Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14475 del 10/07/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 14475 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: CURZIO PIETRO

Data pubblicazione: 10/07/2015

SENTENZA
sul ricorso 4066-2011 proposto da:
F.LLI STOCHINO ITALO, MARIO e ANTONIO S.R.L., in persona
del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso la signora ANTONIA DE
ANGELIS, rappresentata e difesa dall’avvocato DONATO
MARONGIU, per delega a margine del ricorso;

qo it\

- ricorrente contro
TORO CALCESTRUZZI S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARNO 47,

difesa dall’avvocato TERENZIO SCHIRRU, per delega a margine del
controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 14/2010 della CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI, depositata il 15/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/05/2015 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;
udito l’Avvocato Bruno BOTTA per delega dell’avvocato Terenzio
Schirru;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. UMBERTO
APICE, che ha concluso per raccoglimento del quinto motivo del
ricorso, assorbiti gli altri.

Ragioni della decisione

i. La Toro calcestruzzi srl richiese ed ottenne dal presidente del
Tribunale di Cagliari un decreto ingiuntivo per Pimporto di
24.458,35 euro relativo al pagamento di determinate forniture
effettuate in favore della F.11i Stochino srl, che propose
opposizione.
2.

Con sentenza del 1° luglio 2005 il Tribunale di Cagliari accolse
l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo, ritenendo che non

Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – uci, 12-05-2015
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presso lo studio dell’avvocato BRUNO BOTTA, rappresentata e

fosse stata fornita la prova del credito in quanto non risultavano
nuovamente depositati i documenti posti a fondamento della
richiesta.
3. La Toro calcestruzzi propose appello rilevando che aveva
prodotto i documenti a sostegno della richiesta di decreto

nuovamente nella fase di opposizione perché le erano stati
tardivamente restituiti.
4. L’appellante assumeva che il Tribunale avrebbe invece dovuto
acquisire il fascicolo d’ufficio della procedura monitoria con
l’allegato fascicolo di parte contenente i documenti. In ogni
caso, con l’atto di appello produsse nuovamente i documenti
(fatture e buoni di consegna) su cui si fonda la sua domanda,
chiedendo che venissero acquisiti ai sensi dell’art. 345 c.p.c. in
quanto documenti non qualificabili come ‘nuovi’ e comunque in
quanto ‘indispensabili’ ai fini della decisione.
5. La Corte d’appello ha ritenuto che la mancata tempestiva
riconsegna dei documenti alla parte non fosse stata provata e
che i documenti dovessero essere considerati nuovi e quindi
inammissibili in sede di appello. Ha però aggiunto: “Tuttavia,
poiché i documenti in questione sono chiaramente
indispensabili al fine della decisione, è consentito al giudice di
appello di valutarli …. Le fatture allegate alla domanda di
ingiunzione portano un totale pari alla somma richiesta e sono
accompagnate dai buoni di consegna delle merci. La difesa
dell’appellata non ha contestato l’autenticità delle sottoscrizioni
apposte in calce ai buoni, né, in realtà, ha neppure mai negato di
aver ricevuto le relative forniture”.

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ingiuntivo allegandoli al ricorso, ma non aveva potuto produrli

6. La Corte ha pertanto ritenuto provata la vendita e la consegna
della merce ed ha rilevato che, fronte di ciò non è stata né
offerta, né fornita la prova del pagamento del corrispettivo. Di
conseguenza, riformando la sentenza di primo grado, ha
rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo e condannato

7. La Fili Stochino Italo, Mario ed Antonio srl ha proposto ricorso
per cassazione articolato in cinque motivi. La Toro Calcestruzzi
srl ha depositato e notificato controricorso.
8. Con il primo motivo la società ricorrente denunzia violazione
dell’art. 2697 c.c. assumendo che i buoni di consegna non sono
mai stati allegati e mai sono stati prodotti, sicché avrebbe errato
la Corte nell’affermare che sono stati prodotti e,
conseguentemente, nell’affermare che non sono state contestate
le sottoscrizioni in calce, perché non si poteva contestare la
firma in calce a documenti mai prodotti. La ricorrente sostiene
che “probabilmente il giudice di secondo grado per errore ha
confuso i buoni allegati dalla srl Stochino a giustificazione del
fatto che aveva comprato il materiale da altra e diversa ditta
fornitrice, la Alfa-Semilavorati di Mandas, con quelli che
avrebbe dovuto produrre la società appellante”. Inoltre la Toro
non ha prodotto gli estratti autenticati delle scritture contabili e
il contratto di fornitura.
9. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 360, n. 5
c.p.c. per errata rappresentazione dei fatti ed erroneità dei
presupposti. Erronea o contraddittoria motivazione su fatti
decisivi per la controversia. La Corte avrebbe errato
nell’affermare che la difesa appellante ha prodotto il fascicolo di
parte contenente i buoni di consegna e che le fatture sono
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l’appellata al pagamento delle spese del giudizio.

