Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14490 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 15/07/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24703/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Molise

n. 46/1/2009, depositata il 26/08/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11

maggio 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Stefano Varone;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza in epigrafe la C.T.R. del Molise confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da B.G. avverso l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso per maggiori imposte IRPEF e contributo SSN per l’anno 1993 sulla base della definizione concordata, D.L. 30 settembre 1994, n. 564, ex art. 3, della rettifica dei redditi di alcune societa’ di persone dallo stesso partecipate.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate sulla base di un motivo.

Il contribuente, benche’ ritualmente evocato in giudizio, non ha svolto difese nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 T.U.I.R.; D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9-bis, comma 18, conv. in L. 28 maggio 1997, n. 140; del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 41-bis, 42 e 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. escluso, sulla base di un’errata interpretazione delle norme citate, che l’intervenuta definizione dei redditi sociali mediante accertamento con adesione – ancorche’ intervenuta anteriormente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 79 del 1997 – potesse costituire titolo per l’accertamento nei confronti del contribuente.

Il motivo e’ fondato.

Secondo indirizzo incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, cui questo Collegio intende dare continuita’, l’intervenuta definizione del reddito da parte della societa’ di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, che non hanno a loro volta definito i redditi prodotti in forma associata, ancorche’ in relazione a periodi d’imposta anteriori all’entrata in vigore del D.L. n. 79 del 1997 (v. Cass., Sez. 5, n. 14926 del 06/07/2011, Rv. 618486; Sez. 5, n. 26476 del 04/11/2008, Rv. 605394; Sez. 5, n. 14418 del 08/07/2005, Rv. 582303).

Cio’ discende dal principio di trasparenza dettato dall’art. 5 T.U.I.R., in forza del quale il reddito della societa’ di persone (nonche’ delle associazioni professionali e delle imprese familiari) – enti che, pur dotati di autonomia patrimoniale sotto il profilo civilistico, possiedono, nell’ambito dell’imposizione diretta, una autonoma soggettivita’ passiva tributaria solo ai fini ILOR, prima, ed IRAP, successivamente – e’ imputato automaticamente e direttamente, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, ai soci, indipendentemente dalla effettiva percezione. Il che equivale ad ammettere la sussistenza di una presunzione legale di avvenuta percezione di tali utili (Cass. nn. 2899/2002, 2699/2002), vincibile soltanto mediante adeguata prova del contrario, il cui onere grava sul contribuente socio.

La dichiarazione dei redditi presentata dalla societa’ di persone e’ dunque meramente strumentale all’applicazione dell’imposta IRPEF a carico dei soci.

Avendo tuttavia le societa’ di persone e le associazioni professionali un’autonoma soggettivita’ tributaria ai fini IRAP (e, prima dell’introduzione di detta imposta, ILOR), la dichiarazione dei redditi redatta e presentata dalla societa’ ha la duplice funzione di strumento per la determinazione del reddito attribuibile a ciascun socio, ai fini IRPEF, e di strumento per la determinazione dell’IRAP dovuta dalla societa’, in via esclusiva, quale autonomo soggetto.

Ove il socio di societa’ di persone non abbia dichiarato, per la parte di sua spettanza, il reddito societario nella misura risultante dalla rettifica operata dall’Amministrazione finanziaria a carico della societa’ ai fini dell’ILOR o dell’IRAP, detto socio e’ tenuto al pagamento del supplemento di IRPEF dovuto (v. Sez. 5, n. 9461 del 28/06/2002, Rv. 555435; Sez. 5, n. 2699 del 25/02/2002, Rv. 552489; Sez. U, n. 125 del 08/01/1993, Rv. 480187).

Indipendentemente allora dal disposto del citato art. 9-bis, che, con efficacia per gli accertamenti successivi, stabilisce che l’intervenuta definizione dell’accertamento con adesione da parte di societa’ di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata (“L’intervenuta definizione da parte delle societa’ od associazioni di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, ovvero da parte del titolare di azienda coniugale non gestita in forma societaria costituisce titolo per l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata. In tal caso i termini previsti dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, sono prorogati di due anni”), deve ritenersi che al socio e’ attribuita per la medesima annualita’ la quota parte dell’imponibile risultante dall’imposta versata dalla societa’ per la definizione della lite fiscale, costituendo, l’imputazione detta, un riflesso della corretta applicazione del principio di trasparenza di cui all’art. 5 del T.U.I.R..

Di modo che, in definitiva, nel D.L. n. 79 del 1997, art. 9 bis, conv. in L. n. 140 del 1997, norma di carattere non innovativo, altro non puo’ vedersi che una ricezione del suddetto preesistente orientamento giurisprudenziale applicabile anche agli accertamenti anteriori (cfr. Cass. Sez. 5, n. 2923 del 07/02/2013, Rv. 625285).

3. Da quanto sopra discende ulteriormente che, una volta divenuto incontestabile il reddito della societa’ di persone a seguito della definizione agevolata di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 97, art. 9-bis, nel giudizio di impugnazione promosso dal socio avverso l’avviso di rettifica del reddito da partecipazione non e’ configurabile un litisconsorzio necessario con la societa’ e gli altri soci (v.Cass., Sez. 5, n. 222 del 09/01/2014, Rv. 629000; Sez. 5, n. 14926 del 06/07/2011, Rv. 618485; Sez. 5, n. 2827 del 09/02/2010, Rv. 611767).

Invero, l’esigenza di unitarieta’ dell’accertamento – che giustappunto identifica la ratio del litisconsorzio necessario anche nella peculiare ottica rilevante in materia (Sez. U., n. 14815 del 04/06/2008), ove la inscindibilita’ e’ determinata dall’oggetto del ricorso nello specifico nesso tra atto impositivo e contestazione del contribuente (v. Sez. U., n. 1052 del 18/01/2007, Rv. 595502) – viene meno con l’intervenuta definizione da parte della societa’, costituente titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis.

Sicche’, non controvertendosi della qualita’ di socio ovvero della quota partecipativa a ciascuno spettante, ma, unicamente, degli effetti della definizione agevolata da parte della societa’ su ciascun dei soci, ognuno di questi puo’ opporre, ad una definizione che costituisce titolo per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa specifiche e quindi di carattere personale (Cass. 14926/2011 cit.; vds. anche da ultimo, proprio in giudizio relativa a controversia promossa dallo stesso contribuente, in relazione ad altra annualita’ d’imposta, Sez. 5, n. 5668 del 12/03/2014).

4. La sentenza impugnata non si e’ uniformata ai principi in precedenza enunciati, sicche’ va cassata e, decidendo nel merito, va respinto il ricorso introduttivo del B. (non risultando che questi avesse contestato la presunzione di distribuzione e percezione, pro quota, degli ulteriori utili, con necessita’ di conseguente esame della prova contraria opposta dal contribuente alla presunzione legale di cui all’art. 5 T.U.I.R., che sorregge la pretesa impositiva fiscale).

Le spese processuali del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, attese tutte le peculiarita’ della fattispecie.

Le spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara compensate integralmente tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna l’intimato al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 3.100 a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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