Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14469 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14469 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 8827-2011 proposto da:
ENAV –

(ENTE NAZIONALE ASSISTENZA VOLO)

S.P.A.

02152021008, in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
GRAMSCI 54, presso lo studio dell’avvocato ZELA
MARINA, che lo rappresenta e difende unitamente
2013

all’avvocato VITALI DANILO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

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contro

BALLETTA MASSIMILIANO BLLMSM70S24E263J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo

Data pubblicazione: 07/06/2013

studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI,

che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

5293/2009 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 25/03/2010 r.g.n. 8501/08;

udienza del 17/04/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato VITALI DINO;
udito l’Avvocato PANICI PIER LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25.3.2010, la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del gravame
proposto da Balletta Massimiliano ed in riforma dell’impugnata decisione, dichiarava
l’illegittimità, ai sensi dell’art. 18 I. 300/70, del licenziamento intimato al predetto in data
20.7.2006 e, per l’effetto, ne ordinava all’Enav spa la reintegrazione nel posto di lavoro,
condannando la stessa società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni

territoriale che, secondo orientamento giurisprudenziale costante, la carcerazione
preventiva del lavoratore per fatti estranei allo svolgimento del rapporto di lavoro non
costituiva inadempimento di obblighi contrattuali, ma integrava un fatto oggettivo
determinante una sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa in
relazione alla quale la persistenza nel datore dell’interesse a ricevere le ulteriori
prestazioni del dipendente detenuto doveva essere valutata secondo criteri obiettivi, ai
sensi dell’art. 3, seconda parte, della I. 604/66, e cioè con riferimento alle esigenze della
azienda da valutarsi con giudizio “ex ante” e non “ex post”, con riguardo alle dimensioni
dell’azienda, al tipo di organizzazione tecnico produttiva, alla ragionevolmente prevedibile
durata della custodia cautelare e ad ogni circostanza rilevante ai fini della determinazione
della misura della tollerabilità dell’assenza. Nel caso specifico era risultato che presso
l’aeroporto di Venezia, sede di lavoro dell’appellante – inviato in missione temporanea
presso l’Aeroporto di Roma—Ciampino fino al 30.9.2006 — non vi era carenza di organico,
essendo state disposte nuove assunzioni e che a Roma il lavoratore non poteva svolgere
attività di controllore da solo dovendo essere affiancato da controllore titolare, che pertanto
vi erano decisivi elementi nel senso della tollerabilità dell’assenza dell’appellante senza
pregiudizio delle obiettive esigenze di copertura del servizio, soddisfatte, come acclarato,
da una diffusa mobilità territoriale. Vero è che, essendo stato invitato a fornire ragguagli
sulla custodia cautelare del proprio assistito, il difensore del lavoratore aveva omesso di
comunicare notizie al riguardo, non consentendo alla società di acquisire contezza “ex
ante” della presumibile durata della carcerazione preventiva in relazione al tipo di reato
imputato al Balletta ed alla fase in cui si trovava il procedimento penale, ma tuttavia —
osservava la Corte del merito – la decisione di risolvere il rapporto era stata avventata, in
quanto assunta dopo appena due mesi di indisponibilità del lavoratore, pure in presenza di
un contesto di sostanziale tollerabilità dell’assenza alla stregua di tutti i criteri enucleati
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dalla data del 15.11.2006 sino alla data della sentenza di appello. Rilevava la Corte

dalla S. C. al riguardo. Quindi, pur se non resa edotta in anticipo della prevedibile durata
dell’assenza del lavoratore, la società presentava una serie di condizioni
complessivamente tali da rendere da essa sopportabile, per un congruo anche prolungato
periodo, l’assenza del lavoratore astretto in carcere, senza pregiudizio per l’attività
aziendale.
Per la cassazione della decisione ricorre l’ENAV s.p.a., affidando l’impugnazione ad unico

Il Balletta resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’ENAV s.p.a denunzia, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c, violazione e falsa
applicazione degli artt. 1463 e 1464 c. c. e dell’art. 3 I. 604/66, nonché vizio di
contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, per avere la Corte
d’appello di Roma ritenuto non decisiva la circostanza che la società non sia stata posta
nella condizione di effettuare una previsione preventiva della “durata dell’assenza dal
luogo di lavoro” del Balletta ristretto in carcere, dopo avere premesso la necessità di una
valutazione prognostica del dato temporale dell’assenza, e per avere, invece, ritenuto
tollerabile l’assenza del lavoratore, in forza di una valutazione ex post del periodo
medesimo e, comunque, “per un congruo, anche prolungato, periodo”, vista la presenza
degli altri indici di sopportabilità. Assume l’insanabile incoerenza dell’iter motivazionale
laddove, dopo avere premesso che nel caso di carcerazione preventiva la persistenza nel
datore dell’interesse a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente detenuto deve essere
valutata con giudizio “ex ante” (al momento del licenziamento, tenuto conto della
prevedibile durata della custodia cautelare), ha, poi, ritenuto che era stata avventata la
decisione di risolvere il rapporto dopo appena due mesi di indisponibilità del lavoratore, in
un contesto di sostanziale tollerabilità dell’assenza alla stregua degli altri elementi, come
era emerso anche alla relativamente sollecita liberazione del dipendente, e quindi con
valutazione condotta con criterio “ex post”. Aggiunge che la regola iuris richiamata è stata
disapplicata, non tenendosi conto, tra gli altri criteri, della prevedibile durata della
carcerazione, con sovversione del logico e ragionevole ordine di indagine, e che il congruo
anche prolungato periodo di tollerabilità dell’assenza del lavoratore era concetto di
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motivo, illustrato con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