accompagnate da detti buoni, in quanto tali buoni non erano
presenti nel fascicolo della fase monitoria. La Corte avrebbe
inoltre errato nell’affermare che la difesa della F.11i Stochino non
aveva mai negato di aver ricevuto le relative forniture, in quanto
non solo aveva contestato l’esistenza del contratto di fornitura

nessun suo dipendente aveva mai firmato buoni di consegna.
DI La controricorrente ha precisato che le fatture, accompagnate
dai buoni di consegna, erano le stesse prodotte nella fase
monitoria, e che i buoni di consegna erano presenti tanto nel
fascicolo monitorio che nel fascicolo di appello in aggiunta alle
fatture, la cui autenticità della sottoscrizione non è stata mai
contestata dall’appellata.
li. I due motivi si basano su di un medesimo fondamento, ripreso
anche nella seconda parte del quinto motivo, costituito dalla
asserzione che la Corte avrebbe commesso un errore
consistente nell’aver “confuso i buoni allegati dalla srl Stochino
a giustificazione del fatto che aveva comprato il materiale da
altra e diversa ditta fornitrice, la Alfa-Semilavorati di Mandas,
con quelli che avrebbe dovuto produrre la società appellante”.
12.

I motivi sono inammissibili perché l’errore prospettato è “un
errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa”
consistente nell’aver fondato la decisione sulla supposizione di
un fatto (che i buoni di consegna posti a fondamento della
decisione fossero stati allegati al ricorso per ingiunzione e poi
all’appello) la cui verità sarebbe incontrastabilmente esclusa
(perché, a dire della società ricorrente, i documenti posti dalla
Corte a fondamento della decisione riguarderebbero altra
fornitura, di altra impresa, e sarebbero stati depositati in giudizio

Ric. 2011 n. 04066 sez. 5U
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ud. 12-05-2015

ma aveva anche affermato che non vi erano stati rapporti e che

non dalla ricorrente per ingiunzione-appellante, ma dalla
opponente-appellata nel suo fascicolo di parte). In presenza di
un errore di fatto risultante dai documenti della causa il rimedio
è costituito dalla revocazione dinanzi al medesimo giudice che
ha emesso la decisione, ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4,

13. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. e
difetto di istruttoria in violazione dell’art. 118 c.p.c. per avere la
Corte emesso una sentenza ‘ultra petita’ omettendo di rimettere
la causa in istruttoria per assumere le prove richieste
dall’appellante nell’atto di appello al fine di provare le ragioni del
credito. Anche questo motivo è inammissibile perché la società
ricorrente (appellata) non aveva alcun interesse all’accoglimento
delle richieste istruttorie dell’appellante, da quest’ultima
formulate in via subordinata qualora i documenti acquisiti non
risultassero idonei a fondare la domanda. In ogni caso, non vi è
alcun vizio di ultrapetizione, di pronunzia, come recita l’art. 112
c.p.c. “oltre i limiti delb domanda”.
14. Con il quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 188 c.p.c.
per aver ritenuto la causa matura per la decisione senza
consentire alla appellata-ricorrente per cassazione di provare le
proprie ragioni mediante l’ammissione di una prova testimoniale
volta a dimostrare che la società aveva utilizzato nel cantiere di
Gesico merce acquistata dalln Alfa-Semilavorati di Mandas.
Anche questo motivo è inammissibile perché attiene al merito
della decisione e specificamente alla valutazione della
completezza del quadro probatorio e della rilevanza rispetto ad
esso di un capitolo di prova, riprodotto nel ricorso, consistente
nell’affermazione che la Mandas aveva fornito ‘merce
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c.p.c.; di conseguenza, il ricorso per cassazione è inammissibile.

