Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14472 del 07/06/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 14472 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO
SENTENZA
sul ricorso 15107-2009 proposto da:
POSTE
ITALIANE
S.P.A.,
in persona
del
legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato
PESSI ROBERTO,
che la rappresenta
e difende giusta
delega in atti;
m
– ricorrente –
2013
1418
contro
– MARTINELLI LORENZA MRTLNZ74S49C085F, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio
dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che la rappresenta e
Data pubblicazione: 07/06/2013
difende unitamente all’avvocato PICCHI MARCO, giusta
delega in atti;
–
GERI
BARBARA
GREBBR69M66G687M,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio
dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che la rappresenta e
delega in atti;
–
GUERRINI KATIA GRRKTA74P55H501K,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AGRI l, presso lo studio
dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PICCHI MARCO, giusta
delega in atti;
– controricorrenti sul ricorso 15678-2009 proposto da:
COSCARELLI ANDREA CSCNDR78E04E202S,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA AGRI l, presso lo studio
dell’avvocato NAPPI PASQUALE, rappresentata e difesa
dall’avvocato PICCHI MARCO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
POSTE
ITALIANE
S.P.A.,
in persona
del
legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato
PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controri corrente –
difende unitamente all’avvocato PICCHI MARCO, giusta
avverso la sentenza n. 906/2008 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 23/06/2008 r.g.n. 244/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza
del
18/04/2013
dal
Consigliere
Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del primo motivo del ricorso
principale rigetto degli altri, rigetto del ricorso
Coscarelli.
udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega PESSI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
parziale accoglimento del gravame proposto dalla Poste Italiane spa,
dichiarò la nullità parziale dei contratti a termine stipulati
dall’appellante con Martinelli Lorenza il 12.7.1999 e con Geri
Barbara il 9.10.1999; rigettò il gravame proposto relativamente al
contratto concluso con Guerrini Katia il 30.10.1996, in ordine al quale
il Giudice di prime cure aveva ritenuto la nullità del termine; rigettò la
domanda, accolta in prime cure, da Coscarelli Andrea, in relazione al
contratto a termine stipulato con decorrenza 24.7.2001.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Poste Italiane
spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi nei
confronti della Martinelli, della Guerrini e della Geri, depositando
memoria.
Martinelli Lorenza, Geri Barbara e Guerrini Katia hanno resistito con
distinti controricorsi.
Avverso la medesima sentenza Coscarelli Andrea ha proposto
ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrato con memoria.
L’intimata Poste Italiane spa ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
I ricorsi vanno riuniti, siccome proposti avverso al medesima
sentenza (art. 335 cpc).
3
Con sentenza del 3 – 23.6.2008 la Corte d’Appello di Firenze, in
Il ricorso del Coscarelli va qualificato come incidentale, siccome
quindi da qualificarsi come principale.
2. Con il primo motivo, inerente alla posizione della sola Guerrini
Katia, la ricorrente principale, denuncia nullità della sentenza
impugnata per violazione dell’art. 112 cpc, deducendo che la Corte
territoriale non si era pronunciata sulla censura secondo cui la
lavoratrice aveva dedotto l’illegittimità della causale del contratto a
termine stipulato per il periodo 2.5 – 29.6.2002 ai sensi del dl.vo n.
368/01, mentre nulla aveva riferito in merito alla illegittimità del
contratto stipulato nel 1996.
2.1 II motivo è fondato.
Con il ricorso d’appello, relativamente alla posizione di Guerrini
Katia, la parte datoriale si era specificamente doluta, fra l’altro, del
difetto di specificità dei motivi a sostegno della pretesa invalidità del
contratto datato 30.10.1996.
La Corte territoriale, pur confermando la decisione di prime cure
relativa alla Guerrini, non ha esaminato tale doglianza, svolgendo
argomentazioni che non hanno attinenza con il contratto decorrente
dalla data suddetta (tanto che in sentenza è contenuta
l’affermazione secondo la quale tutti i contratti, ad eccezione di
quello stipulato con il Costarelli, erano stati stipulati nel 1999).
4
notificato in data successiva a quello della Poste Italiane spa, che è
2.2 L’accoglimento del motivo all’esame comporta l’assorbimento
disamina, nei termini che seguono, deve intendersi riferita soltanto
alle altre intimate Martinelli e Geri.
3. Tra le parti erano stati conclusi contratti di lavoro a tempo
determinato, con decorrenza dal 12.7.1999 per la Martinelli e dal
9.10.1999 per la Geri, per “esigenze eccezionali conseguenti alla
fase di ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso e in
ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi ed in
attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul
territorio delle risorse umane”, ai sensi dell’art. 8 CCNL 1994, come
integrato dall’accordo del 25.9.1997.
