Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14461 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24600-2019 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via PILO

ALBERTELLI n. 1, presso lo studio dell’avvocato LUCIA CAMPOREALE,

rappresentato e difeso da sè stesso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,

domiciliato in ROMA, alla via dei PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE dello STATO, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2797/2019 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non

partecipata del 30/03/2021, dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle, osserva quanto segue.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con le sentenze n. 02797 e n. 02553, entrambe deliberate all’udienza del 18/12/2018, e depositate il 31/01/2019, questa Corte di Cassazione, Sez. III civile, ha rigettato i ricorsi per cassazione avverso due diverse sentenze del Tribunale di Cagliari in materia di opposizioni agli atti esecutivi, proposti dall’avvocato S.S., difeso in proprio, su cartelle di pagamento per spese di giustizia. Per quanto rileva in questa sede, nella quale risulta impugnata la seconda delle dette ordinanze, salvo quanto si rileverà in seguito con riguardo alla n. 02553 del 2019, la sentenza del Tribunale di Cagliari confermata da Cass. n. 02797 del 31/01/2019 aveva annullato una cartella su le quattro complessive opposte.

Avverso la sentenza n. 02797 del 31/01/2019 di questa Corte l’avvocato S.S. propone ricorso per revocazione e contestualmente deposita ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 2003 del 2016, nel caso di accoglimento della revocazione e conseguente ingresso del giudizio rescissorio.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

La proposta del Consigliere relatore, di definizione della controversia in sede di adunanza camerale non partecipata, è stata ritualmente comunicata alle parti.

Non risulta il deposito di memorie.

Il motivo di ricorso per revocazione risulta così enunciato, dalla pag. 8, in fine, del ricorso:

“Ex art. 31bis c.p.c., in rapporto all’art. 395/1 c.p.c., n. 4, e alle sentenze C. Cost. 17/86 e 36/91,

a) per carenza di pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4, su reali motivi di ricorso, integrante la nullità della pronuncia e vizio revocatorio ex sent. 17/86 e 36/ 91 C. Cost.;

b) e per errore di fatto sotto vari profili, dati da supposizione di fatti esistenti e in realtà non esistenti, e viceversa, mancata o errata lettura degli atti di causa, da travisamento e mistificazione dei fatti reali, da mancata pronuncia sulle difese decisive del ricorrente, nei sensi che seguono:

la pronuncia n. 2797 /19, in relazione ai motivi di ricorso terzo, quarto e quinto, capo 5, pagg. 7-11 in sentenza, sesto, capo 6, pagg. 11-13.”

La prospettazione dei motivi è effettuata da pag. 9 alla metà di pag. 13.

La disamina delle censure di cui al detto motivo non può essere analiticamente condotta, in quanto esso prospetta questioni in fatto e diritto in modo del tutto giustapposto e apodittico, senza alcuna differenza tra questioni di fatto rilevanti ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e questioni di diritto.

La revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 02797 del 2019 è stata, infatti, chiesta dall’avvocato S. per errori di fatto che non risultano in alcun modo analiticamente indicati e specificati.

Tutte le affermazioni seguenti alla sopradescritta intitolazione del motivo di ricorso afferiscono a errori di diritto del giudice (che in ogni caso sono soltanto anche essi affermati) e esulano per ciò solo, dal perimetro di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, nel cui ambito ricade soltanto quel che la dottrina afferma essere “contrasto tra la rappresentazione univocamente emergente dagli atti e dai documenti e la supposizione dell’accertamento del giudice avente ad oggetto lo stesso fatto o le stesso complesso di fatti e deve profilarsi in termini di esclusione e non di semplice diversità e inoltre il fatto, o il complesso di fatti non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza (o l’ordinanza, come nella specie) abbia pronunciato.”.

L’esposizione del motivo nelle pag. da 9 a 13, a parte la difficoltà nell’individuare con adeguata certezza le proposizioni rilevanti in termini di critica al provvedimento, si risolve nel prospettare una diversa opinione del ricorrente sui fatti oggetto di causa, sia in grado di merito che in sede di legittimità, ma non individua alcun errore fattuale nel senso voluto dalla norma invocata.

E’ superfluo evidenziarlo, ma è lo stesso ricorrente che afferma, a pag. 9 del ricorso, che l’ordinanza n. 02797 del 31/01/2019: “…non contiene pronuncia sui reali motivi di ricorso, come è agevole constatare confrontando la rubrica dei detti motivi, dato già sufficiente, nonchè in ogni caso, il contenuto dei motivi in questione”, in tal modo palesando che non è individuato alcun errore di fatto revocatorio, ma semmai, è proposta impugnazione circa errori di valutazione del giudice.

In materia di revocazione per errore di fatto dei provvedimenti della Corte di Cassazione si richiama la recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. Un. 08984 del 11/04/2018 Rv. 648127 – 02): “Il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c., e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia.”.

Il ricorso deve, per quanto motivato, essere dichiarato inammissibile.

Il ricorso contiene una querela di falso avverso altra ordinanza della Corte di cassazione, la n. 02553 del 31/01/2019 sulla quale, in questo ristretto ambito revocatorio, non è adottabile alcuna concreta statuizione se non quella di inammissibilità che copre l’intero ricorso avverso l’ordinanza n. 02797 del 31/01/2019.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 6.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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