Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14469 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 15/07/2016, (ud. 12/06/2015, dep. 15/07/2016), n.14469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale e’ domiciliata in Rama alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.R., rappresentato e difeso dall’avv. Alfonso Senatore

ed elettivamente domiciliato in Cava de’ Tirreni alla piazza E. De

Marinis n. 10 presso l’avv. Marco Pisapia;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sez. 02, n. 190, depositata il 2 ottobre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

giugno 2015 dal Relatore Cons. Dott. Greco Antonio;

udita l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOIMMENTO DEL PROZESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, accogliendo l’appello di S.R., ne ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva:

in relazione a cinque avvisi di accertamento ai fini dell’IRPEG, dell’IRAP e dell’IVA per gli anni dal (OMISSIS) al (OMISSIS) emessi nei confronti del Centro Culturale e ricreativo (OMISSIS) con statuto registrato all’Ufficio del registro di Salerno al n. (OMISSIS) come ente non commerciale senza fini di lucro, con lo scopo di “promuovere, sviluppare e gestire iniziative culturali e sportive e del tempo libero” in persona del legale rappresentante G.A.;

in relazione ad altrettanti avvisi di accertamento per i detti periodi e per le medesime imposte, emessi nei confronti di S.R. (emerso dalla verifica come amministratore di fatto dell’associazione), nella qualita’ di autore della violazione, al quale, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 7, 12, 16 e 17, venivano irrogate le sanzioni pecuniarie in ragione del 120% delle imposte accertate;

ed ha dichiarato la nullita’ dei cinque avvisi di cui sopra emessi a carico dell’associazione Centro Culturale e ricreativo (OMISSIS), “per essere stati diretti al legale rappresentante” dell’associazione, G.A., ancorche’ costui fosse deceduto “otto anni prima della data in cui l’accertamento era stato a lui indirizzato nella qualita’”.

Dalla verifica compiuta nei confronti della detta associazione era infatti tra l’altro emerso, secondo il verbale di constatazione del (OMISSIS), che la contribuente aveva assunto la veste giuridica associativa, di Centro Culturale (OMISSIS), appunto, al fine di fruire del particolare regime di tassazione riservata agli enti non commerciali, dissimulando in realta’ attivita’ cammerciali vere e proprie, svolte da un soggetto, S.R., che era risultato detenere in concreto l’effettivo controllo economico dell’impresa.

S.R. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, art. 4 c.p.c., D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, l’amministrazione ricorrente sostiene essere illegittima la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato gli accertamenti emessi nei confronti di un’Associazione sulla base di un ricorso promosso da un socio, ritenuto autore della violazione, che non avrebbe potuto agire anche a favore della predetta Associazione per il divieto di sostituzione processuale stabilito” dalla prima norma in rubrica.

Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, sostiene essere viziata da extra petizione la sentenza impugnata per aver annullato gli avvisi di accertamento per un preteso vizio di forma (l’erronea individuazione del legale rappresentante dell’Associazione contribuente) che non era stato mai dedotto dal ricorrente ed in relazione al quale non si era instaurato alcun contraddittorio.

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto legati, sono entrambi fondati.

Fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, secondo il principio fissato dall’art. 81 c.p.c., nessuno puo’ far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

Secondo quanto risulta dalla stessa sentenza impugnata, nonche’ dal ricorso per cassazione, nel corpo del quale sono riportatati i cinque atti introduttivi del processo ed il ricorso in appello, e dal controricorso, la controversia in esame ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di S.R., degli atti di contestazione e irrogazione delle sanzioni – collegate all’IRPEG, all’IRAP e all’IVA per gli anni dal 1999 al 2003 di cui ai cinque avvisi di accertamento emessi nei confronti dell’associazione Centro Culturale e ricreativo (OMISSIS) – emessi nei confronti di S.R. in qualita’ di autore delle violazioni.

Posto che il processo tributario ha carattere impugnatorio, dunque, nella presente controversia il S. aveva proposto, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, ricorsi introduttivi avverso gli atti a suo carico emessi, e non anche avverso gli atti impositivi emessi a carico dell’associazione L.A., radicandosi in questi termini il contraddittorio.

Per un verso, quindi, era precluso al S. proporre domande aventi ad oggetto atti impositivi estranei al processo, emessi nei confronti di soggetti in esso non presenti, e non anche nei confronti di esso S.; per altro verso era precluso al giudice d’appello pronunciarsi su domande concernenti i detti atti impositivi, emessi nei confronti dell’associazione, senza che fosse stato instaurato nei confronti di questa il contraddittorio.

La Commissione regionale e’ percio’ incorsa in entrambi gli errori ad essa addebitati, annullando gli atti impositivi emessi nei confronti dell’associazione, ed annullandoli per vizi in relazione ai quali non si era instaurato con essa alcun contraddittorio.

Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c, n. 3 e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, assume essere valido l’avviso di accertamento rivolto ad un ente, nonostante l’erronea indicazione del suo legale rappresentante, allorquando l’errore non abbia inciso sull’inequivoca individuazione del contribuente e non abbia impedito la rituale notifica dell’atto, ed essere pertanto erronea la sentenza impugnata, che ha annullato gli avvisi di accertamento impugnati per il solo fatto che in essi era indicata una persona defunta.

Il motivo, per una parte coincidente con quello che precede, e’ fondato, alla luce del principio alla base dell’affermazione di questa Corte secondo cui “non assume rilievo, ai fini dell’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, la circostanza che questo sia stato notificato ad una societa’ in persona degli amministratori ornai deceduti e in base alla ragione sociale diversa da quella adottata in seguito ad una trasformazione di tipo sociale, risultando comunque la stessa societa’ intimata correttamente identificata, senza alcuna incertezza, come controparte del rapporto processuale, a prescindere dall’esatta individuazione dei rappresentanti legali, nonche’ dalla vicenda meramente modificativa consistente nel passaggio da un tipo ad un altro previsto dalla legge, la quale non incide sui rapporti sostanziali e processuali facenti ad essa capo” (Cass. n. 7253 del 2013).

Con il quarto motivo l’amministrazione ricorrente, con riguardo all’esclusa sussistenza di prove della personale responsabilita’ del S. quale amministratore di fatto e quale autore delle violazioni per i periodi d’imposta dal 1999 al 2003, denuncia “insufficiente ed illogica motivazione su fatti controversi della causa, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, per non avere la sentenza impugnata tenuto adeguato conto dei molteplici mezzi di prova che attestano l’attivita’ di gestione esercitata dal S. nel periodo in esame (dichiarazione concorde dei tre componenti del Consiglio di amministrazione, dichiarazione del sig. Sa., riscossione quote associative, riscossione canoni affitto)”.

Il motivo e’ infondato, in quanto con accertamento di fatto immune da vizi logici il giudice d’appello, all’esito della ricognizione delle fonti di prova e dell’esame della rispettiva rilevanza, ha ritenuto che “difetta in sostanza la prova che il S. abbia agito per i periodi d’imposta in esame, per cui non puo’ essere ritenuta la sua responsabilita’ ne’ in tema di imposte, ma neanche in tesa di sanzioni, risultando del tutto incerta la persona che per tali anni abbia con messo le contestate violazioni”, sicche’ la sentenza di primo grado va riformata, “dovendosi affermare che il S. non e’ l’autore certo o presunto delle violazioni contestate per i periodi sottoposti al vaglio… “.

Cio’ in quanto non risulta in punto di fatto “dal p.v.c. che il S. abbia gestito l’associazione per gli anni dal 1999 al (OMISSIS), risultando solamente che 15 soci hanno riferito che della gestione del circolo egli si e’ interessato per l’anno 2004” (successivo ed estraneo all’accertamento) – “tali dichiarazioni hanno maggiore credibilita’ di quelle rese da coloro che hanno rivestito effettivamente cariche elettive, dal momento che le dichiarazioni di questi ultimi, che nulla precisano in ordine ai periodo della gestione, sono verosimilmente dettate dall’interesse di escludere la propria personale responsabilita’ al riguardo”. Risulta tra l’altro – prosegue la sentenza impugnata – che la concreta gestione degli incassi era affidata ad Sa.Al., come si evince(p.v.c. alle pag. 20 e 21), da quanto da costui dichiarato.

Con il quinto motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 28, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, sostiene che contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR nell’impugnata sentenza, l’amministratore di fatto di ente non commerciale sia personalmente responsabile, solidalmente con l’ente da lui gestito, per il pagamento dei tributi che abbia consentito di evadere con il proprio comportamento”.

Il motivo deve essere disatteso, considerato che esso presuppone che il S. sia stato l’amministratore di fatto dell’associazione, laddove, come si e’ visto esaminando il motivo di ricorso che precede, non risulta in punto di fatto dal p.v.c. che il S. abbia gestito l’associazione per gli anni dal 1999 al 2003 e “difetta in sostanza la prova che il S. abbia agito per i periodi d’imposta in esame, per cui non puo’ essere ritenuta la sua responsabilita’ ne’ in tema di imposte, ma neanche in tema di sanzioni, risultando del tutto incerta la persona che per tali anni abbia commesso le contestate violazioni”.

In conclusione, i primi tre motivi del ricorso devono essere accolti, mentre vanno rigettati il quarto ed il quinto motivo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria della Campania.

PQM

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso e rigetta il quarto ed il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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