3.1 La Corte territoriale ha ritenuto la nullità delle clausole appositive
del termine perché, nei casi di specie, le assunzioni erano state
effettuata dopo il 30.4.1998, quando era ormai venuta meno la
contrattazione autorizzatoria.
L’impostazione seguita dalla Corte territoriale è stata ampiamente
censurata dalla Società ricorrente con il secondo mezzo; la
ricorrente contesta, in particolare, l’interpretazione data dalla Corte di
merito al citato accordo integrativo del 25 settembre 1997 ed agli
accordi dalla stessa definiti come attuativi; deduce in particolare che
questi ultimi accordi avevano natura meramente ricognitiva.
5
degli altri mezzi per quanto riferibili alla Guerrini, onde la loro
3.2 Osserva il Collegio che le considerazioni della Corte territoriale –
in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato dalla
giurisprudenza di legittimità (con riferimento al sistema vigente
anteriormente al CCNL del 2001 ed al dl.vo n. 368/01) – sono
sufficienti a sostenere sul punto l’impugnata decisione.
Al riguardo, sulla scia di Cass., SU, n. 4588/2006, è stato precisato
che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 legge n.
56/87, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230/62, discende dall’intento
del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i
lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite
della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere
a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche
di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di
fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 21063/2008; n. 9245/2006; 4862/2005;
14011/2004); ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a
favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,
non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque
6
\
omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
nel sistema da questa delineato (cfr,
ex plurimis, Cass., nn.
21062/2008; 18378/2006).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 18383/2006; 7745/2005; 2866/2004).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente
affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a
termine di dipendenti postali, con raccordo sindacale del 25
settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994,
e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio
1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998,
per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. 1 legge n. 230/62 (cfr, ex plurimis,
7
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi
Cass., nn. 20608/2007; 28450/2008; 21062/2008; 7979/2008;
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi
precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 6703/2007; 15969/2005), il motivo all’esame
va quindi respinto.
4.
In ordine alla decorrenza del risarcimento la Corte territoriale ha
ritenuto che la comunicazione della convocazione per il tentativo
obbligatorio di conciliazione fosse da considerarsi atto idoneo a
configurare la mora credendi della parte datoriale; in particolare è
stato puntualizzato che a tal fine rileva “…non tanto la formale offerta
esplicita (voglio tornare a lavorare), quanto la manifestazione della
volontà univoca a fare valere la sussistenza di un rapporto di lavoro
a tempo indeterminato che comporta giuridicamente il diritto a
riprendere il lavoro, certamente manifestato nella enunciazione
dell’azione in sede di T. O. C. Rileva, cioè, il contenuto giuridico della
richiesta e non già quello materiale”.
4.1 Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione di
norme di diritto e vizio di motivazione deduce che:
–
le lavoratrici non avevano indicato né depositato i documenti utili
a provare il danno di cui avevano chiesto il risarcimento, non
fornendo la prova del danno conseguito alla nullità della causale
che aveva fissato il termine;
8
18378/2006).
- ai fini risarcitori la parte datoriale avrebbe dovuto essere messa
cosicché la stessa non poteva essere automaticamente identificata
con la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione.
A conclusione del motivo è stato formulato il seguente quesito di
diritto: “Dica la Corte se, in caso di domanda di risarcimento danni
proposta dal lavoratore a seguito dell’intervenuto scioglimento del
rapporto di lavoro determinatosi per effetto dell’iniziativa del datore
fondata su clausola risolutiva contrattuale nulla, rimane a carico dello
stesso lavoratore in qualità di attore l’onere di allegare e di provare il
danno da “scioglimento del rapporto di lavoro fondato su clausola
risolutiva contrattuale nulla’.
4.2 In base all’art. 366 bis cpc (applicabile ratione temporis al
presente ricorso), nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma,
numeri 1), 2), 3) e 4), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo si deve
concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’articolo 360, primo
comma, n. 5), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere,
sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
9
in mora, con una manifestazione di volontà espressa ed inequivoca,
Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto
giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità,
formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od
affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco
l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU,
n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un
momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in
sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).
In particolare deve considerarsi che il quesito di diritto imposto
dall’art. 366
bis
cpc, rispondendo all’esigenza di soddisfare
l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella
cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una
più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione
nomofilattica della Suprema Corte di Cassazione, il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale,
e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del
motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla
fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello
10
dall’art. 366 bis cpc, deve consistere in una chiara sintesi logico-
stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni
l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile
di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto
all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 11535/2008; 19892/2007).
Conseguentemente è inammissibile non solo il ricorso nel quale il
suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in
modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi
d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, sì da dovere
essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia
formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile
accertamento di fatto; od, infine, sia formulato in modo del tutto
generico (cfr, ex plurimis, Cass., SU, 20360/2007, cit.).
