Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14475 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14475 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 26426-2009 proposto da:
GRUPPO TORINESE TRASPORTI – G.T.T. S.P.A. 08559940013
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19,
presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO
RAFFAELE (STUDIO TOFFOLETTO-DE LUCA TAMAJO), che la
2013
1516

rappresenta e difende unitamente agli avvocati DIEGO
DIRUTIGLIANO, LUCA ROPOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CANE

ELENA

CNALNE69B62L219X,

elettivamente

Data pubblicazione: 07/06/2013

domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

dell’avvocato

VACIRCA

SERGIO,

che

la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato POLI
ELENA giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

1186/2008

D’APPELLO di TORINO, depositata

della CORTE

il 27/11/2008

R.G.N.

186/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

RG 26426-09

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Torino, confermando in parte la sentenza di primo grado,
accoglieva, con decorrenza 1 0 dicembre 2003, la domanda di Cane Elena,

era dipendente con inquadramento da ultimo nella 3^ Area professionale Amministrazione e Servizi –

parametro retributivo 175, avente ad oggetto

l’accertamento del suo diritto ad essere inquadrata

nella 2^ Area

professionale – Amministrazione e Servizi – parametro retributivo 193
precedentemente rivestita.

La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, rilevato che la
Cane era stata inquadrata a far data dal 1 0 dicembre 2002 nell’area
‘professionale 2^ – Area operativa servizi ausiliari – (parametro retributivo
170),riteneva che la lavoratrice non poteva essere inquadrata in un area
professionale inferiore in quanto, ancorché mutabile l’area operativa, non era
consentito modificare l’area professionale se non in senso migliorativo,
verificandosi, in caso contrario, un demansionamento.

Tanto, secondo la Corte del merito, trovava riscontro anche
settore che consentiva si una mobilità tra aree operative,

nel CCNL del
ma sempre

all’interno della stessa area professionale.

Pertanto, asseriva la Corte di Appello, non era corretto il provvedimento con
il quale la società, con decorrenza 1 0 dicembre 2003, aveva inquadrato la Cane
nell’area operativa Amministrazione e Servizi della Area professionale 3^.

proposta nei confronti della società GTT – Gruppo Torinese Trasporti – di cui

Né, precisava la Corte territoriale, avevano rilevanza le mansioni in concreto
svolte stante il precedente riconoscimento di una area professionale da cui
– la lavoratrice non poteva essere declassata.

Avverso questa sentenza la società GTT ricorre in cassazione sulla base di tre
censure, illustrate da memoria.

Resiste con controricorso la parte intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura la società ricorrente deduce, formulando ex art. 366 bis
cpc i relativi quesiti, violazione dell’art. 18 dell’allegato A) al RD n. 148
del 1931 nonché vizio di motivazione.

Sostiene al riguardo la predetta società, nella formulazione dei vari
interpelli, che erroneamente la Corte del merito non ha tenuto cont9 ai fini
del riconoscimento del superiore inquadramento/ di tutti i requisiti prescritti
dal denunciato art. 18 dell’allegato A) al RD n. 148 del 1931/ primo fra tutti
quello dell’esercizio di fatto di mansioni ascrivibili al livello superiore
rivendicato.

Quale fatto controverso, cui si appunta la denuncia di vizio di motivazione, la
società indica la mancata considerazione delle mansioni di fatto esercitate e
la insufficiente motivazione circa la prevalenza, ai fini di cui trattasi,
dell’elemento formale dell’area professionale di appartenenza.

Con la seconda critica la società denuncia, ponendo

ex art. 366 bis cpc cit.

il relativo quesito, violazione degli artt. 1362 e 1363 cc in relazione
all’art. 2, lett. A) nn.10 e 12 del CCNL TPL – mobilità del 27 novembre 2000.

2

Assume la società, nell’articolare l’interpello, che il disposto dell’art. 2,
lett. A) nn.10 e 12 del CCNL TPL – mobilità del 27 novembre 2000 deve essere
– interpretato nel senso che le parti stipulanti “hanno inteso garantire la
massima flessibilità nell’assegnazione delle mansioni” “senza sancire una
presunzione assoluta di equivalenza fra tutte le mansioni proprie dell’area
professionale tale da pregiudicare la considerazione, ai fini dello sviluppo
professionale

e

dell’inquadramento

dei

lavoratori,

delle

mansioni

effettivamente svolte e del grado di professionalità concretamente espresso dal
lavoratore”

Con l’ultimo motivo la società, nel prospettare contraddittoria motivazione,

*

I
chiede se possa essere ritenuta sussistente un ipotesi di demansionamento sulla
base delle sole astratte declaratorie contrattuali e se possa evincersi f come
conseguenza automatica dell’eventuale demansionamento posto in essere
attraverso il mutamento d’inquadramento dell’area professionale/ il diritto del
lavoratore

all’inquadramento nel superiore parametro retributivo della

superiore area professionale

in assenza di qualsivoglia esame della

corrispondenza delle mansioni espletate dal lavoratore

alle declaratorie di

livello superiore.