calcestruzzo’ alla F.11i Stonchino per il cantiere di Gesico, la cui
genericità peraltro risulta evidente.
15. Su tutti i

motivi sinora esaminati si è in realtà già espressa,

giungendo alle medesime conclusioni, anche la terza sezione,
che, con ordinanza interlocutoria n. 24408 del 2014, ha chiesto

problemi posti dal quinto motivo.
16. Con quest’ultimo motivo la società ricorrente denunzia
violazione dell’art. 345 c.p.c. e violazione dell’art. 188 c.p.c. per
avere la Corte ammesso la tardiva produzione del fascicolo
della fase monitoria in quanto l’art. 345 c.p.c. non può essere
utilizzato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel
primo grado di giudizio.
17. Con l’ordinanza interlocutoria la terza sezione rileva che
nell’esposizione del motivo la ricorrente pone due questioni che
sono oggetto di orientamenti contrastanti in seno alle sezioni
semplici.
18.La prima questione riguarda il carattere “nuovo” o meno della
produzione in appello di documenti che erano stati in origine
depositati con il ricorso per ingiunzione, ma non erano stati
nuovamente depositati nel corso del giudizio di opposizione.
19.La seconda questione, che si pone qualora la prima si risolva nel
senso della novità e conseguente inammissibilità dei documenti,
consiste nello stabilire se tali documenti potessero essere
considerati indispensabili, posto che anche sul concetto di
indispensabilità della prova ai fini della decisione, vi è contrasto
di orientamenti.
20. Preliminarmente, è necessario precisare che la versione dell’art.
345 c.p.c. applicabile al giudizio è quella introdotta dall’art 52
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al Primo Presidente di rimettere la causa alle Sezioni unite per i

della legge 26 novembre 1990, n. 353, con decorrenza dal 30
aprile 1995, come modificato dall’art. 58, comma 2, della legge
26 novembre 2009, n. 69, che peraltro ha ratificato un
l’orientamento espresso da queste Sezioni unite con la sentenza
8203 del 2005.
testo è il seguente: (nel giudizio di «ella) “non sono ammessi nuovi

meui di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il
collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero
che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrk nel giudkio di
primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il
giuramento decisorio”.
22. Come è noto, in precedenza la norma era formulata in modo
tale da consentire la proposizione di nuovi mezzi di prova in
appello. Mentre, da ultimo, l’art. 54, comma 1, lett. Ob, del d.l.
22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n.
134, ha escluso la possibilità di acquisire nuovi mezzi di prova
anche se indispensabili ai fini della decisione.
23. n

primo problema si pone perché, come si è visto, i documenti

sui quali la Corte ha fondato la decisione (fatture e buoni di
consegna sottoscritti da chi ha ricevuto la merce) furono
prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo, che
venne emesso dal presidente del Tribunale in base a tali
documenti. La società che chiese ed ottenne il decreto
ingiuntivo non li ha però nuovamente depositati costituendosi
nella fase di opposizione, mentre li ha allegati al ricorso in
appello.
24. Bisogna allora stabilire se questa produzione debba essere
ritenuta inammissibile in applicazione della regola generale,

Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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21. 11

dettata dall’art. 345, terzo comma, c.p.c., per cui in appello non
sono ammessi documenti nuovi.
25. La questione è stata rimessa alle Sezioni unite individuando un
contrasto di orientamenti tra la posizione espressa da un gruppo
di tre sentenze (19992/2004, 8955/2006 e 17603/2013) ed una

26. L’ordinanza di rimessione offre una sintesi delle posizioni
prendendo avvio dal principio di diritto affermato dalla sentenza
n. 8955/2006, che è il seguente: “La documentazione posta a
fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo è destinata, per
effetto dell’opposizione al decreto e della trasformazione in
giudizio di cognizione ordinario, ad entrare nel fascicolo del
ricorrente, restando a carico della parte l’onere di costituirsi in
giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti
in comunicazione. Ne consegue che in difetto di tale
produzione, essa non entra a far parte del fascicolo contenente i
documenti offerti in comunicazione. Ne consegue che il giudice
non può tenerne conto. L’omessa produzione in primo grado
non preclude alla parte opposta rimasta contumace in primo
grado in un giudizio regolato dall’art. 345 c.p.c. nel testo
previgente (a quello introdotto nel 1990, con decorrenza dal
1995) di produrre i documenti in appello senza che sia
necessario proporre appello incidentale ove il giudizio di primo
grado sia stato definito con la conferma della pretesa posta a
base della decisione”.
27. L’ordinanza ricorda poi che altra sentenza della terza sezione, la
19992 del 2004, aveva precisato: “la documentazione a corredo
del ricorso per decreto ingiuntivo è destinata, per effetto
dell’opposizione al decreto, ad entrare nel fascicolo del
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ucl. 12-05-2015
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sentenza del 2011 (11817/2011).

ricorrente, e conserva, rispetto al fascicolo d’ufficio, una distinta
funzione ed un’autonomia che ne impedisce l’allegazione di
ufficio nel giudizio di secondo grado ove, come in quello di
primo grado la produzione del fascicolo di parte presuppone la
costituzione M giudizio”.