4.3 Nel caso che ne occupa, con il motivo all’esame sono stati
denunciati sia la violazione di norme di diritto (riconducibile all’art.
360, comma 1, n. 3, cpc), che il vizio di motivazione (riconducibile
all’art. 360, comma 1, n. 5, cpc, ancorché nell’intestazione del motivo
non sia contenuta tale indicazione); il ricorso non contiene tuttavia il
richiesto momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle
censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali.
4.4Quanto al quesito di diritto, lo stesso è generico, non contenendo
lo specifico richiamo a quale, tra le plurime ragioni di doglianza
11
esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con
svolte, dovrebbe ricollegarsi la pretesa mancata allegazione e prova
in ordine al contenuto delle allegazioni e produzioni effettuate dalle
parti; in definitiva, pertanto, quale che fosse la risposta data al
quesito proposto, la stessa non consentirebbe, proprio per la
genericità del quesito, di riconoscere la fondatezza o meno della
doglianza svolta.
Ne discende quindi l’inammissibilità del motivo.
5. In ordine all’eccezione di aliunde perceptum la Corte territoriale
ha osservato che tale eccezione,
“…così come formulata
dall’appellante, propone una non condivisibile inversione dell’onere
deduttivo (e conseguentemente probatorio). Se, infatti, è vero che il
giudice debba tener conto del percepito purché la deduzione
concreta appartenga alla causa (…), è altrettanto vero che in difetto
di una spontanea deduzione del creditore l’onere di dedurre e
provare il diversamente percepito è da ritenersi a carico di chi
intende farlo valere in giudizio”.
5.1 Con il quarto motivo, denunciando violazione di norme di legge
(artt. 210 e 421 cpc) e nullità della sentenza e/o del procedimento, la
ricorrente si duole della omessa decisione sulla richiesta volta ad
ottenere l’esibizione dei libretti e delle buste paga al fine di
consentire una corretta determinazione degli eventuali corrispettivi
percepiti dal lavoratore per altre attività ed afferma che, nei casi di
12
del danno e richiede al contempo inammissibili accertamenti di fatto
specie,
l’aliunde perceptum
non avrebbe potuto che essere
dimostrare di non essere state occupate nei periodi in questione.
A conclusione del motivo è stato formulato il seguente quesito di
diritto: “Dica la Suprema Corte se, nel caso di oggettiva difficoltà
della parte ad acquisire precisa conoscenza degli elementi sui quali
fondare la prova a supporto delle proprie domande o eccezioni – e
segnatamente per la prova dell’aliunde perceptum – il Giudice debba
valutare le richieste probatorie con minor rigore rispetto all’ordinario,
ammettendole ogni volta che le stesse possano comunque
raggiungere un risultato utile ai fini della certezza processuale”.
5.2 Richiamando le considerazioni gia svolte nell’ambito della
disamina del precedente motivo, deve convenirsi per l’inammissibilità
anche di quello all’esame, posto che:
–
il quesito di diritto è generico, non contenendo alcun specifico
riferimento alla fattispecie concreta, e presuppone un’inammissibile
indagine fattuale sulla (peraltro genericamente) dedotta difficoltà
della parte ad acquisire precisa conoscenza degli elementi su cui
fondare le proprie domande od eccezioni;
–
il quesito non contiene alcun riferimento all’asserita necessità di
sostanziale inversione dell’onere della prova;
–
il motivo, peraltro, si limita ad enunciare il predetto assunto,
senza svolgere alcuna puntuale critica alle ragioni per le quali il
13
genericamente dedotto dall’istante, spettando invece alle controparti
medesimo non è stato ritenuto condivisibile dalla sentenza
6. Va considerato, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius
superveniens, che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una
nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia
in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr, Cass. 8
maggio 2006 n. 10547).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che
investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina
sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria.
Nel caso in esame i motivi del ricorso principale che investono il
tema al quale è riferibile la disciplina di cui all’art. 32, commi 5 0 , 6° e
7°, legge n. 183/10 sono il terzo e il quarto, testè esaminati, i quali,
come evidenziato, sono inammissibili.
Deve quindi convenirsi per l’inapplicabilità, in riferimento al ricorso
principale, del ricordato ius superveniens.
7. La Corte territoriale ha accolto il gravame proposto dalla Poste
Italiane spa nei confronti di Coscarelli Andrea sul rilievo che il
contratto stipulato da quest’ultimo ricadeva nel periodo di vigenza del
14
impugnata, onde la doglianza risulta altresì priva di specificità.
