Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14463 del 07/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14463 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 27630-2010 proposto da:
SOCIETA’ ITALIANA PER AZIONI PER IL TRAFORO DEL MONTE
BIANCO

00081600074,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio
dell’avvocato IRACE ERNESTO, che lo rappresenta e
2013

difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

1156

contro

DARDANELLI

MAURO

DRDMRA54L03H501V,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo

Data pubblicazione: 07/06/2013

studio dell’avvocato PIETROLUCCI ANDREA, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1295/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 26/11/2009 r.g.n. 1697/07;

udienza del 03/04/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato NICOLA STANISCIA per delega GINA
TRALICCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R. Gen. N. 27630/2010
Udienza 3/4/2013
Società Italiana per azioni per
il traforo del Monte Bianco c/
Dardanelli Mauro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Roma, Mauro Dardanelli,
dipendente della Società per azioni Traforo del monte Bianco, chiedeva che fosse

accessori a titolo di competenze correnti non percepite e trattamento di fine rapporto.
Il Tribunale accoglieva il ricorso ed emetteva decreto ingiuntivo per l’importo
richiesto. Con sentenza del Tribunale di Roma n. 120/2007 veniva, quindi, rigettata
l’opposizione proposta dalla società – che, nelle more aveva ottenuto un
provvedimento di sequestro conservativo sui beni del Dardanelli fino alla
concorrenza di euro 129.008,98 a garanzia di un credito vantato dalla società nei
confronti del dipendente per il danno conseguito ad operazioni illecite poste in essere
dal secondo e confluite in un procedimento penale, provvedimento poi dichiarato
inefficace dal Tribunale di Roma con provvedimento del 23/3/2007 -. A seguito di
appello proposto dalla Traforo del Monte Bianco, la Corte di appello di Roma, con
sentenza del 26 novembre 2009, confermava la decisione di primo grado. La Corte
territoriale disattendeva la preliminare richiesta di sospensione del giudizio ai sensi
dell’art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio penale a carico
del Dardanelli e relativo ai fatti sui quali si fondava l’eccezione di compensazione
ritenuta non accoglibile dal Tribunale. Quanto al merito, valutava corretta la
decisione di prime cure in ordine alla circostanza che il credito preteso fosse basato
su prova scritta e non fondata l’eccezione di compensazione impropria proposta
dall’appellante.

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ingiunto alla datrice di lavoro il pagamento della somma di € 58.636,47 oltre

R. Gen. N. 27630/2010
Udienza 3/4/2013
Società Italiana per azioni per
il traforo del Monte Bianco c/
Dardanelli Mauro

Per la cassazione di tale sentenza la Società Italiana per azioni per il Traforo del
Monte Bianco propone ricorso affidato a tre motivi e deposita sentenza del Tribunale
penale di Roma n. 7111/2011.

deposita anche memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio rileva, in via preliminare, l’inammissibilità della costituzione di
nuovo difensore del resistente, mediante procura in favore dell’avv. Gina Tralicci
apposta a margine della memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Invero la facoltà di apporre la procura speciale, anche in calce
o a margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta
o in sostituzione del difensore originariamente designato, è stata introdotta dalla L.
18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. c), a modifica dell’art. 83 cod. proc.
civ., comma 3, e tale disposizione, secondo quanto dispone la norma transitoria
contenuta nell’art. 58, comma 1, della stessa legge, si applica ai giudizi instaurati
dopo la data della sua entrata in vigore, cioè ai giudizi proposti in primo grado a
decorrere dal 4 luglio 2009, poiché il riferimento ai “giudizi instaurati”, e non alle
“impugnazioni proposte”, rivela l’intento del Legislatore di riferire le modifiche
normative alle nuove controversie, introdotte dopo l’entrata in vigore della legge,
tranne le modifiche per le quali è stata esplicitamente prevista l’applicazione anche ai
giudizi pendenti (cfr. Cass. 24 novembre 2010, n. 23816; id. 24 gennaio 2012 n. 929;
2 agosto 2012, n. 13912).
2. Sempre in via preliminare rileva il Collegio che la documentazione allegata
dalla società ricorrente per Cassazione alla nota di deposito del 9 maggio 2011 è

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Resiste con controricorso Mauro Dardanelli il quale, a mezzo di nuovo difensore,

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Udienza 3/4/2013
Società Italiana per azioni per
il traforo del Monte Bianco c/
Dardanelli Mauro

inammissibile ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., che vieta la produzione nel
giudizio di cassazione di atti diversi da quelli riguardanti la nullità della sentenza
impugnata o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (cfr. Cass. 9 marzo 2005,

