Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14493 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/06/2017, (ud. 10/11/2016, dep.09/06/2017),  n. 14493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15665-2015 proposto da:

A.F., A.A., A.L., quali figli ed

eredi dei Signori G.E. ed Au.An.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO IZZO, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIUSEPPE TREZZA giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

L.M., L.P.;

– intimati –

avverso il decreto n. 634/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 09/03/2015 e depositata il 07/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Giuseppe Trezza, per i ricorrenti, che si riporta

alla memoria.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in riassunzione depositato avanti alla Corte di appello di Perugia, a seguito di ordinanza del 06.02.2014 di questa Corte che radicava definitivamente la competenza di detto ufficio, i ricorrenti F., L. ed A.A., nonchè L.M., nella qualità di eredi di G. proponevano domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio in materia di trattamento pensionistico dinanzi alla Corte dei Conti della Regione Campania instaurato con ricorso depositato il 24 agosto 1974, di impugnazione del provvedimento (del 31.05.1974) che pur riconoscendole il trattamento pensionistico di invalidità del marito, le aveva negato quello relativo alla pensione di guerra.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 7 aprile 2015, ha rigettato la domanda, ritenendo di poter escludere nella specie il pregiudizio non patrimoniale normalmente conseguente al protrarsi del giudizio oltre la durata ragionevole, in considerazione della temeriarità della lite che scaturiva dalla proposizione di domanda giudiziale della quale la parte aveva presumibile consapevolezza circa la infondatezza della pretesa azionata nel giudizio presupposto, in base al rilievo che nella stessa sentenza di definizione della controversia veniva valorizzata l’assoluta assenza di nesso di causalità fra il decesso di Au.Fr., titolare di pensione di guerra ottenuta per insufficienza mitralica ben compensata, per essere l’evento morte riferibile a strozzamento di sacco ernario.

Avverso tale decreto è stato proposto ricorso a questa Corte dagli A., articolato su due motivi, cui ha replicato l’Amministrazione intimata con controricorso (sviluppato in due atti), rimasti intimati M. e L.P., eredi di a.a., figlia della G., e quali eredi di Au.An..

In prossimità della pubblica udienza i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

I ricorrenti censurano con i due motivi, sotto il profilo della violazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, artt. 2 e ss. e art. 115 c.p.c.), oltre a vizio di motivazione, che la corte di merito abbia escluso la sussistenza del danno non patrimoniale presumendo la mancanza ab origine di paterna d’animo in ragione della consapevolezza dell’assenza di nesso di causalità fra la causa del decesso di A.F. e la patologia per la quale era stata riconosciuta la pensione di guerra.

Il ricorso è fondato.

Vanno ritenuti inidonei, di per sè, a giustificare il rigetto della domanda di equa riparazione del pregiudizio non patrimoniale gli elementi indicati nel provvedimento impugnato alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha definito apodittica la esclusione dell’ansia da esito del giudizio per la mera infondatezza della domanda a base del processo presupposto (cfr. ex multis, Cass. n. 12494 del 2011; Cass. n. 9938 del 2010; Cass. n. 9337 del 2008; Cass. n. 15064 del 2006; Cass. n. 19204 del 2005; Cass. n. 3410 del 2003). La sofferenza morale per l’eccessivo protrarsi del processo, quale conseguenza normale di tale irragionevole durata, non può, senza incorrere in contraddizione, essere disconosciuta alla parte la cui pretesa giudiziale viene respinta (o in generale che subisce un esito sfavorevole del giudizio), salvi i casi nei quali questa abbia posto in essere un vero e proprio abuso del processo, configurabile allorquando risulti che abbia promosso una lite temeraria o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire, con tattiche processuali di varia natura, il perfezionamento della fattispecie di cui alla L. n. 89 del 2001. La ricorrenza nel caso in esame di una siffatta fattispecie di abuso non risulta neppure specificamente evidenziata nel decreto impugnato, nè tantomeno ne risultano indicati gli elementi di riscontro, che non possono consistere nella mera esistenza di un orientamento giurisprudenziale contrario alle tesi sulle quali si basa la domanda giudiziale ove, come nella specie, non se ne evidenzino il collocamento temporale e la univocità tali da precludere ogni possibilità di accoglimento della domanda, sì da far venire meno il patema d’animo.

Segue, dunque, l’accoglimento del ricorso.

Il provvedimento impugnato va, pertanto, cassato, con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, che nel riesaminare la controversia si atterrà ai principi sopra esposti.

Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, rimette al giudice del rinvio anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso;

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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