2013 ha di recente affermato il principio così massimato: “La
documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione è
destinata, per effetto dell’opposizione al decreto e della
trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare
nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte opposta
l’onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo
contenete i documenti offerti M comunicazione. Ne consegue
che in difetto di produzione, questi ultimi non entrano a far
parte del fascicolo d’ufficio e il giudice non può tenerne conto”.
29. A queste tre sentenze viene contrapposto l’orientamento
espresso da Cass. 11817/2011 che ha fissato il seguente
principio di diritto: “Il procedimento che si apre con la
presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con
la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello
che si apre con l’opposizione; ne consegue che nel giudizio di
opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo
nel termine di cui all’art. 184 c.p.c. la documentazione posta a
fondamento del ricorso monitorio, tale documentazione può
essere utilmente prodotta in appello, non potendosi considerare
nuova (principio enunciato in relazione al testo dell’art. 345
c.p.c. novellato nel 1990, applicabile cratione temporis’)”.
30. Quest’ultima è l’unica sentenza che si occupa specificamente del
problema al centro della presente controversia (carattere nuovo
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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28. L’ordinanza rileva infine che Cass., prima sezione, n. 17603 del

o meno dei documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo,
non depositati dalla parte opposta nel giudizio di opposizione,
ma da questa allegati all’appello) e sulla base del medesimo dato
normativo (versione dell’art. 345 c.p.c. introdotta nel 1990 ed in
vigore dal 1995).

stata opposizione a decreto ingiuntivo, respinta dal Tribunale,
l’opponente aveva proposto appello, accolto dalla Corte
d’appello rilevando che l’appellata (opposta in primo grado)
aveva omesso di depositare in appello il proprio fascicolo di
parte relativo al processo di primo grado, onde era impossibile
esaminare la documentazione allegata a sostegno della domanda.
Quindi i documenti c’erano in primo grado (entrambe le fasi),
ma il ricorrente-opposto-appellante, nel proporre appello non
aveva depositato il proprio fascicolo di parte di primo grado con
i documenti ed aveva chiesto al giudice di appello di ordinare “la
ricostruzione” del suo fascicolo di parte. La Corte di cassazione
affermò: il fascicolo di parte rimane autonomo e ciò ne
impedisce l’allegazione d’ufficio nel giudizio di secondo grado.
Pertanto poiché l’appellante non aveva depositato in appello il
fascicolo di parte con i documenti a sostegno della sua
posizione, “non esisteva il presupposto perché il giudice di
appello potesse ordinare la ricostruzione’ del fascicolo di parte,
come si sostiene in ricorso”. In conclusione, Cass. 19992/2004
non costituisce un precedente, ma ha esaminato una situazione
antitetica: documenti prodotti in primo grado, non prodotti in
appello.
32. La sentenza del 2006 è più vicina come problematica, ma si
muove nel quadro normativo precedente alla modifica dell’art.
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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31. La sentenza del 2004 si occupò di un diverso problema. Vi era

345 introdotta nel 1990 (con decorrenza 1995). Risolse il
problema rilevando che “l’omessa produzione della
documentazione in primo grado per effetto della contumacia
della banca (opposta) non precludeva alla stessa di produrre i
documenti in appello, dato che nel giudizio, introdotto in primo

