Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14464 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 37465-2019 proposto da:

P. dei F.lli R.G.A., C.L. e Patrizia

S.N.C., in persona del legale rappresentante, domiciliata in Roma,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, alla piazza Cavour,

rappresentata e difesa dall’Avvocato Mario Antonio Plutino;

– ricorrente –

contro

DUOMO UNIONE ASSICURAZIONE S.P.A., ora SOC. COOP. CATTOLICA di

ASSICURAZIONE, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in Roma, al viale delle MILIZIE n. 38, presso gli

Avvocato Pierfilippo Coletti e Stefania Coletti, che la

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 355/2019 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 29/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle, osserva quanto segue.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La P. S.n.c. dei Fratelli R.G.A., C.L. e P., in data 12/02/2007, ottenne dal Tribunale di Reggio Calabria un decreto ingiuntivo per Euro novemiladuecento, oltre spese, nei confronti della propria società assicuratrice, all’epoca Unione Assicurazione S.p.a. ed ora Soc. Coop. Cattolica di Assicurazione, per i danni causati al proprio immobile da infiltrazioni di acque nere e dopo l’esito negativo dell’escussione della stessa compagnia.

La società assicuratrice propose opposizione avverso il monitorio. L’opposizione, nel contraddittorio delle parti, venne rigettata dal Tribunale di Reggio Calabria.

La ditta P. impugnò la sentenza di primo grado, per avere il primo giudice disposto la compensazione delle spese di lite, ritenendola immotivata sul punto.

Su appello incidentale della Duomo Assicurazioni S.p.a. la Corte di Appello ha riformato la sentenza del Tribunale ed ha revocato il monitorio.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria ricorre la P. S.n.c..

Resiste con controricorso la Società Coop. Cattolica di Assicurazione.

La proposta del Consigliere Relatore di definizione con il rito di cui all’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti.

La P. S.n.c. ha depositato memoria nel termine di legge, ribadendo la propria prospettazione e il dissenso con la proposta di rigetto formulata dal relatore.

Il motivo di ricorso censura come segue la sentenza della Corte di Appello:

“Error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1364,1367 e 1370 c.c., nonchè delle condizioni generali della polizza, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. – Manifesta illogicità e contraddittorietà. Vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo non appare cogliere il nucleo del, pur conciso, ragionamento della Corte d’Appello, che ha affermato che i danni si erano verificati a causa delle acque rifluite da colonna condominiale e che le condizioni generali di polizza del contratto di assicurazione, art. 7, tra la P. S.n.c. e la società assicuratrice non li comprendeva, in quanto riferito ai soli locali di proprietà della stessa assicurata.

L’opzione interpretativa scelta dalla Corte territoriale, che ha anche affermato che la P. avrebbe dovuto chiamare in giudizio il Condominio nel quale erano ubicati i propri locali, non è adeguatamente censurata, posto che il riferimento agli artt. 1362,1366 e 1370 c.c., è generico e sganciato dall’apprezzamento concreto della fattispecie.

Il testo della polizza, e segnatamente dell’art. 7, riportato nel controricorso dalla compagnia assicuratrice, non comprende in alcun modo i danni imputabili a (e comunque causati da) cattiva manutenzione di parti comuni dell’edificio, ed è anzi limitato, in quanto fa riferimento al “fabbricato” nel senso di intera costruzione edile nella quale viene svolta l’attività dichiarata in polizza e “il tutto di proprietà dell’assicurato”.

L’uso delle regole sull’interpretazione dei negozi giuridici è stato corretto da parte della Corte territoriale, che ha divisato l’esclusione dall’ambito di copertura della polizza dei danni rivenienti dall’edificio condominiale, che dovevano essere oggetto di diversa previsione contrattuale.

Il ragionamento della Corte, pur se non è particolarmente diffuso, ritenendosi che le condizioni contrattuali, art. 7, non coprisse l’evento, è adeguato sulla base delle risultanze documentali di causa mentre viceversa le censure mosse dalla P. S.n.c. sono alquanto generiche e fanno perno sugli artt. 1362 e 1370 c.c., ma cadono in aspecificità, come sovente rilevato da questa Corte (Cass. n. 13603 del 21/05/2019 Rv. 653922 – 01): “Il ricorrente in cassazione il quale deduca che l’interpretazione di un contratto è avvenuta in violazione degli artt. 1366 e 1369 c.c., ha l’onere di indicare, a pena di inammissibilità del gravame, l’elemento semantico di tale contratto che, essendo oggettivamente incerto nel suo significato, rende non sufficiente, per la ricerca della volontà comune delle parti, l’utilizzo del criterio cd. letterale e l’applicazione necessaria, invece, di quelli della buona fede o della funzione del contratto.” nonchè (Cass. n. 15471 del 22/06/2017 Rv. 645074 – 01): “In tema di interpretazione di clausole contrattuali recanti espressioni non univoche, la contestazione proposta in sede di legittimità non può limitarsi a prospettare una pur plausibile interpretazione alternativa delle clausole stesse, fondata sulla valorizzazione di talune espressioni ivi contenute piuttosto che di altre, ma deve rappresentare elementi idonei a far ritenere erronea la valutazione ermeneutica operata dal giudice del merito, cui l’attività di interpretazione del contratto è riservata”.

Il motivo (o parte di esso) formulato secondo il parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile laddove cade su un fatto, consistente nell’affermazione del consulente tecnico di ufficio, riportata da pag. 13 a pag. 14 del ricorso, sul quale non risulta in alcun modo che si sia discusso in sede di merito, o, quantomeno, di ciò non è stata data adeguata prova.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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