Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14458 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. II, 30/06/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 30/06/2011), n.14458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.S.M. C.F. (OMISSIS) IN PROPRIO E QUALE

EREDE DI S.M., S.R., S.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso lo studio

dell’avvocato ONGARO FRANCO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato TONETTO GIANCARLO;

– ricorrenti –

contro

ITAL GAS SPA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL SUO PROCURATORE

SPECIALE ING. V.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI

MARIA TERESA, rappresentata e difeso dall’avvocato FABBRANI MICHELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 718/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato Barbantini Maria Teresa difensore della resistente

che si riporta al controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 4/5/1994 i coniugi S.M. S. e S.M. convenivano in giudizio la Veneziana Gas S.p.A e, premesso:

di essere proprietari di un fondo acquistato il 5/5/1998 da B. G.;

– che la Veneziana Gas S.p.A. nel 1983 aveva collocato una cabina di decompressione a distanza irregolare dal confine e in parte sul tondo di loro proprietà, che la stessa società aveva interrato i tubi di adduzione del gas Lungo una stradina di loro proprietà, chiedevano la condanna della convenuta alla rimozione degli impianti e, in sub or dine, la condanna al risarcimento dei danni per l’illecita utilizzazione della loro proprietà. La società convenuta si costituiva ed eccepiva:

che la cabina di decompressione, in quanto impianto tecnologico, poteva essere posizionata senza ‘osservanza delle distanze dai confini stabilite all’art. 889 c.c.;

– che ai sensi dell’art. 31 del P.R.G. tutte le strade erano assoggettate alla servitù di uso pubblico;

– che con sentenza dello stesso Tribunale di Venezia, resa tra le stesse parti era stata accertata la sottoposizione della strada a servitù di uso pubblico di transito.

All’esito dell’istruttoria, dopo la riassunzione della causa nei confronti della Società Italiana per il Gas S.p.A. che aveva incorporato la società Veneziana Gas S.p.A, il Tribunale rigettava la domanda di arretramento della cabina di decompressione e condannava la società convenuta a rimuovere r tubi di collegamento del gas posti sotto la strada di proprietà degli attori.

La Società Italiana per il Gas S.p.A. proponeva appello al quale resistevano S.M. e, quali credi, i figli di M. S., i quali con appello incidentale riproponevano le pretese risarcitorie avanzate nel primo grado.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 3/5/2005 accoglieva l’appello proposto dalla Società Italiana per il Gas S.p.A. e rigettava l’appello incidentale rilevando che:

– l’accertamento dell’asservimento della strada privata alla servitù di uso pubblico ai sensi dell’art. 31. del Piano Regolatore Generale e dell’art. 20, n. 7 delle N.T.A. (per le quali le strade si consideravano assoggettate ad uso pubblico anche per quanto riguarda il soprassuolo e il sottosuolo) costituiva la premessa logica della decisione con la quale il Tribunale di Venezia nella precedente causa tra le stesse parti aveva accertato il diritto di passaggio sulla predetta strada del personale dell’allora Veneziana Gas S.p.A.;

il negare il diritto di utilizzare il sottosuolo della stradina in quanto non asservita all’uso pubblico sarebbe posto in insanabile contrasto con la precedente decisione.

S.S.M., S.F. e S.R. propongono ricorso per Cassazione fondato su un unico motivo nel quale sono sviluppate censure ai violazione e falsa applicazione di norme e di omessa e contraddittoria motivazione.

Resiste con controricorso la Società Italiana per il Gas S.p.A. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono violazione ci norme e omessa e contraddittoria motivazione assumendo che:

sarebbe stata erroneamente applicata la preclusione del giudicato in quanto tale preclusione opera con riferimento alle decisioni sulle domande aventi identità di petitum e di causa petendi, mentre la decisione in tesi preclusiva era stata emessa all’esito ai una causa nella quale era in discussione il diritto di passaggio e non l’uso del sottosuolo;

l’assoggettamento della strada all’uso pubblico ai sensi dell’art. 31 del Piano Regolatore Generale e dell’art. 28, n. 7 delle N.T.A. poteva comprendere le opere di urbanizzazione funzionali al passaggio, ma non anche la collocazione di un gasdotto sotterraneo.

Occorre premettere che il giudicato esterno, la cui ratio e la stabilità dei rapporti e la risoluzione e la prevenzione delle liti, consiste nell’autorità di cosa giudicata che una sentenza produce in altro processo ai sensi dell’art. 2909 c.c.; il relativo accertamento ha per oggetto l’individuazione della pars litigiosa coperta dagli effetti della sentenza; ogni sentenza pronunciata tra le stesse parti e passata in giudicato costituisce giudicato esterno (v. Cass. 21/6/2000 n. 8429).

Questa Corte ha ripetutamente affermato, con motivazione che qui si condivide, che se due giudizi fra le stesse parti hanno ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di. essi è stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o ai diritto incidente su di un punto decisivo comune ad entrambe Le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il “petitum” del primo (Cass. 29 luglio 1995, n. 7891; Cass. 23 ottobre 1995, n. 10999; Cass. 29 settembre 1997, n. 9744; Cass. 11/5/2000 n. 6041; Cass. 16/5/2006 n. 11365).

La precedente sentenza, intervenuta tra le stessa parti, aveva riconosciuto la servitù di passaggio sulla strada in quanto alla stessa erano applicabili e disposizioni dell’art. 31 dei Piano Regolatore Generale e dell’art. 28 n. 7 delle N.T.A. e pertanto questo pregiudiziale accertamento (concernente il fatto che la strada era assoggettata alle suddette disposizioni implicanti l’asservimento all’uso pubblico), decisivo ai fini della decisione, integra, secondo la decisione oggetto di ricorso, giudicato esterno che non può più essere messo in discussione tra le parti; la Corte di Appello ha poi rilevato che tali disposizioni comprendevano necessariamente l’assoggettamento della strada ad ogni uso pubblico anche per quanto riguarda il sottosuolo così ritenendo che la servitù di passaggio non esaurisse i vincoli pubblicistici gravanti sulla stessa in forza delle richiamate disposizioni, ritenute applicabili anche alla installazione di opere di urbanizzazione primaria, quali le condotte del gas.

I ricorrenti si limitano ad affermare che il precedente giudicato non avrebbe effetto preclusivo perchè formatosi a conclusione di una causa diversa per petitutm e per causa petendi, ma non considerano che il giudicato copre il dedotto e il deducibile, non rivolgono una specifica censura alla motivazione a sostegno dell’efficacia preclusiva (l’applicabilità alla strada delle disposizioni implicanti l’assoggettamento all’uso pubblico tanto per il soprasuolo quanto per il sottosuolo e il conseguente diritto della società Italgas a interrare le tubature) e, nel mentre contestano l’interpretazione della precedente sentenza da parte della Corte territoriale, non riportano i massaggi motivazionali della sentenza in base ai quali si possa valutare l’erroneità della decisione impugnata ed escludere che dalla stessa possano derivare le conseguenze ravvisate dalla Corte di Appello. Il motivo è pertanto inammissibile e di conseguenza i ricorso deve pertanto essere rigettato con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare alla controricorrente le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.400,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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