trovare applicazione, quanto alla fase di appello, l’art. 345 cod.
proc. civ, nella formulazione anteriore alle modifiche di cui alla
legge n. 353 del 1990, che ammetteva di proporre nuove
eccezioni., di produrre nuovi documenti e di chiedere
l’ammissione di nuovi mezzi di prova”.
33. Desumerne una posizione articolata ed argomentata sulle
implicazioni sistemiche del testo dell’art. 345 c.p.c. introdotto
con la legge del 1990 è eccessivo. La Corte si limita a segnalare
che con il nuovo testo il problema dell’ammissibilità dei
documenti si sarebbe posto, il che è pacifico, ma non aveva
motivo di adottare e motivare una soluzione.
34. Anche la sentenza 17603 del 2013 della prima sezione riguarda
una situazione diversa da quella in esame, a cominciare dal fatto
che, come si precisa al paragrafo 2.2 della motivazione, la
controversia era soggetta al testo dell’art. 345 c.p.c. anteriore alla
modifica del 1990. Inoltre, ancora una volta si chiedeva alla
Corte d’appello di acquisire documenti che non erano stati
allegati all’appello. La Corte territoriale, con una scelta ritenuta
legittima dalla Cassazione, aveva ritenuto di non acquisirli e di
decidere sulla base dei soli documenti allegati all’appello per un
duplice motivo: il richiamo alla documentazione prodotta in

primo grado era stato formulato dall’appellante in modo
generico ed impreciso; i documenti allegati al ricorso per
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU
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ud. 12-05-2015

grado anteriormente alla data del 30 aprile 1995, continuava a

ingiunzione non erano stati poi depositati in sede di
opposizione. Non c’era un problema di produzione di
documenti in appello di cui vagliare la novità o meno, perché, al
contrario, in appello si era omesso di depositare alcuni
documenti di cui la parte chiedeva al giudice l’acquisizione

35. Come si è già detto, la sentenza n. 11817 del 2011 è l’unica che
ha dovuto affrontare il problema oggetto della presente
controversia ed in vigenza del testo dell’art. 345 c.p.c. introdotto
nel 1990. In quella, come in questa controversia, i documenti
erano stati prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo e il
presidente del Tribunale aveva emesso il decreto sulla base di
essi. Nella fase di opposizione non era stato depositato il
fascicolo di parte della fase monitoria. In appello i documenti
erano stati prodotti in allegato all’atto introduttivo del giudizio.
La seconda sezione ha ritenuto che essendo stati prodotti nella
fase monitoria, pur non essendo stati depositati nuovamente in
sede di opposizione, non potessero essere considerati ‘nuovi’ e
pertanto la loro produzione non era assoggettata al limite di cui
all’art. 345, terzo comma, c.p.c.
36. La soluzione deve essere condivisa.
37. La norma del codice fissa il principio generale per cui in appello
non sono ammessi nuovi mezzi di prova e tale divieto vale
anche per i documenti. Il giudice d’appello dovrà pertanto
vagliare se i documenti che vengono allegati al ricorso oggetto
del suo esame siano o meno “nuovi”.
38. La formula ampia scelta dal legislatore induce a ritenere che i
documenti devono essere nuovi rispetto all’intero processo. Ciò

Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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d’ufficio indicandoli peraltro in modo generico ed impreciso.

significa che non devono essere mai stati prodotti in
precedenza.
39. Questa lettura è già presente nella sentenza di queste sezioni
unite 8203/2005 prima richiamata, che qualifica ‘nuovi’ i mezzi
di prova “la cui ammissione non sia stata in precedenza

si trattava di un decreto ingiuntivo opposto).
40. Una conferma di questa dimensione del concetto si ha
nell’inciso dell’art. 345 terzo comma in cui si ammette la
possibilità di produrre documenti in appello qualora la parte
dimostri di non averli potuti produrre nel giudizio di primo
grado. Anche qui si parla di giudizio di primo grado, senza
distinzioni di sorta.
41. Deve pertanto ritenersi che, documenti prodotti in allegato alla
richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della
controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per
proporre opposizione (in base a quanto disposto dall’art. 638,
terzo comma, c.p.c.) e quindi esposti al contraddittorio delle
parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi
sviluppi del processo.
42. Un’interpretazione restrittiva che escluda, in caso di giudizio di
primo grado bifasico, documenti prodotti nella prima fase e non
ri-prodotti nell’ opposizione, comporterebbe una modifica del
contenuto della norma non consentita all’interprete.
43. La soluzione imposta da una piana interpretazione letterale trova
poi conferma sul piano teleologico e sistematico. Sul piano
teleologico perché il divieto di proporre prove nuove in appello
mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, e idonee a
giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU
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ud. 12-05-2015

richiesta”, senza sottodistinzioni (e anche in quella controversia

momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla
valutazione del giudice. Non vi sarebbe ragione, in questa logica,
di estendere il divieto a documenti in precedenza già prodotti.
44. Sul piano sistematico, i principi costituzionali del giusto
processo e della sua ragionevole durata implicano, come si è

