Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14468 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14468 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 25623-2010 proposto da:
OSPEDALE PEDIATRICO BAMBINO GESU’ 80403930581, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 25-B, presso
lo studio degli avvocati PESSI ROBERTO e GENTILE
GIOVANNI GIUSEPPE, che lo rappresentano e difendono
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

f,1386

contro

– GENERALI BUSINESS SOLUTION S.C.P.A., di seguito
società soggetta alla direzione e coordinamento di

Data pubblicazione: 07/06/2013

ASSICURAZIONI

GENERALI

S.P.A,

mandataria

e

rappresentante della società INA ASSITALIA S.P.A.
già ASSITALIA – LE ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A., in
persona

dei

procuratori

speciali,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo
che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;
MARCANIO GIANCARLO MRCGCR44L10H501D,
PATRICK

MRCPRC77L29H501G,

MARCANIO

MARCANIO
RICCARDO

MRCRCR79D02H501H, nella loro qualita’ di eredi
rispettivamente marito e figli, della Signora CARAYON
NICOLE MARIE VERONIQUE – elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio
dell’avvocato ANGELOZZI GIOVANNI, che li rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7560/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 28/10/2009 r.g.n. 4184/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

17/04/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato CONFESSORE LORENZO per delega PESSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato ANGELOZZI GIOVANNI;
udito l’Avvocato CAVALIERE ALBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

studio dell’avvocato ALBERTO CAVALIERE,

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto in subordine accoglimento per quanto di

ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Roma, accogliendo il ricorso proposto da Carayon
Nicole, condannò l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, di cui la

morale conseguente alla patologia contratta (carcinoma mammario)
e l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia spa alla rifusione all’Ospedale
di quanto quest’ultimo avrebbe pagato alla ricorrente nella misura del
55%.
Con sentenza del 28.10.2008 – 28.10.2009, la Corte d’Appello di
Roma ha rigettato il gravame della parte datoriale e, in accoglimento
di quello spiegato dalla Società assicuratrice, ha rigettato l’originaria
domanda proposta nei confronti di quest’ultima.
A sostegno del decisum la Corte territoriale ha ritenuto quanto
segue:
– la Carayon, già dipendente dell’Ospedale Pediatrico Bambino
Gesù, aveva svolto, per oltre un ventennio, mansioni di tecnico e poi
di capotecnico del reparto di radiologia; nel luglio del 1989 le era
stato rilevato un carcinoma mammario, a cui era seguito intervento
chirurgico e chemioterapia, con successive metastasi che l’avevano
resa invalida; con sentenza del 16.11.2001 (passata in giudicato), il
Tribunale di Roma aveva accertato la natura professionale della
patologia sopra indicata, ritenendo sussistente il nesso di causalità
tra l’attività di lavoro e la malattia contratta, con accertamento di una
riduzione della capacità lavorativa del 100%, con conseguente diritto
a rendita;

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ricorrente era stata dipendente, al risarcimento dei danni biologico e

-

la suddetta sentenza, accertativa della natura professionale della

malattia posta a fondamento della presente controversia, costituiva
elemento di sicura rilevanza nella valutazione della rapportabilità

quanto alla specifica responsabilità datoriale, doveva rilevarsi che

la pregressa patologia di radiotermite, riscontrata nella Carayon, con
data certa, sin dal 1990 (dai medici dell’Inail), messa in
corrispondenza con il cattivo funzionamento dei macchinari in uso
presso il reparto di radiologia (essendo in atti lettere, risalenti al
1989, 1990, 1992-93, a firma dei primari del reparto, di segnalazione
di guasti e di emissione eccessiva di radiazioni da parte dei
macchinari), era indice di sicura conoscenza o, quantomeno, di facile
conoscibilità di una situazione a rischio, che il datore di lavoro aveva
l’onere di prevedere e garantire da possibili conseguenze negative;

l’art. 2087 cc impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure

che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l’integrità fisica, e la personalità morale
dei prestatori di lavoro, ed agisce come norma di chiusura del
sistema di previsioni legislative messe in campo per la tutela della
persona del lavoratore; tale norma impone al datore di lavoro anche
l’obbligo di valutare e prevenire possibili rischi, naturalmente sulla
base delle conoscenze, esperienze e tecniche maturate ed a lui
astrattamente ricollegabili, tali da individuare tutte le necessità
concrete, utili alla salute ed alla integrità psico-fisica del lavoratore; il
datore di lavoro è quindi tenuto ad individuare tutte le situazioni di