Le censure, che vanno trattA-Unitariamente per la loro stretta connessione
logico-giuridica, sono infondate.

La Corte del merito pone a base del proprio

decisum il rilievo fondante che

l’inquadramento attributo, con effetto dal l ° dicembre 2003, alla Sig.ra Cane è
inferiore a quello riconosciuto alla stessa in epoca precedente, sicché si è
venuto a determinare, a seguito del nuovo inquadramento, un declassamento che,

3

in quanto non consentito, comporta l’affermazione del diritto della lavoratrice
al mantenimento del precedente riconosciuto superiore inquadramento.

Ritiene questo giudice di legittimità che siffatta

in quanto

coerente con il principio del divieto di declassamento di mansioni previsto dal
capoverso dell’art. 2103 cc, è corretta in diritto essendo conforme alla
giurisprudenza di questa Corte secondo cui sono nulli i patti contrari al
predetto divieto di declassamento( per tutte V. Cass. SU 24 novembre 2006 n.
25033).

Di qui l’irrilevanza della questione concernente la violazione dell’art. 18
dell’allegato A) al RD n. 148 del 1931 non trattandosi, nella specie, di
riconoscimento d’inquadramento superiore per effetto del prolungato svolgimento
di corrispondenti mansioni superiori, bensì d’illegittimo declassamento operato
dal datore di lavoro rispetto all’inquadramento rivestito dal lavoratore per
effetto di un riconoscimento proveniente dallo stesso datore di lavoro.

Non si trattava, pertanto di accertare lo svolgimento effettivo di mansioni
corrispondenti all’inquadramento richiesto ed in precedenza rivestito nonché la
ricorrenza di tutti gli altri requisiti prescritti dal richiamato dall’art. 18
dell’allegato A) al RD n. 148 del 1931, perché oggetto dell’indagine era la
verifica di un declassamento e, quindi, della violazione del relativo divieto
posto dal capoverso dell’art. 2103 cc.

Pertanto, sotto t tale profilo/ la sentenza di merito è, altresì, logicamente ed
adeguatamente motivata.

4

*

ratio decidendi,

Né può rilevare l’eventuale deroga a siffatto divieto stabilita dai contratti
collettivi in quanto, come affermato da questa Corte, ed in questa sede va
• ribadito, la nullità di patti contrari al divieto in parola si applica anche
alla contrattazione collettiva, come si desume, in positivo, dal dettato
normativo dell’art. 40 della legge n.300 del 1970, che fa salve le condizioni

lavoratori, nonché,

a contrario,

da altre disposizioni con cui,

eccezionalmente, il legislatore ha autorizzato la contrattazione collettiva ad
introdurre una disciplina in deroga al disposto del primo comma dell’art. 2103
cc, quale l’art.4, comma 11, della legge n.223 del 1991, secondo cui “gli
accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente
articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori
ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma
-dell’art. 2103 cc la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte (per
tutte V. Cass. SU 24 novembre 2006 n. 25033 cit.).

dei contratti collettivi e degli accordi sindacali solo se più favorevoli ai

I/1
Del resto, e vale la pena di sottolinearlo, la c.d.

mobilità orizzontale

che permette di variare le mansioni di un lavoratore all’interno della stessa
area professionale – e quella c.d. verticale – che consente tale variazione
relativamente a diverse aree professionali – pur prevista dalla contrattazione
collettiva, intanto è legittima, solo ed in quanto non si risolva in un
decremento dell’inquadramento, altrimenti, salvo i casi stabiliti dalla
legge(ad es. l’art.4, comma 11, della legge n.223 del 1991 cit.) ovvero quelli
eccezionali

(quali le contingenti esigenze aziendali) non ricorrenti nella

specie, incorre nella nullità sancita dal
-dell’art. 2103 cc.

5

più volte richiamato capoverso

Né può ipotizzarsi che, pur in presenza di una previsione di distinte aree
professionali, le parti sociali abbiano voluto stabilire una equivalenza di
mansioni tra le varie aree professionali perché se così fosse sarebbe
-ugualmente violato il divieto di declassamento laddove fosse permessa una

Alla stregua delle su esposte considerazioni, in conclusione, il ricorso va
rigettato, rimanendo assorbita nelle esposte considerazioni ogni altra censura
o critica.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte
soccombente.

P.Q.M.
– La Corte rigetta il ricorso, pone a carico del ricorrente le spese del giudizio
di legittimità liquidate in C 50,00 per esborsi, oltre C 3.000,00 per compensi
ed oltre accessba’di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 aprile 2013
Il Presidente
Dott Antonio

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Il Consigliere est.
Dott. Gius ppe N pol tano

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6

mobilità verticale in senso peggiorativo.

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