuncia confermata in secondo grado.

Il Tribunale ha ritenuto tardive le contestazioni concernenti la mancata taratura del telelaser e l’irregolarità della segnaletica di preavviso ed ha escluso che tale apparecchiatura di controllo fosse inattendibile, essendone previsto l’impiego dal Reg. di attuazione del codice della strada, art. 142. La sentenza ha poi stabilito che il margine di tolleranza, in caso di superamento dei limiti di velocità era pari al 5% con un massimo di 5 Km/h, ai sensi del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 345, comma 2, applicandosi le riduzioni progressive solo in caso di accertamenti effettuati sulla base delle annotazioni cronologiche stampigliate sui biglietti autostradali.

La cassazione della sentenza è chiesta da C.C. con ricorso i due motivi.

La Prefettura è rimasta intimata.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

2. Il ricorso è stato irritualmente notificato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, ma, dato l’esito sfavorevole del giudizio, non occorre regolarizzare il contraddittorio, dovendosi evitare i comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio o il compimento di formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo (Cass. n. 6924/2020; Cass. n. 16141/2019).

3. Il primo motivo denuncia difetto di motivazione e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il giudice di primo grado avrebbe disatteso l’obbligo di motivazione, confondendo la taratura con l’omologazione dell’apparecchio di rilevazione della velocità e – nel valutare la legittimità dell’impiego dello strumento di controllo della velocità non avrebbe tenuto conto della decisione della Corte costituzionale n. 113/2015 e della Circ. Ministero dell’interno 26 giugno 2015. Il motivo è inammissibile poichè è volto a censurare direttamente la decisione di primo grado, che non è ricorribile direttamente in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 5637/2006; Cass. n. 6733/2014).

Come già stabilito da questa Corte, in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato il vizio della sentenza di primo grado per carenze della motivazione non rilevate dal giudice di appello (Cass. n. 17072/2007).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che l’eccezione di difetto di taratura era stata proposta già nel ricorso ed era stata riproposta alla prima udienza successiva alla pronuncia della Corte costituzionale n. 113/2013 (con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S.), dovendo ritenersi tempestiva, poichè avente ad oggetto un fatto sopravvenuto nel corso del giudizio, la cui allegazione non era sottoposta ad alcuna preclusione.

Parimenti, riguardo alla necessità di una doppia segnalazione nelle carreggiate a doppia corsia, la questione era stata proposta in primo grado, facendo rilevare che, in caso di installazione di apparecchiature di controllo, occorre sempre dare ampio risalto e pubblicità alla loro presenza, indicando anche la norme applicabili. Anche tale censura è infondata.

Le questioni vertenti sul difetto di taratura del telelaser e sulla necessità di un doppio segnale di avviso della presenza delle apparecchiature di controllo andavano specificamente dedotte nell’atto di opposizione o come precisazione dei motivi già sollevati con l’atto introduttivo, da compiere entro l’udienza di cui all’art. 420 c.p.c., applicandosi la disciplina processuale delle controversie di lavoro, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 (cfr. per l’applicabilità del rito lavoro ai giudizi di opposizione dinanzi al giudice di pace: Cass. n. 13620/2014; Cass. n. 10369/2014), restandone preclusa l’allegazione nelle note conclusionali dirette solo ad illustrare le doglianze già tempestivamente sollevate.

L’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione di pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa introduce – difatti – un giudizio i cui limiti sono segnati dai motivi dell’opposizione, che costituiscono la “causa petendi” dell’azione (Cass. n. 656/2010; Cass. n. 232/2016), per cui l’opponente ha facoltà di modificare o precisare la domanda solo nei limiti consentiti dalle preclusioni processuali e quindi, nelle controversie regolate dal rito lavoro nel rispetto delle previsioni dell’art. 420 c.p.c., comma 1 (cfr. per la modificabilità della domanda nei giudizi di opposizione soggetti al rito ordinario, sempre nel rispetto delle preclusioni: Cass. n. 9987/2003; Cass. n. 13667/2003 ed altre).

Come chiarisce lo stesso ricorso (cfr. pagg. 4 e 16), le contestazioni dell’attendibilità del telelaser proposte nell’atto di opposizione non avevano attinenza alla mancata effettuazione delle verifiche periodiche di funzionalità, essendo denunciata la inadeguatezza in sè della tipologia degli strumenti messi a disposizione degli organi accertatori (cfr. ricorso, pag. 5), come pure, riguardo alla segnaletica, era stato dedotta la mancata indicazione degli estremi dell’ordinanza di apposizione e del soggetto che aveva emanato il relativo atto amministrativo, asserendo che non era stato dato risalto alla presenza dello strumento di controllo, censurando altresì la generica non conformità del segnale rispetto alle prescrizioni del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, del D.M. Ministero dei trasporti 15 agosto 2007, e della Circ. n. 300/A/4745/15/144/5/20/5, Circ. n. 313/9.9 (cfr. ricorso, pag. 17 e 18), senza una più specifica doglianza circa le modalità di segnalazione in caso di carreggiata a più corsie.

Correttamente il tribunale ha – quindi – posto in rilievo che il contrasto tra la segnaletica presente e le disposizioni che ne regolano le caratteristiche, era stato dedotto in maniera del tutto generica (cfr. sentenza, pag. 2), sicchè le ulteriori precisazioni svolte nelle note conclusionali, erano effettivamente tardive.

Per altro verso, la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 45 C.d.S., successiva alla proposizione dell’opposizione o alla maturazione delle preclusioni assertive nel giudizio di primo grado, non poteva comportare alcuna rimessione in termini dell’opponente, che era tenuto a censurare il provvedimento anche riguardo al difetto di taratura, eventualmente sollecitando il giudice affinchè sollevasse l’incidente di costituzionalità della norma del codice della strada.

La pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015, dichiarativa dell’illegittimità costituzione dell’art. 45C.d.S., non poteva considerarsi fatto nuovo, non soggetto a preclusione, poichè l’illegittimità della norma già sussisteva al momento dell’opposizione.

La stessa pronuncia di incostituzionalità non poteva produrre effetti nel giudizio di opposizione, in cui il difetto di taratura non era stato in precedenza eccepito.

Le pronunce di accoglimento del giudice delle leggi – dichiarative di illegittimità costituzionale – eliminano la norma con effetto “ex tunc”, con la conseguenza che la norma non è più applicabile, indipendentemente dalla circostanza che la fattispecie sia sorta in epoca anteriore alla pubblicazione della decisione, perchè l’illegittimità costituzionale ha per presupposto l’invalidità originaria della legge – sia essa di natura sostanziale, procedimentale o processuale – per contrasto con un precetto costituzionale.

Resta però fermo che gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità. (Cass. n. 20381/2012; Cass. n. 26281/2017; Cass. n. 16450/2006).

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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