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dell’evento patologico alla attività di lavoro;

specifico rischio, anche al di là dell’osservanza delle singole misure
dettate da legislazioni speciali, evidentemente non sempre sufficienti
a regolare il caso concreto;
pertanto il datore di lavoro deve provare di aver fornito ed

adottato tutte le misure necessarie a garantire il prestatore di lavoro,
con ciò intendendosi non soltanto le misure direttamente previste da
eventuali disposizioni vigenti nella materia, ma anche le misure che,
in concreto, la fattispecie presenti come necessarie, e siano, al
contempo, nella disponibilità (considerata in astratto), di conoscenze,
di tecniche e di esperienza del datore di lavoro e della categoria
imprenditoriale a cui lo stesso appartiene; quindi il datore di lavoro
ha l’obbligo di adottare tutte le misure che, in campo scientifico,
tecnico e di comune esperienza siano utili a prevenire ed evitare
rischi legati a quella prestazione di lavoro, ovvero a sue specifiche
modalità attuative;

nel caso di specie l’Ospedale non aveva fornito alcuna prova nel

senso suddetto, né aveva inserito nel processo alcun elemento di
contrasto per controbattere alle allegazioni documentali di parte
avversa;

in ordine all’interpretazione delle clausole della polizza di

assicurazione stipulata tra l’Assitalia e l’Ospedale, doveva rilevarsi
che l’Appendice alle Condizioni Generali, RC Fonti Radioattive,
faceva espresso riferimento soltanto a danni cagionati a “terzi” ed in
tale categoria non era possibile annoverare i dipendenti
dell’Ospedale, già espressamente considerati da altra clausola

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contrattuale; infatti l’art. 1 delle Condizioni Generali di assicurazione
prevedeva, nelle due ipotesi delle lettere A) e B), rispettivamente, la

“responsabilità verso terzi” e la “responsabilità verso i prestatori di

indenne l’Ospedale da quanto questi fosse tenuto a pagare per i
danni sofferti dai dipendenti per gli “infortuni – escluse le malattie

professionali”;

tale specificazione della norma contrattuale,

attestativa di responsabilità per i soli infortuni che riguardassero i
dipendenti, con esclusione delle malattie professionali, non lasciava
dubbi circa la voluta circoscrizione ai soli infortuni occorsi ai
dipendenti, cosicché le malattie professionali (per le quali era
operativa la disciplina e la tutela fornita dall’Inail), restavano escluse
dalla previsione della polizza in questione; ciò non poteva ritenersi
contrastato dall’Allegato RC Fonti Radioattive, espressamente
riguardante la responsabilità verso “terzi”, non confondibili, per le
predette ragioni interpretative, con i dipendenti, poiché se invece le
parti contrattuali avessero voluto ampliare la copertura assicurativa
anche a responsabilità da fonti radioattive per i dipendenti avrebbero
espressamente indicato, come fatto nelle Condizioni Generali, questi
ultimi accanto ai “terzi”.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù ha proposto ricorso per cassazione
fondato su otto motivi e illustrato con memoria.

lavoro” e in tale ultima previsione l’Assitalia si obbligava a tenere

Marcanio Giancarlo, Marcanio Patrick, Marcanio Riccardo, quali
eredi di Carayon Nicole Marie Veronique, hanno resistito con
controricorso.

rappresentante della ma Assitalia spa, ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di
plurime norme di legge (artt. 2087, 1218, 1223,1176 cc) e
deducendo che spetta al lavoratore allegare l’inadempimento della
parte datoriale, si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto la
responsabilità di esso ricorrente solo in quanto sarebbe stata
confermata un’esposizione a radiazioni (peraltro al disotto dei limiti di
legge) e l’insorgenza di una malattia, trascurando qualsiasi analisi
sulla violazione da parte del datore degli obblighi di prevenzione
stabiliti dalla legge o dallo sviluppo tecnologico; in particolare la
sentenza richiamata dalla Corte territoriale, resa nel giudizio fra la
lavoratrice e l’Inail, non poteva avere alcuna valenza ai fini della
prova sulla sussistenza del nesso di causalità necessario per
configurare la responsabilità ai sensi dell’art. 2087 cc, in quanto tale
giudizio non aveva avuto ad oggetto la verifica del collegamento
eziologico tra condotta datoriale (vietata) e malattia, ma, al più, tra la
prestazione lavorativa, che poteva intrinsecamente contenere dei
fattori di rischio nonostante tutte le cautele adottate dal datore di
lavoro, e la malattia; per contro la responsabilità colpevole del datore
di lavoro poteva ravvisarsi solo in caso di esposizione vietata dalla

