Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14459 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1688-2019 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via

Paraguay n. 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RIZZELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE ABATE;

– ricorrente –

contro

S.I., S.D., SE.GI., elettivamente

domiciliati in ROMA, alla via FULCIERI P. DE’ CALBOLI, n. 54, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAPANDREA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARCO PEDREIT;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 772/2018 della CORTE d’APPELLO di LECCE,

depositata il 13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non

partecipata del 30/03/2021, dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle, osserva quanto segue.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

S.G. impugna, con unico motivo, sentenza della Corte di Appello di Lecce n. 772 depositata il 13/07/2018 che in sede di impugnazione in causa originata come opposizione a precetto, in parziale accoglimento dell’appello proposto dallo stesso S.G., originario opponente, ha detratto una somma di poco superiore a 1.000,00 Euro dalla complessiva somma portata dal precetto, pari a oltre 7.000,00 Euro, e ha compensato un quarto (1/4) delle spese di lite e condannato S.G. al pagamento dei restanti tre quarti (3/4), con riferimento il primo e al secondo grado di giudizio, per i quali sono stati rispettivamente liquidati complessivamente e per l’intero Euro 2.000,00 e Euro 2.500,00, oltre rimborso forfetario del 15%, CA e IVA per legge.

Il motivo di ricorso, unico, censura come segue la sentenza d’appello: “violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la sentenza impugnata ha erroneamente condannato S.G. al pagamento dei tre quarti delle spese di giudizio liquidate complessivamente e nell’intero, per il primo grado, in Euro 2.000,00 e, per il grado di appello, in Euro 2.500,00, oltre al 15% delle spese forfettizzate, CPA e IVA come per legge, dichiarando compensato il restante quarto”.

Resistono con unico controricorso S.D., Se.Gi. e S.I..

La proposta del Consigliere relatore è stata ritualmente comunicata alle parti, che non hanno depositato memorie per l’adunanza camerale non partecipata del 30/03/2021.

Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.

L’unico motivo di ricorso omette di specificare quale sia stato il percorso della prima fase del giudizio e anche del giudizio di appello, nel quale due dei motivi di impugnazione proposti da S.G., e precisamente il primo e il terzo, sono stati ritenuti inammissibili in quanto radicalmente nuovi, ossia non proposti nella precedente fase del giudizio di opposizione a precetto, pur trattandosi di questioni che già in detta sede avrebbero potuto essere fatte vale da S.G. e dalla sua difesa, ed ha ritenuto fondato il solo secondo motivo, relativo alla mancata detrazione dal credito azionato con il precetto del rimborso delle spese forfetario nella misura del 12,5% e degli interessi su dette competenze.

Il quarto motivo atteneva all’integrale condanna alle spese, che è stato, quindi, implicitamente ritenuto assorbito dal giudice dell’impugnazione di merito.

La Corte territoriale ha, pertanto, fatto corretto uso della regola di soccombenza parziale, imputando questa all’appellante, in quanto le statuizioni di inammissibilità di due motivi sono state valutate nell’economia complessiva del giudizio, prevalenti, e, peraltro, trattandosi di questione proposte per la prima volta in fase di gravame di merito, la controparte era stata messa, solo con la notifica della citazione in appello, di fronte all’esigenza di apprestare per la prima volta la sua difesa su dette prospettazioni.

In ogni caso, trattandosi di causa iniziata in primo grado prima dell’anno 2009 (l’opposizione a precetto è stata proposta, pacificamente, nel 2008) ad essa si applica l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella versione della L. 28 dicembre 2005, n. 263, e l’indicazione contenuta nel par. 3 della sentenza di appello “parziale fondatezza dell’eccezione dell’opponente”, ove correlata al tenore complessivo della motivazione, e delle reciproche domande ed eccezioni e tenuto conto che in primo grado S.G. aveva chiesto dichiararsi la nullità dell’intero precetto, per oltre Euro settemila, notificatogli da S.D., Se.Gi. e S.I. (e, quindi, non aveva in alcun modo riconosciuto la fondatezza della pretesa), è logica e esaustiva.

Sul punto la giurisprudenza della Corte, alla quale il Collegio presta adesione e intende dare continuità, afferma che (Cass. n. 30592 del 20/12/2017 Rv. 646611 – 01; Cass. n. 19613 del 04/08/2017 Rv. 645187 – 01 e ancora Cass. n. 02149 del 31/01/2014 Rv. 629389 – 01): “La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente.”.

Il precedente richiamato dal ricorrente a fondamento della propria prospettazione, sebbene oggetto di massimazione ufficiale (Cass. n. 03438 del 22/02/2016 Rv. 638889 – 01 e Rv. 638888 – 01), non costituisce, allo stato, ed a quanto risulta, espressione di una costante giurisprudenza di questa Corte.

In ultimo, per mera completezza espositiva, il Collegio esclude che nella prospettazione del motivo di ricorso vi sia una censura relativa all’ammontare monetario degli importi liquidati, nel senso di loro difformità dalle previsioni di cui ai decreti ministeriali via via susseguitisi e nell’ambito della loro residua vigenza.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo per contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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