Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14467 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14467 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 10628-2010 proposto da:
INTESA SANPAOLO S.P.A.00799960158, (già SANPAOLO IMI
S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato
TARTAGLIA FURIO, che la rappresenta e difende
2013
1385

unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

e
t

contro

APPIGNANESI DAVID PPGDVD28B03A739G,

elettivamente

Data pubblicazione: 07/06/2013

domiciliato in ROMA, VIA LIVORNO 42, presso lo studio
dell’avvocato LONETTI PEPPINO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controrícorrente

avverso la sentenza n. 8261/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

17/04/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato RENATO SILVESTRI per delega FURIO
TARTAGLIA;
udito l’Avvocato LONETTI ROSSELLA per delega LONETTI
PEPPINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso. –

di ROMA, depositata il 16/10/2009 r.g.n. 6019/06;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18.11.2008 – 16.10.2009, la Corte d’Appello di
Roma rigettò il gravame proposto dalla Sanpaolo Imi spa (già Istituto

David avverso la sentenza di prime cure che, sulla base della
pronuncia del Pretore di Torino, passata in giudicato, che aveva
stabilito l’obbligo dell’Istituto di credito di tenere ferma per l’appellato
“la copertura sanitaria estesa ai pensionati con lettera del 22
settembre 1989 del Crediop alle condizioni e con le prestazioni alla
data del pensionamento”, aveva accertato l’inadempimento di tale
obbligo e aveva condannato la Banca al pagamento delle somme
richieste per il risarcimento del danno.
A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che:

il mancato assenso alla stipula della polizza da parte della

compagnia assicuratrice Assitalia avrebbe dovuto essere fatto valere
nel giudizio conclusosi con l’accertamento dell’obbligo e il giudicato
formatosi sulla relativa pronuncia precludeva che nel presente
giudizio fossero sollevate questioni idonee a rimettere in discussione
tale accertamento;
sotto diverso profilo, l’appellante, su cui incombeva il relativo
onere, non aveva dedotto, né richiesto di provare, di essersi
diligentemente adoperato o attivato a fronte del rifiuto del terzo ad
adempiere;

correttamente il primo Giudice,

una volta accertato

l’inadempimento e ritenute insussistenti le ragioni addotte, aveva

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Bancario San Paolo di Torino spa) nei confronti di Appignanesi

ritenuto la fondatezza della pretesa risarcitoria, quantificandola nei
premi versati dall’interessato per assicurare a sé e alla sua famiglia
un’analoga copertura sanitaria (dedotti gli importi ricevuti dalla Cassa

alle somme pagate per spese mediche sostenute nel periodo di
mancata copertura e che sarebbero state corrisposte ove una
polizza analoga a quella già in godimento fosse stata stipulata, “tale

essendo il danno emergente derivante dal comportamento datoriale
inadempiente”.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Intesa
Sanpaolo spa (già Sanpaolo Imi spa) ha proposto ricorso per
cassazione fondato su cinque motivi e illustrato con memoria.
L’intimato Appignanesi David ha resistito con controricorso, illustrato
con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, deducendo che la
sentenza passata in giudicato non si era pronunciata sulla
(eventuale) sussistenza di una valida pretesa risarcitoria e che,
dovendo il caso essere ricondotto alla fattispecie di cui all’art. 1381
cc, non era preclusa nel presente giudizio la prova del
comportamento del terzo (nella specie dell’Assitalia) e
dell’inesistenza sul mercato di polizze similari; erroneamente,
pertanto, la Corte territoriale non aveva ammesso le prove
testimoniali articolate al riguardo.

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di assistenza del San Paolo a titolo di equo indennizzo), unitamente

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione,
assumendo che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che
la sentenza dichiarativa dell’inadempimento potesse configurare

senza che ciò presupponesse alcuna verifica del danno
effettivamente patito e del nesso causale tra l’inadempimento
accertato e il danno stesso.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di
diritto, nonché vizio di motivazione, deducendo che, in base all’art.
1381 cc, avrebbe dovuto riconoscersi al promissario un mero
indennizzo nel caso in cui il promittente non avesse dimostrato di
essersi opportunamente attivato presso il terzo; tale indennizzo,
peraltro, era stato riconosciuto a tutti gli ex dipendenti interessati.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, censurando l’impugnata sentenza per non avere
valutato che, con l’adesione alla Cassa di assistenza Sanpaolo e con
l’accettazione

dell’indennizzo

contestualmente

erogatogli,

l’Appignanesi aveva espresso chiaramente la propria volontà di
sostituire il precedente trattamento assicurativo con quello erogato in
base al nuovo regime; tale adesione rappresentava peraltro una vera
e propria rinuncia, che, per essere validamente contestata, avrebbe
dovuto essere impugnata nel termine semestrale di decadenza di cui
all’art. 2113, comma 2, cc.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione,
deducendo che la sentenza del Pretore di Torino non aveva

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automaticamente il diritto ad ottenere il risarcimento del danno,