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La Generali Business Solutions s.c.p.a, quale mandataria e

normativa di riferimento; al contempo doveva rilevarsi l’irrilevanza
della radiodermite al fine della prova del nesso causale; doveva
inoltre ritenersi che sarebbe stato possibile configurare una

legge o tecniche utilizzate dai datori di lavoro della medesima
categoria professionale; nel caso specifico il nosocomio aveva
rispettato ogni prescrizione di legge e di cautela; le missive ricordate,
risalenti al 1989, 1990, 1992-93 e a firma dei primari del reparto, non
potevano ritenersi idonee a provare la colpevolezza e la noncuranza
dell’Ospedale.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, il ricorrente
si duole che la Corte territoriale, in relazione alla natura multi
eziologica della malattia, non abbia tenuto conto di altri fattori, quali
l’età e i livelli ormonali della lavoratrice, nonché dell’attività lavorativa
espletata dalla medesima, sempre in un reparto di radiologia, prima
della sua assunzione da parte di esso ricorrente.
Con il terzo motivo, denunciando violazione di plurime norme di
legge (artt. 1218, 1223, 1176, 2087, 2697 cc e 115 cpc) e
ricollegandosi ad argomentazioni già svolte nel primo, il ricorrente si
duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che esso
ricorrente aveva provato il rispetto di ogni obbligo di legge ed altresì
una particolare attenzione nel garantire standard di sicurezza
adeguati, documentando livelli di esposizione sempre largamente
inferiori alla dose massima ammessa dalla legge, onde non era dato

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responsabilità datoriale solo qualora fossero state violate norme di

comprendere cosa avrebbe dovuto far di più per proteggere la
lavoratrice.
Con il quarto motivo, denunciando vizio di motivazione e ancora

deduce che i malfunzionamenti di cui alle missive ricordate dalla
Corte territoriale non potevano avere avuto alcuna rilevanza nel caso
di specie, sia alla luce delle testimonianze acquisite al riguardo, sia
tenuto conto della data della prima di tali missive e del coevo
insorgere del carcinoma a carico della lavoratrice.
Con il quinto motivo, denunciando violazione della normativa
specifica in tema di esposizione a radiazioni (dpr n. 185/64 e dm
6.6.1968), il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia
attribuito alcun rilievo alla predetta normativa specifica e non abbia
tenuto presente che esso ricorrente aveva sempre rispettato i limiti
ivi stabiliti, dovendosi così escludere la possibilità di configurare
qualsivoglia ipotesi di responsabilità colposa ai sensi dell’art. 2087
cc.
Con il sesto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione,
dolendosi che la Corte territoriale non abbia motivato la ragione per
cui le deduzioni e le prove offerte da esso ricorrente sarebbero state
prive di fondamento, laddove, al contrario, era stato dimostrato il
rispetto dei precetti di legge e il mancato raggiungimento delle soglie
massime stabilite per l’esposizione a radiazioni.
Con il settimo motivo il ricorrente, denunciando nullità parziale della
sentenza, violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, si

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ricollegandosi ad argomentazioni già svolte nel primo, il ricorrente

duole che la Corte territoriale, non tenendo in considerazione lo
specifico motivo di gravame svolto al riguardo, non abbia affrontato
la questione relativa all’applicabilità al caso di specie della polizza di

(contraddistinta dal n. 73/50/819473/17 e successivamente
modificata e integrata con diverse appendici), in luogo di quella
relativa alla responsabilità civile (contraddistinta dal n.
73/60/828631/57).
Con l’ottavo motivo, svolto nell’ipotesi di rigetto del precedente, il
ricorrente, denunciando violazione delle norme relative ai canoni di
ermeneutica (artt. 1362, 1362, 1367, 1369 e 1370 cc), si duole che
la Corte territoriale abbia ritenuto che la polizza sulla responsabilità
civile (contraddistinta dal n. 73/60/828631/57) non sarebbe stata
applicabile al caso di specie, deducendo che, nella polizza R.C.
Fonti radioattive, per terzi dovevano essere intesi gli estranei al
rapporto assicurativo, ivi compresi quindi anche i dipendenti, e che,
sempre in base alle condizioni particolari della polizza (e non a
quelle generali), in difetto di esclusione al riguardo, anche le malattie
professionali dovevano essere incluse tra gli eventi coperti.
2. I primi sei motivi di ricorso, fra loro connessi, possono essere
esaminati congiuntamente.
2.1 11 ricorrente ha dedotto che alla sentenza resa nel giudizio fra la
lavoratrice e l’Inail non poteva essere attribuita valenza probatoria
della sussistenza del nesso di causalità necessario per configurare
la sua responsabilità ai sensi dell’art. 2087 cc, posto che quel

