Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14474 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14474 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: STILE PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 13294-2010 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A. 00799960158, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso
lo studio dell’avvocato TARTAGLIA FURIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI
2013

PAOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1497

contro
BOITO RENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
LIVORNO 42, presso lo studio degli avvocati LONETTI

Data pubblicazione: 07/06/2013

PEPPINO e ROSSELLA LONETTI, chelo rappresentano e
difendono giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2967/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 16/11/2009 r.g.n. 1914/07;

udienza del

24/04/2013

dal Consigliere Dott. PAOLO

STILE;
udito l’Avvocato TARTAGLIA FURIO;
udito l’Avvocato LONETTI ROSSELLA per delega LONETTI
PEPPINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Corte d’appello di Roma Sanpaolo IMI S.p.A. (già Istituto
Bancario San Paolo di Torino S.p.A.) impugnava la sentenza del Tribunale della
stessa città, che, in accoglimento del ricorso proposto da Boito Renzo, l’aveva
condannata al pagamento di € 967,46 a titolo di risarcimento del danno conseguito

nel periodo 1997-2003 al mancato pagamento del premio della polizza sanitaria
dei dipendenti in quiescenza, in violazione dell’obbligo accertato con sentenza
passata in giudicato, oltre accessori dalla domanda giurisdizionale.
Ad avviso dell’appellante, erroneamente il Tribunale aveva ritenuto fondata la
domanda proposta e, pertanto, chiedeva la riforma della sentenza e la reiezione
delle avanzate pretese.
Parte appellata si costituiva, resistendo al gravame.
Con sentenza del 3 aprile-16 novembre 2009, l’adita Corte d’appello di Roma
rigettava il gravame.
A sostegno del decisum osservava che il Pretore di Torino, con sentenza del
3.6.1998 n. 4261 passata in giudicato, aveva accertato l’obbligo dell’Istituto San
Paolo di tenere ferma in favore del Boito la copertura sanitaria estesa ai pensionati
con lettera del Crediop del 22.9.1989 alle condizioni e con le prestazioni previste
alla data del pensionamento.
Rilevava, inoltre, che irrilevante era l’assunto addotto dall’Istituto a
giustificazione del suo inadempimento consistente nel mancato assenso
dell’Assitalia al rinnovo della polizza con la conseguente impossibilità di
stipularne un’altra sul rilievo che analogo prodotto non sarebbe presente sul
mercato.
Osserva al riguardo la Corte territoriale che il mancato assenso alla stipula della
polizza da parte di Assitalia avrebbe dovuto essere fatto valere nel giudizio
davanti al Pretore di Torino, posto che il giudicato formatosi in quella

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controversia non consentiva che in altra e diversa controversia, quale era la
presente, potessero essere sollevate nuove questioni idonee a rimettere in
discussione l’accertamento contenuto nella precedente sentenza.
Inoltre, era onere della società appellante —onere non assolto- allegare
specificatamente e, quindi, da una parte, provare il rifiuto dell’Assitalia di

rinnovare la polizza e, dall’altra, dimostrare l’inesistenza sul mercato di polizze
simili. Pertanto, correttamente il Tribunale aveva ritenuto fondata la pretesa
risarcitoria e condannato la società a risarcire il danno sofferto, quantificato nei
premi versati dall’assicurato per assicurare a sé ed alla moglie una copertura
sanitaria analoga (dedotto l’importo ricevuto dalla Cassa di assistenza della
Sanpaolo a titolo di equo indennizzo) unitamente alle somme pagate per spese
mediche sostenute nel periodo di mancata copertura e che sarebbero state
corrisposte ove una polizza analoga a quella già in godimento fosse stata stipulata,
tale essendo il danno emergente derivante dal comportamento datoriale
inadempiente.
Per la cassazione di tale pronucia, ricorre Intesa Sanpaolo S.p.A. con quattro
motivi.
Resiste Renzo Boito con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la Intesa Sanpaolo S.p.A., denunciando
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.
360, n. 5, c.p.c.), nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in
relazione all’art. 2909 cc. e all’art. 1381 c.c., censura la sentenza della Corte
d’appello nella parte in cui non ha ammesso la prova testimoniale richiesta
(peraltro, sin dal primo grado di giudizio) in ordine a quei capitoli che, ove
confermati, avrebbero dimostrato sia il rifiuto opposto dal terzo-Assitalia, sia