Peraltro, nella specie, il contenuto della prodotta sentenza penale (per quanto si
evince, neppure passata in giudicato) è invocato unicamente al fine di dimostrare
l’effettiva sussistenza (o insussistenza) di determinati fatti e, dunque, non potrebbe
giammai assumere valenza enunciativa di una “regula iuris” alla quale il giudice
civile sia tenuto a conformarsi nel caso concreto, mentre la sua astratta rilevanza
potrebbe ravvisarsi soltanto in relazione all’affermazione (o negazione) di meri fatti
materiali, ossia a valutazioni di stretto merito non deducibili nel giudizio di
legittimità (cfr. in tal senso Cass. 19 novembre 2010, n. 23483).
3. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: “Violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 cod. proc. Civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) – Omessa,
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.
360, n. 5 cod. proc. civ.)”. Deduce che la Corte territoriale non ha correttamente
esaminato il profilo di gravame proposto dalla società ed erroneamente ritenuto che
lo stesso attenesse alla verifica della legittimità e correttezza della richiesta ex art.
295 cod. proc. civ. laddove, invece, la società aveva censurato la decisione del
Tribunale di aver escluso qualsiasi rilievo e valore alle prove già raccolte nei giudizi
civili e penali.
4. Il motivo è inammissibile.
La decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un
motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado integra un difetto di

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n. 5123).

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il traforo del Monte Bianco c/
Dardanelli Mauro

attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la
denuncia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la deduzione del relativo
“error in procedendo” è in tale sede censurabile ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc.

del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. (cfr. in tal senso, ex aliis,
Cass. 4 giugno 2007, n. 12952; id. 11 maggio 2012 n. 7268; 18 maggio 2012, n.
7871).
Ne consegue, quindi, che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 n. 3 o n. 5
cod. proc. civ. anziché dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 dello
stesso codice di rito, il ricorso si rivela inammissibile.
Inoltre, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa
pronuncia, è altresì, necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte
una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tali
domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel
ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione
specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre
erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la
ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività (cfr. Cass. Sez. U, 28

civ., e non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o

luglio 2005, n. 15781 e successive conformi).
Orbene nel motivo in questione non viene chiaramente esposto il punto della
decisione impugnata che avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto
ed il pronunciato né vengono riprodotte le censure del ricorso in appello
asseritamente pretermesse dalla Corte territoriale (si rileva, peraltro, dalla sentenza
impugnata che le censure di parte appellante avevano riguardato, tra l’altro, l’omessa

6

f

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utilizzazione delle prove raccolte in sede di indagini preliminari a carico del
Dardanelli, censure sulle quali la Corte capitolina si è puntualmente espressa al punto
6 della sentenza).

applicazione degli artt. 2120 cod. civ., 113 e 115 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod.
proc. Civ.) – Omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio (art. 360, n. 5 cod. proc. civ.)”. Deduce che la decisione della Corte
territoriale è erronea nella parte relativa alla disamina della natura della prova fornita
e posta a base del credito vantato dal Dardanelli e nella parte in cui non ha tratto
alcuna conclusione o conseguenza favorevole alla società dalla contestazione
complessiva del credito.
6. Il motivo è inammissibile laddove, pur deducendosi anche una violazione di
legge, le censure si incentrano sulla motivazione del giudice di appello sotto il
profilo di supposte carenze della delibazione del materiale probatorio. In buona
sostanza, con il suddetto motivo (che non investe affermazioni in diritto contenute
nella sentenza) si intende addivenire ad una non consentita rivalutazione delle
emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole all’interessato,
ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare
le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare
i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova
stessa (cfr. tra le molte, Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; id 6 marzo 2008, n. 6064).
Inoltre è risaputo che, da un punto di vista generale, il vizio di omessa o insufficiente

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5. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia “Violazione e falsa