lo

assicurazione contro gli infortuni stipulata sempre con l’Assitalia

giudizio aveva riguardato soltanto il collegamento tra la prestazione
lavorativa e la malattia.
La censura, così come svolta, non coglie tuttavia nel segno, atteso

non già per fondarvi la responsabilità datoriale, ma al limitato scopo
di inferirne la natura professionale della malattia, ossia la
dipendenza dalla prestazione lavorativa svolta; circostanza che,
sotto tale e limitato profilo, non è stata oggetto di specifica censura
(avendo anzi il ricorrente riconosciuto che tale prestazione lavorativa
poteva intrinsecamente contenere dei fattori di rischio nonostante
tutte le cautele adottate dal datore di lavoro).

2.2 Piuttosto, secondo quanto già diffusamente esposto nello storico
di lite, la Corte territoriale ha invece riconosciuto la responsabilità
datoriale facendo riferimento alla pregressa patologia di radiotermite,
riscontrata nella Carayon sin dal 1990, in corrispondenza con il
cattivo funzionamento dei macchinari in uso presso il reparto di
radiologia (secondo quanto risultante dalle richiamate lettere di
segnalazione guasti e di emissione eccessiva di radiazioni da parte
dei macchinari), derivandone la conoscenza o, quanto meno, la
conoscibilità da parte del datore di lavoro di una situazione di rischio,
che il medesimo avrebbe avuto l’onere di prevedere e garantire da
possibili conseguenze negative.
Al contempo la Corte territoriale ha evidenziato come il datore di
lavoro sia tenuto ad individuare tutte le situazioni di specifico rischio,
anche al di là dell’osservanza delle singole misure dettate da

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che la Corte territoriale ha fatto riferimento alla predetta sentenza

legislazioni speciali, siccome non sempre sufficienti a regolare il
caso concreto; tale impostazione deve ritenersi conforme
all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui

imposto dall’art. 2087 cc è un obbligo di prevenzione che impone al
datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure
tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo
d’attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune
prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano
necessarie per proteggere il lavoratore dai rischi connessi tanto
all’impiego d’attrezzi e macchinari quanto all’ambiente di lavoro, e
deve essere verificato, nel caso di malattia derivante dall’attività
lavorativa svolta, esaminando le misure in concreto adottate dal
datore di lavoro per prevenire l’insorgere della patologia (cfr,

ex

plurimis, Cass., nn. 17314/2004; 2444/2005; 6337/2012).
Non appare quindi condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui il
dedotto rispetto della normativa specifica di cui al dpr n. 185/64 e del
dm 6.6.1968 (in vigore all’epoca dei fatti per cui è causa)
escluderebbe la possibilità di configurare una sua responsabilità
colposa ai sensi dell’art. 2087 cc.
Né è condivisibile l’ulteriore doglianza secondo cui la Corte
territoriale non avrebbe tenuto conto delle emergenze probatorie
asseritamente confermative del rispetto delle prescrizioni stabilite
dalla ridetta normativa speciale, anche con riferimento ai livelli di
esposizione massima consentita, avendo invece la sentenza

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l’adempimento dell’obbligo di tutela dell’integrità fisica del lavoratore

impugnata rilevato, nei termini già indicati, l’esistenza di una
concreta situazione di rischio dovuta all’emissione eccessiva di
radiazioni da parte dei macchinari (con ciò implicitamente
esprimendo la prevalenza, sotto il profilo probatorio, delle richiamate
risultanze rispetto agli altri elementi di giudizio acquisiti) ed al
contempo evidenziando, con rilievo che deve logicamente essere
riferito alla situazione di rischio concretamente accertata, come il
datore di lavoro non avesse fornito la prova di avere adottato tutte le
misure utili a prevenire i rischi legati alla prestazione lavorativa.
Il che appare giuridicamente conforme all’orientamento di questa
Corte, secondo cui, stante la natura contrattuale della responsabilità
ex art. 2087 cc, una volta che il lavoratore abbia allegato e provato
l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, il danno ed il nesso causale
di questo con la prestazione, è onere del datore di lavoro, in
ottemperanza al disposto dell’art. 1218 cc, provare che il danno è
dipeso da causa a lui non imputabile e cioè di avere adempiuto al
suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il
danno (cfr,

ex plurimis,

Cass., nn. 21590/2008; 9817/2008;