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l’inesistenza (all’epoca dei fatti) di polizze che a parità di premio offrissero le
stesse prestazioni di quella già stipulata con Assitalia, nonché la correttezza e la
buona fede dell’istituto di credito nel condurre le trattative con la compagnia
assicuratrice. Dalla mancata ammissione del mezzo istruttorio, relativo a fatti
controversi e decisivi per il giudizio, discenderebbe —ad avviso della ricorrente- il

dedotto vizio di motivazione.
Il motivo è infondato.
II giudicato, come ritenuto dalla Corte d’appello, copre il dedotto e il deducibile.
.C.1,,..vto TATA ,
Pertanto, l’asserito rifiuto del terzo (Assitalia) di i=ggint. la polizza, secondo
quanto affermato correttamente dalla Corte d’appello, doveva essere dedotto e
provato dinanzi al Pretore di Torino, investendo esso il diritto del Boito alla
fruizione della “vecchia” copertura sanitaria.
Lo stesso asserito rifiuto dell’Assitalia, non essendo stato ivi assunto (oltre che
dimostrato; e ciò nonostante la diligenza spiegata per indurla alla prosecuzione
dell’assistenza sanitaria), non poteva più essere dedotto nel presente giudizio,
ponendosi in contrasto con l’intangibilità dello stesso giudicato, che, pur
risolvendosi nella evocata decisione di condanna generica, aveva accertato
l’obbligo della Sanpaolo a mantenere la copertura sanitaria, in favore dell’odierno
resistente, “alle condizioni e con le prestazioni previste alla data del
pensionamento”.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando insufficiente motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, c.p.c.), assume che la
Corte d’appello dalla sentenza dichiarativa dell’inadempimento della Sanpaolo
aveva fatto discendere per il creditore il diritto ad ottenere il risarcimento dei
danni lamentati, senza alcuna verifica dello stesso danno effettivamente patito e
senza, altresì, la verifica del nesso causale tra l’accertato inadempimento e il
danno.

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Anche questo motivo non può trovare accoglimento.
Costituisce circostanza accertata, con detta sentenza passata in giudicato,
l’obbligo della Sanpaolo di mantenere, in favore del Boito e della consorte,
l’assistenza sanitaria.
Costituisce, altresì, circostanza accertata (e pacifica) che la stessa Sanpaolo non ha

adempiuto al medesimo obbligo.
E ciò senza dimostrare che l’inadempimento è dipeso da impossibilità ad essa non
addebitabile.
E’ anche circostanza accertata e pacifica che il Boito ha contratto la “nuova”
polizza per fruire dell’assistenza sanitaria con i documentati premi a totale proprio
carico.
In tale contesto accertato e pacifico, il Tribunale prima e la Corte di Appello dopo
hanno ritenuto ineccepibilmente e motivatamente la sussistenza del nesso causale
tra l’inadempimento della Sanpaolo e il danno conseguente subito dal Boito; e,
quindi, il suo diritto al relativo risarcimento ed, in particolare, al rimborso dei
premi per l’assistenza sanitaria che ha dovuto pagare (documentalmente) al posto
della stessa Sanpaolo
Del tutto coerentemente, pertanto, la Corte di appello ha concluso: “…una volta
accertato l’inadempimento da parte dell’istituto rispetto all’obbligo della sentenza
pretorile coperta dal giudicato e comunque una volta ritenute insussistenti le
ragioni poste a fondamento di tale inadempimento, correttamente il Tribunale ha
ritenuto fondata la pretesa risarcitoria e ha condannato la società a risarcire il
danno sofferto quantificato nei premi versati dall’assicurato per assicurare a sé ed
alla moglie una copertura analoga (dedotto l’importo ricevuto dalla Cassa di
Assistenza del San Paolo a titolo di equo indennizzo) … tale essendo il danno
emergente dal comportamento datoriale inadempiente”.
Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando “violazione e/o falsa applicazione