”riconosciuto il diritto degli ex dipendenti ad ottenere un trattamento
assicurativo tale da garantire le medesime coperture sanitarie
riconosciute dal precedente trattamento sanitario”, facendo esclusivo

riconosciuto a titolo di ulteriori spese sanitarie si sarebbero dovute
escludere in ogni caso quelle sostenute, ma rimborsabili dal Servizio
Sanitario Nazionale.
2. Secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass.,
nn. 9544/2008; 25862/2010), quando due giudizi fra le stesse parti
hanno per oggetto un medesimo rapporto giuridico e uno di essi è
stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento
compiuto circa una situazione giuridica comune ad entrambe le
cause preclude il riesame del punto accertato e risolto, anche nel
caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle
costituenti lo scopo e il petitum del primo; infatti l’autorità del
giudicato non è di ostacolo all’allegazione e alla cognizione di nuovi
e posteriori eventi i quali incidano sul modo di essere del diritto
deciso, ma impedisce il riesame o la deduzione di questioni anteriori
ad esso, tendenti ad una nuova decisione della controversia già
risolta con provvedimento definitivo, a nulla rilevando che questi
ultimi non fossero conosciuti dalle parti al tempo del primo processo;
opera in tal senso il noto principio che il giudicato copre il dedotto e il
deducibile in relazione al medesimo oggetto e, cioè, non soltanto le
ragioni giuridiche fatte effettivamente valere, ma, altresì, le
argomentazioni, le circostanze e i mezzi di prova idonei a dimostrare

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riferimento al pagamento del premio; inoltre dal risarcimento

la sussistenza o la validità del fatto costitutivo giudicato insussistente
o invalido, ovvero, viceversa, l’insussistenza o l’invalidità del fatto
costitutivo giudicato sussistente o valido, che sarebbe stato possibile

Nel caso che ne occupa le circostanze in ordine alle quali la
ricorrente lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale,
siccome anteriori alla pronuncia passata in giudicato, avrebbero
potuto e dovuto essere dedotte in quel giudizio, al fine di evitare la
pronuncia di accertamento dell’obbligo di tenere ferma la copertura
sanitaria di che trattasi.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che il
giudicato esterno formatosi inter partes precludeva che, nel presente
giudizio, fossero sollevate questioni idonee a rimettere in
discussione la già intervenuta pronuncia di accertamento.

2.1 A tale ragione del decidere, di per sé idonea a sostenere la
decisione sul punto, la Corte territoriale ne ha aggiunta un’altra

(“Sotto altro profilo …”), anch’essa idonea a sostenere quanto
deciso, inerente, come esposto nello storico di lite, alla mancata
deduzione e richiesta di prova in ordine alla circostanza che l’Istituto
bancario si era diligentemente adoperato o attivato a fronte del rifiuto
del terzo di adempiere.
La rilevata infondatezza della censura avverso la prima delle
suddette ragioni del decidere rende applicabile il principio secondo
cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte
ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente

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esporre in via di azione o di eccezione.

sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle
doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per
difetto di interesse, l’esame relativo alle altre, pur se tutte

ragione di avanzare censure che investono una ulteriore

ratio

decidendi, giacché, pur se esse fossero fondate, non potrebbero
produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr,

plurimis,

ex

Cass., nn. 12976/2001; 18240/2004; 13956/2005;

20454/2005; 22753/2011).

2.2 II primo motivo, nei distinti profili in cui si articola, va quindi
disatteso.
3.

Le anzidette considerazioni conducono altresì al rigetto del

quarto motivo, siccome inerente a questione che avrebbe potuto e
dovuto essere dedotta nell’ambito del diverso giudizio conclusosi con
la ridetta pronuncia passata in giudicato.
4.

Dovendosi escludere, per le ragioni indicate nell’ambito della

disamina del primo motivo, che la fattispecie all’esame sia
riconducibile all’ambito previsionale di cui all’art. 1381 cc, anche il
terzo motivo non può trovare accoglimento.

5.

Il secondo motivo è infondato, poiché la violazione dell’obbligo

sancito dalla sentenza del Pretore di Torino passata in giudicato ha
come conseguenza il risarcimento dei danni a tale violazione
conseguenti e la Corte territoriale ha compiutamente motivato, nei
termini già esposti nello storico di lite, scevri da contraddizioni o vizi

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tempestivamente sollevate, in quanto i ricorrenti non hanno più

logici, le ragioni per le quali doveva essere confermata la statuizione
del primo Giudice in ordine alla fondatezza della pretesa risarcitoria.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il

giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di
controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito,
essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità,
per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di
merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie
(cfr, ex plurimis, Cass., nn. 824/2011; 13783/2006; 11034/2006;
4842/2006; 8718/2005; 15693/2004; 2357/2004; 12467/2003;
16063/2003; 3163/2002).
6.

La ricordata sentenza del Pretore di Torino ha statuito l’obbligo

di tener ferma “la copertura sanitaria estesa ai pensionati con lettera
del 22 settembre 1989 del Crediop alle condizioni e con le
prestazioni alla data del pensionamento” e pertanto, contrariamente

a quanto sostenuto dalla ricorrente, ha con ciò stesso affermato il
diritto al mantenimento del precedente trattamento sanitario.
6.1 L’ulteriore profilo di doglianza, relativo alla pretesa deducibilità
dall’importo riconosciuto a titolo risarcitorio delle spese sostenute,
ma rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale, è inammissibile, sia
perché investe una questione non specificamente trattata nella
sentenza impugnata ed in ordine alla quale la ricorrente non indica i

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ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al

tempi e i modi attraverso i quali sarebbe stata devoluta al Giudice del
gravame, sia perché, in violazione del principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, non è stato specificato quali fossero state tali

6.2 Anche il quinto motivo non può quindi essere accolto.
7.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo e da distrarsi a favore del
difensore del controricorrente, avv. Peppino Lonetti, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle
spese, da distrarsi a favore dell’avv. Peppino Lonetti e che liquida in
euro 4.050,00 (quattromilacinquanta), di cui euro 4.000,00
(quattromila) per compenso, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2013.

spese.

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