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motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste
solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non

da quello preteso dalla parte, perché la citata norma conferisce alla Corte di
legittimità solo il potere di controllare, sotto il profilo logico-formale e della
correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito.
Nello specifico le doglianze sono, invero, orientate a confutare, mediante la
contrapposizione di argomentazioni basate su una pretesa contestazione del credito
vantato dal Dardanelli “sin da subito” nella sua totalità, valutazioni di merito
compiute dalla Corte capitolina in ordine alle risultanze probatorie ed in particolare
in ordine al contenuto delle buste paga prodotte dal Dardanelli a sostegno
dell’esistenza del proprio credito ed in particolare alle annotazioni (così quella
relativa al ar. dovuto mese per mese) che, senza alcun riferimento alla non
contestazione nei termini pretesi dalla ricorrente, hanno avuto quale ratio decidendi
la circostanza che si trattava di argomentazioni poste a base delle decisione del
Tribunale e non specificamente censurate in sede di atto di appello.
7. Con il terzo
motivo la società ricorrente denuncia “Violazione e falsa
,
applicazione degli artt. 113, 115, 118, 421, comma 1, cod. proc. civ. (art. 360, n. 3,
cod. proc. Civ.) – Omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5 cod. proc. civ.)”. Si duole dell’erronea
esclusione della compensazione del credito del Dardanelli con quello (maggiore)
vantato dalla società e della ritenuta mancanza di prova di quest’ultimo.

,fi
8

può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme

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8. Anche con tale motivo la società si duole, nella sostanza, della motivazione del
giudice di appello essenzialmente sotto il profilo di esposte deficienze della
delibazione del materiale probatorio.
Non si rinviene, invero, alcuna violazione di legge nell’avere la Corte di merito

escluso l’ammissibilità della compensazione impropria per l’insussistenza di un
credito opposto avente le caratteristiche della certezza ed esigibilità (la mancanza di
tale condizione si verifica, infatti, non soltanto quando il credito non sia certo nel suo
ammontare, ma anche qualora ne risulti contestata l’esistenza).
Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, con riguardo alla
questione dell’esistenza di un credito della società rispetto al quale portare in
compensazione quello vantato dal Dardanelli, la Corte territoriale ha esercitato
prudentemente e logicamente il potere di apprezzamento probatorio, offrendo una
compiuta analisi del percorso argomentativo riguardante l’accertamento della
responsabilità del Dardanelli per il danno allo stesso addebitato dalla società; a tal
fine ha evidenziato che nessuna pronuncia di accertamento di detta responsabilità era
intervenuta al momento della decisione di primo grado ed anzi ha valorizzato
elementi acquisiti successivamente quali il rigetto della domanda risarcitoria
proposta dalla società e la declaratoria di inefficacia del provvedimento di sequestro
conservativo ottenuto nei confronti del Dardanelli (provvedimenti, questi ultimi,
intervenuti all’esito di una cognizione piena e nel contraddittorio delle parti). La
Corte, inoltre, ha escluso che il rinvio a giudizio del Dardanelli e comunque le prove
acquisite nel corso del procedimento penale potessero integrare sufficienti elementi
di giudizio in ordine alla sussistenza della responsabilità risarcitoria.

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Rispetto a tale ricostruzione le censure della ricorrente non colgono nel segno
laddove fanno riferimento, per confutare il ragionamento della Corte, ad elementi
istruttori neppure chiaramente e specificamente indicati.
Il motivo, inoltre, nella parte in cui la ricorrente si duole del fatto che non siano

evincendosi quando ed in che termini i suddetti poteri d’ufficio siano stati sollecitati
alla Corte di merito, ed è comunque infondato per avere il giudice di appello, con una
motivazione ancora una volta corretta sul piano logico-giuridico, ritenuto, dopo che
le parti avevano esplicitato le loro posizioni reciproche e dopo le acquisizioni
processuali, che il datore di lavoro non fosse riuscito a provare la sussistenza di un
proprio credito nei confronti del Dardanelli sicché il gravame doveva ritenersi
infondato.
8. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o
obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, il ricorso va rigettato.
9. Per il criterio legale della soccombenza la società ricorrente va condannata al
pagamento delle spese processuali in favore di Mauro Dardanelli, liquidate come in
dispositivo tenendo conto del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli
avvocati di cui al D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (che, all’art. 41 stabilisce che le
disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive
all’entrata in vigore del Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012) ed avuto
riguardo allo scaglione di riferimento della causa; considerati i parametri generali
indicati nell’art. 4 del D.M. e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (fase
di studio, fase introduttiva e fase decisoria) nella allegata Tabella A.
P.Q.M.

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stati esercitati i poteri d’ufficio del giudice, presenta profili di inammissibilità, non

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Dardanelli Mauro

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento, in
favore di Mauro Dardanelli, delle spese del presente giudizio di legittimità che
liquida in euro 50,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi professionali,

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2013.

oltre accessori di legge.

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