CCNL del 2001 e che il lavoratore non aveva dedotto il mancato
7.1 Con il primo motivo il ricorrente incidentale, denunciando
violazione dell’art. 23 legge n. 56/87 e dell’art. 25 CCNL Poste
11.1.2001, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto
della illegittimità della duplice causale apposta al contratto, posto che
l’apposizione del termine, ai sensi del ridetto art. 25 CCNL
11.1.2001, era stata giustificata per
“esigenze di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove
tecnologie, prodotti o servizi” nonché a fronte della “necessità di
espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel
periodo giugno-settembre”;
deduce il ricorrente incidentale che
l’introduzione, nell’ambito del medesimo contratto, onde giustificare
l’apposizione del termine, di due motivazioni alternative ed
ontologicamente estranee l’una rispetto all’altra, denoterebbe, già di
per sé, il carattere meramente fittizio e formale di tali causali, con
conseguente invalidità del termine.
Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 23 legge n.
56/87 e dell’art. 25 CCNL Poste 11.1.2001, nonché vizio di
motivazione, il ricorrente incidentale si duole che la Corte territoriale,
15
rispetto della cosiddetta quota percentuale.
non avendo colto la presenza di una “seconda causale” concernente
l’asserita necessità di sostituzione di personale in ferie, abbia, da un
lato, omesso di rilevare il mancato assolvimento da parte della
datrice di lavoro dei propri oneri probatori e, dall’altro, di valutare
quanto emerso dall’istruttoria circa le reali ragioni dell’assunzione (in
particolare evidenziando che, secondo quanto risultante dall’esperita
istruttoria testimoniale, l’assunzione era stata determinata anche da
esigenze, quali la sostituzione di personale in malattia, non
esplicitate nel contratto di lavoro).
7.2 Entrambi i motivi sono inammissibili atteso che:
– secondo quanto eccepito dalla controparte, pur essendo
entrambi fondati sull’art. 25 CCNL 11.1.2001, il ricorrente,
contravvenendo al disposto dell’art. 369, comma 2, n. 4, cpc, non ha
allegato al ricorso, nella sua interezza, il ridetto CCNL, né ha fornito
le necessarie indicazioni per il suo reperimento nel dimesso fascicolo
di parte, qualora fosse ivi rinvenibile;
– il ricorrente ha introdotto questioni, implicanti accertamenti di
fatto, non trattate nella sentenza impugnata; pertanto, giusta la
giurisprudenza di questa Corte, trova applicazione il principio
secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a
pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema
del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la
prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di
16
c
contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti
evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha
l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione
avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del
precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di
cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione,
prima di esaminarne il merito (cfr,
ex plurimis,
Cass., nn.
16303/2002; 2140/2006; 13958/2007); nel caso di specie, tuttavia, il
ricorrente incidentale non ha ottemperato a tali oneri, non
specificando se le questioni all’esame fossero state (e con quali
soluzioni) esaminate dal primo Giudice, né attraverso quali termini e
modi fossero state ritualmente sottoposte al Giudice del gravame.
8. In definitiva il ricorso principale merita accoglimento limitatamente
al primo motivo e deve essere disatteso nel resto, mentre il ricorso
incidentale va dichiarato inammissibile.
Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alla
censura accolta, con rinvio per nuovo esame al Giudice designato in
dispositivo, che, limitatamente alla controversia vedente tra la Poste
Italiane spa e Guerrini Katia, provvederà altresì sulle spese del
giudizio di cassazione.
La ricorrente principale va condannata, secondo la soccombenza, a
rifondere le spese di lite a favore di Geri Barbara e di Martinelli
17
di questioni rilevabili d’ufficio; per conseguenza il ricorrente, al fine di
Lorenza, liquidate come in dispositivo e da distrarsi a favore del
Il ricorrente incidentale va condannato, secondo la soccombenza, a
rifondere le spese di lite a favore della Poste Italiane spa, liquidate
come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso
principale, rigetta il secondo e dichiara inammissibili gli altri e il
ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla
censura accolta e, relativamente alla controversia relativa a Guerrini
Katia, rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bologna;
condanna la ricorrente principale alla rifusione delle spese in favore
di Geri Barbara e di Martinelli Lorenza, da distrarsi a favore dell’avv.
Marco Picchi e che liquida, per ciascuna, in euro 3.550,00
(tremilacinquecentocinquanta), di cui euro 3.500,00
(tremilacinquecento) per compensi, oltre accessori come per legge;
condanna il ricorrente incidentale alla rifusione delle spese in favore
della Poste Italiane spa, che liquida in euro 3.550,00
(tremilacinquecentocinquanta), di cui euro 3.500,00
(tremilacinquecento) per compensi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 18 aprile 2013.
difensore antistatario avv. Marco Picchi.