Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14459 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/07/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28346/2014 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. P. DA

PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ACCURSIO GALLO giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

ANTONELLA PAFIERI, SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del Direttore della Direzione

Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIA PUGLISI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANA ROMEO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1438/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 04/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato Antonella Sarchi (delega avvocato Di Stefani)

difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del controricorrente

(Inps) che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato, per quel che qui interessa, la domanda di M.C. tesa al riconoscimento dei benefici contributivi connessi all’avvenuta esposizione a polveri di amianto.

La Corte territoriale ha accertato, in esito ai chiarimenti resi dai consulenti nominati in primo grado e nuovamente sentiti in appello, che l’esposizione alle polveri di amianto era stata saltuaria e pari a pochi minuti quotidiani di tal che non era raggiunta la soglia di esposizione che giustifica il riconoscimento del beneficio.

Per la cassazione della sentenza ricorre M.C. e denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e l’omessa ed insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Resistono l’Inps e l’Inail con controricorso.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso e’ inammissibile.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Secondo l’interpretazione resane dalle Sezioni Unite di questa Corte, da un lato e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, cosicche’ tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. s.u. nn. 8053/2014; 8054/2014; 9032/2014 e n. 1434 del 2015).

Ne segue che la censurata adesione alle conclusioni dei consulenti tecnici di ufficio di primo grado, richiamati in appello e’ inammissibile. Ne’ sussiste la violazione dell’art. 116 c.p.c., atteso che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione del materiale probatorio il cui accertamento non e’ censurabile in Cassazione a meno che non si concreti nell’omesso esame di un fatto storico che avrebbe determinato una diversa soluzione della controversia che nella specie non e’ neppure denunciato.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente.

La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilita’ del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiche’ l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (cosi’ Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei contro ricorrenti liquidata per ciascuna delle parti in Euro 2000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie. Accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

Cosi’ deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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