Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1449 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22010/2015 proposto da:

C.A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELLA LIBERTA’, 13, presso il proprio studio, rappresentato e difeso

da se stesso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona del rappresentante della

Direzione Regionale Lazio, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA

DELLA CANCELLERIA, 85, presso lo studio dell’avvocato BARBARA

PAOLETTI, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 633/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 21/01/2013, depositata il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 21 gennaio 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da C.A.G. avverso la sentenza n. 442/25/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva respinto il ricorso dell’appellante contro le cartelle di pagamento IRPEF IVA, IRAP 2003/2006. Nella parte che qui rileva la CTR osservava la piena legittimità degli atti riscossivi impugnati in ordine al requisito della sottoscrizione.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.

Resistono Equitalia Sud spa e l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, non avendo il giudice di appello accolto la sua eccezione di nullità della sottoscrizione degli atti direttamente ovvero incidentalmente impugnati. In particolare ravvisa la mancanza della sottoscrizione sia delle cartelle di pagamento impugnate sia dei ruoli che le basavano.

La censura si palesa infondata in ordine ad entrambi i profili.

Quanto al primo va ribadito che “In tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione” (Sez. 5, Sentenza n. 26053 del 30/12/2015, Rv. 638460). Quanto al secondo, premesso il principio che “L’atto amministrativo non è invalido solo perchè privo di sottoscrizione, in quanto la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato può essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva annullato un provvedimento di diniego di condono esclusivamente in ragione dell’assenza di firma, omettendo qualunque ulteriore verifica)” (Cass., Sez. 6-5, n. 11458 del 06/07/2012, Rv. 623229), va comunque rilevato che essendo incontestato che nel caso di specie il ruolo sia stato emesso secondo la procedura della così detta “validazione informatica”, tale forma deve considerarsi equipollente alla sottoscrizione del ruolo stesso, come previsto dalla norma di interpretazione autentica del D.P.R. n. 602 del 1073, art. 12, comma 4, di cui al D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 ter, secondo la quale la prima disposizione appunto si interpreta “.. nel senso che i ruoli, pur se non tributari, si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati in essi contenuti, eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell’amministrazione creditrice”.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, poichè gli atti impositivi impugnati incidentalmente non sono stati sottoscritti dal Direttore dell’ Agenzia delle entrate, ufficio locale, ma da altri soggetti peraltro privi di potere rappresentativo.

La censura è inammissibile, poichè pacificamente dedotta per la prima volta in questo giudizio di legittimità, trattandosi di vizio che in ogni caso doveva essere allegato quale motivo del ricorso contro gli atti impositivi stessi.

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e se ne propone il rigetto”.

Il Collegio condivide la relazione depositata.

Il ricorso va dunque rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio che liquida in Euro 20.000,00, oltre alle spee prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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