carattere indefinito ed indeterminato. Osserva che le valutazioni del giudicante in relazione
all’impatto dell’assenza sulle esigenze di copertura del servizio, in ragione di
considerazioni attinenti all’organizzazione tecnico produttiva, avevano un senso solo se ed
in quanto riferite ad un’assenza limitata a quattro mesi complessivi, laddove erano da
ritenere totalmente inadeguate se riferite ad un arco temporale di durata indeterminabile.
Va affermato, in conformità ad orientamento giurisprudenziale reiteratamente espresso in

stato di detenzione del lavoratore, per fatti estranei al rapporto di lavoro non costituisce
inadempimento degli obblighi contrattuali, ma integra gli estremi della sopravvenuta
temporanea impossibilità della prestazione, che giustifica il licenziamento solo ove, in base
ad un giudizio “ex ante” — che tenga conto delle dimensioni dell’impresa, del tipo di
organizzazione tecnico-produttiva in essa attuato, della natura ed importanza delle
mansioni del lavoratore detenuto, nonché del già maturato periodo di sua assenza, della
ragionevolmente prevedibile ulteriore durata della sua carcerazione, della possibilità di
affidare temporaneamente ad altri le sue mansioni senza necessità di nuove assunzioni e,
più in generale, di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della misura
della tollerabilità dell’assenza — costituisca un giustificato motivo oggettivo di recesso, non
persistendo l’interesse dal datore di lavoro a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente
detenuto (cfr. Cass. 12721/2009 cit.). La Corte territoriale ha proceduto ad una
valutazione di merito sulla prevedibilità della durata dello stato di carcerazione ed ha
ritenuto – anche in base ai principi di buona fede e correttezza e sulla base della
prevedibilità dello stato di detenzione impeditivo della prestazione, nonché alla stregua di
considerazioni relative alla sostenibilità da parte dell’azienda dell’assenza del dipendente
— che il licenziamento non poteva ritenersi legittimo. Non solo la società non aveva
acquisito notizie per valutare correttamente la situazione in cui versava il Balletta, ma non
aveva avuto riguardo neanche al maturato periodo di custodia cautelare, di appena due
mesi, a fronte di una situazione caratterizzata da elementi che costituivano sicuri indici di
tollerabilità dell’assenza, quali il ruolo ricoperto dal Balletta presso l’aeroporto di Roma —
Ciampino, ove lo stesso era stato inviato in missione e svolgeva la propria attività
affiancato da controllore titolare, una situazione di organico tutt’altro che carente presso
l’aeroporto di Venezia, sede di lavoro del resistente, una diffusa mobilità territoriale,
elementi tutti che in modo tutt’altro che irragionevole hanno indotto il giudice del gravame
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sede di legittimità (cfr. Cass. 5 maggio 2003 n. 6803; Cass. I giugno 2009 n. 12721) che lo

a qualificare come avventata una decisione di risoluzione del rapporto in un contesto che
ne rendeva possibile una ulteriore prosecuzione. Ed invero una valutazione ex ante non
poteva sicuramente, dopo appena due mesi di assenza di prestazione, indurre a ritenere
intollerabile la stessa, alla stregua di un contesto ambientale e lavorativo tutt’altro che
ostativo rispetto alla procrastinazione di ogni ultimativa decisione.
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di

recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a
mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e
inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di
legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta
fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o
contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo
quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle
risultanze di causa (cfr. Cass. 26 marzo 2010 n. 7394 e, in senso conforme, Cass. 16
luglio 2010 n. 16698). Nella specie, più che censurare l’applicazione di erronei parametri
valutativi in una fattispecie di inadempimento per impossibilità temporanea della
prestazione, al di là di una critica generica all’inadeguatezza del riferimento, da parte del
giudice del gravame, alla circostanza della sollecita liberazione del Balletta (dato che
ricondurrebbe ad una non consentita valutazione ex post) — che tuttavia viene dal giudice
del gravame richiamata unicamente quale conferma della bontà di una prognosi di durata
dell’assenza ancorata a giudizio ex ante — la società ricorrente sollecita una inammissibile
ulteriore valutazione degli elementi sottoposti all’esame del giudice del merito, con
apprezzamento dell’eventuale ingiustizia della ricostruzione operata nella sentenza
impugnata . E ciò in contrasto con i principi che regolano il ricorso per cassazione, che
conferiscono al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda
processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta,
in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo,
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un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta

quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi,
dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i
casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 16.12.2011 n. 27197).
Nella specie non risulta che le doglianze abbiano evidenziato i profili rilevanti del vizio
motivazionale dedotto – nel quale il ricorrente si duole della intrinseca contraddittorietà
dell’iter argomentativo – nè risultano chiariti gli aspetti di decisività della critica avanzata,

valutazione dell’interesse del datore alla prosecuzione del rapporto a fronte di una
impossibilità temporanea della prestazione.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della società e si liquidano
nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese di lite del
presente giudizio, liquidate in euro 50,00 per esborsi ed in euro 4000,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 17.4.2013

rispetto ad una ricostruzione logica e coerente operata dalla Corte territoriale, ai fini della

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