4184/2006).
2.3 Non possono parimenti essere accolte le censure inerenti alla

(pretesa) irrilevanza degli elementi di giudizio valorizzati dalla Corte
territoriale, risolvendosi quella inerente alla radiotermite
nell’enunciazione di considerazioni di carattere medico in relazione
alle quali neppure viene indicata la fonte di eventuale acquisizione in
giudizio ed essendo quella afferente alle lettere richiamate nella

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sentenza impugnata priva del requisito dell’autosufficienza, stante la
mancata trascrizione in ricorso del loro contenuto.
Del tutto generica e, come tale, inammissibile, risulta altresì la

concause nell’insorgenza della malattia, non essendo state neppure
indicate le fonti probatorie dalle quali avrebbe dovuto desumersi che
la pregressa attività lavorativa della Carayon si era svolta in un
reparto di radiologia e, tanto meno, in base a quali elementi probatori
avrebbe potuto ritenersi che a tale attività dovesse essere ricondotta
la malattia.
Più in generale deve peraltro osservarsi che, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per
cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il
profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale,
delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto
estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di
legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito
attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie; con la
conseguenza che il vizio di motivazione, sotto il profilo della
omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi
sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito,
siano rinvenibile tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di
punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili

doglianza inerente alla dedotta omessa verifica di altre cause o

d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le
argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della
Cass., nn. 824/2011; 13783/2006;

11034/2006; 4842/2006; 8718/2005; 15693/2004; 2357/2004;
12467/2003; 16063/2003; 3163/2002); il che, per le ragioni già
espresse, deve escludersi nel caso in esame, avendo la Corte
territoriale specificamente indicato le fonti probatorie del proprio
convincimento attraverso un percorso argomentativo immune da vizi
logici.
2.41 motivi all’esame, nei distinti profili in cui ai articolano, non

possono quindi trovare accoglimento.
3. lI settimo motivo deve invece ritenersi fondato.

La Corte territoriale non ha infatti esaminato la questione (oggetto di
censura) relativa all’applicabilità al caso di specie della polizza di
assicurazione contro gli infortuni stipulata con l’Assitalia e
contraddistinta dal n. 73/50/819473/17, limitando la sua indagine alla
diversa polizza relativa alla responsabilità civile.
Né appare condivisibile l’assunto della controricorrente Generali
Business Solutions s.c.p.a secondo cui non sarebbe configurabile il
vizio di omessa pronuncia stante la novità e conseguente
inammissibilità della domanda; risulta infatti dalla stesso
controricorso che l’Ospedale, già nella memoria di costituzione di
primo grado, aveva allegato la titolarità della polizza n.
73/50/819473/17 e dedotto, in relazione a tale polizza, che “L’evento

15

decisione (cfr, ex plurimis,

de quo rientra dunque nell’oggetto dell’assicurazione e pertanto,
nell’inconcessa ipotesi in cui trovasse conferma la ricostruzione dei
fatti di causa esposta da controparte, del danno lamentato dovrebbe

d’Italia” S.p.A. alla quale l’Ospedale ha presentato denuncia
cautelativa a norma di contratto”; dal che discende che la questione

dell’applicabilità di tale polizza era stata tempestivamente introdotta
in causa fin dal primo grado di giudizio.
L’accoglimento del settimo motivo comporta l’assorbimento
dell’ottavo, siccome svolto nell’ipotesi di rigetto del precedente.
4. In definitiva il ricorso merita accoglimento nei limiti testé indicati,
con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione
al motivo accolto e rinvio, per nuovo esame, al Giudice designato in
dispositivo, che provvederà altresì sulle spese del giudizio di
cessazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, dichiara assorbito
l’ottavo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione
alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello
di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2013.

rispondere la società assicuratrice, oggi “Assitalia – Le Assicurazioni

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