prove acquisite al processo lo siano in via definitiva. Tali prove
non devono essere disperse. Ciò vale anche per i documenti:
una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono
essere conservati alla cognizione del giudice.
45. Il principio, che può essere definito “di non dispersione della
prova” una volta che questa sia stata acquisita al processo,
implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto
ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia
stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di
cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di
opposizione, che completa il giudizio di primo grado (le due fasi
fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel
medesimo ufficio, come ha, da ultimo, sottolineato, con
riferimento ad altro giudizio di primo grado bifasico in cui
l’opposizione costituisce prosecuzione del giudizio di primo
grado, Corte cost 78/2015, occupandosi del problema della
possibile identità fisica del giudice delle due fasi, ritenuta
costituzionalmente legittima e “funzionale all’attuazione del
principio del giusto processo, per il profilo della ragionevole
durata”).
46. Indicazioni di segno diverso non possono essere tratte dall’art.
638 c.p.c. laddove dispone (terzo comma) che i documenti
allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo “non possono essere
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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sottolineato nella sentenza 23 dicembre 2005, n. 28498, che le

ritirati fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto
d’ingiunzione a norma dell’art. 641”. Tale previsione non
comporta che, scaduto quel termine, i documenti possano
essere liberamente ritirati: ciò vale sicuramente in caso di
mancata opposizione; al contrario, in caso di opposizione il

piena, che prosegue dinanzi allo stesso ufficio giudiziario (ed in
genere dinanzi al medesimo magistrato), il che implica che la
parte opposta non è libera di ritirate i documenti, ma deve
essere autorizzata dal giudice ex art. 169 c.p.c. I due regimi
limitativi della possibilità di ritirare i documenti in caso di
opposizione si saldano. Il giudice nel decidere dovrà disporre di
tutto il materiale probatorio (di quello prodotto con la richiesta
di decreto ingiuntivo, nonché di quello che opponente ed
opposto abbiano in seguito eventualmente aggiunto).
47. L’unicità dell’ufficio spiega la mancanza di una norma che
espliciti la necessità della trasmissione del fascicolo d’ufficio,
con accluso il fascicolo di parte della fase monitoria contenente i
documenti, al giudice dell’opposizione. Tale mancanza, del
resto, si riscontra anche nei casi di giudizi d’impugnazione
(revocazione, opposizione di terzo) quando si svolgano dinanzi
al medesimo giudice.
48. Ma anche qualora lo sviluppo processuale non abbia seguito
questo ragionevole ordine e la fase di opposizione si sia
conclusa con una decisione che non abbia potuto tener conto
dei documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo, tali
documenti, se allegati all’atto di appello, non possono essere
considerati nuovi, quindi non sono soggetti al divieto sancito

Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
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procedimento monitorio si trasforma in giudizio a cognizione

dall’art. 345 c.p.c. ed è ammissibile la loro produzione in
secondo grado.
49. E’ questa la situazione determinatasi nel giudizio in esame. La
Corte d’appello ha ritenuto che i documenti allegati alla richiesta
di decreto ingiuntivo, non essendo stati nuovamente allegati

considerati nuovi e quindi inammissibili in appello. Li ha però
comunque ammessi ritenendoli indispensabili ai fini della
decisione.
50. La soluzione finale è corretta, ma la motivazione della decisione
non lo è, perché quei documenti non potevano essere
considerati nuovi e quindi, erano in già per questa via
ammissibili in appello.
51. Deve, in conclusione, essere affermato il seguente principio di
diritto: “L’art. 345, terzo comma, c.p.c. (nel testo introdotto
dall’art. 52 della legge 26 novembre 1990, n. 353, con
decorrenza dal 30 aprile 1995), deve essere interpretato nel
senso che, i documenti allegati alli richiesta di decreto
ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti
nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi
e pertanto, se allegati all’atto di appello contro la sentenza che
ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti
ammissibili”.
52. Tale soluzione del primo problema sottoposto alle Sezioni unite,
rende superfluo esaminare la seconda questione, concernente il
concetto di prove indispensabili.
53. Il ricorso è pertanto infondato. La problematicità delle questioni
poste con il quinto motivo, attestata dalla rirnessione alle Sezioni
unite, impone di compensare le spese del giudizio di legittimità.
Ric. 2011 n. 04066 sez. SU – ud. 12-05-2015
-17-

dall’opposto in sede di opposizione, dovessero essere

PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 maggio 2015.

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