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dell’art. 1381 c.c. in relazione all’art. 1218 c.c. (cit. 360, n. 3, c.p.c.), nonché
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.
360, nn. 3 e 5 c.p.c.)”, lamenta che la Corte avrebbe ignorato la sostanziale
differenza dell’uno articolo rispetto all’altro.
Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha, infatti, correttamente inquadrato il caso in oggetto nella
fattispecie disciplinata dall’art. 1218 deI cod. civ., poiché la società promettente,
innanzi tutto davanti al Pretore di Torino, non aveva provato non solo il rifiuto del
“terzo”, ma neanche aveva assunto e provato che si era adoperata diligentemente
con lo stesso terzo per la prosecuzione dell’assistenza sanitaria in favore del
Boito.
Il caso in esame, quindi, non era riconducibile allo schema dell’indennizzo di cui
all’art. 1381 del cod. civ., ma a quello del risarcimento dei danni di cui all’art.
1218.
Questa Corte, con consolidato orientamento, in tema di promessa del terzo ha
distinto l’ipotesi in cui lo stesso terzo ha rifiutato il fatto promesso nonostante il
diligente adoperarsi del promettente per l’adempimento da quello in cui lo stesso
promettente non ha svolto alcuna diligente attività od opera per all’esecuzione del
fatto promesso (Cass. n. 19472/2003).
Il Tribunale prima e la Corte di Appello dopo hanno correttamente inquadrato la
fattispecie in questa seconda ipotesi; con la conseguenza che il Boito aveva diritto
al risarcimento del danno; e non senza spiegare con ragionamento, giuridico
altrettanto ineccepibile, che la promettente non aveva dimostrato, dinanzi al
Pretore di Torino, di essersi adoperata diligentemente con il terzo per indurlo a
proseguire nell’assistenza sanitaria.
Con il quarto motivo la Intesa Sanpaolo S.p.A. , denunciando violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2113, comma 2, cc. , in relazione all’art. 2909 c.c., lamenta

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che la Corte d’appello abbia “erroneamente omesso di valutare che, con
l’adesione alla Cassa di assistenza Sanpaolo e ancor più con l’accettazione senza
riserva dell’indennità contestualmente erogata, il Boito aveva espresso la propria
volontà di sostituire il precedente trattamento assicurativo con questo erogato in
base al nuovo regime; e, quindi, aveva posto in essere “una vera e propria

rinuncia, la quale per essere validamente contestata doveva essere impugnata
entro il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 2113, comma 2 c.c.
Anche questo motivo è privo di fondamento, perchè, come correttamente statuito
dalla Corte d’appello, il precedente giudicato sull’inadempimento della società
ricorrente copre anche il preteso fatto impeditivo, che sarebbe costituito
dall’adesione alla summenzionata Cassa di assistenza Sanpaolo, noto essendo che
il giudicato copre il dedotto e il deducibile e che tale rinuncia risale —come è
pacifico- ad epoca anteriore alla formazione del giudicato medesimo. Dunque,
eventuali rinunce al diritto a mantenere una copertura assicurativa mediante
stipula di polizza di assicurazione con premio a carico dell’azienda sì sarebbero
dovute eccepire nel corso del giudizio sull’an debeatur.
Per quanto precede, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza e vanno attribuite agli avv.ti Peppino e Rossella Lonetti, per
anticipo fattone.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio,
liquidate in E 70,00 per esborsi ed in 4.000,00 per compensi professionali oltre
accessori di legge con attribuzione agli avv.ti Peppino Lonetti e Rossella Lonetti,
antistatari.
Roma, 24 aprile 2013.
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Dott.ssa Cinzia SCARS LLA

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