Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14458 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. I, 15/06/2010, (ud. 08/10/2009, dep. 15/06/2010), n.14458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – est. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G.A., con domicilio eletto in Roma, piazz.le

Belle Arti n. 1, presso l’Avv. De Paola Gabriele che lo rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FANANZE;

– intimati –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma Rep. n.

503 depositato il 19 gennaio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 8 ottobre 2009 dal Consigliere relatore Dott. FITTIPALDI

Onofrio;

viste le conclusioni del P.G. Dott. SCHIAVON Giovanni che ha

richiesto la reiezione del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G.A. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 1.000, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti del Lazio per circa cinque anni e sette mesi.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Con provvedimento in data 10 marzo 2010 è stata disposta la nomina del Cons. ZANICHELLI Vittorio quale estensore, essendo il relatore Cons. FITTIPALDI Onofrio in aspettativa per motivi di salute.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente essere rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del ministero dell’Economia e delle Finanze.

Giova osservare, in proposito, che alla data di presentazione della domanda (2006) la legittimazione passiva, per i procedimenti ex L. n. 89 del 2001 in cui il giudizio presupposto si era svolto avanti la Corte dei Conti, apparteneva in via esclusiva alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per espressa previsione della L. n. 89 del 2001, art. 3 e che la modifica intervenuta con la L. n. 296 del 2006 (c.d. Finanziaria 2007) che invece ha attribuito la legittimazione al solo Ministero dell’Economia e delle Finanze si applica, per puntuale dettato normativo (art. 1, comma 1225), ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore della legge citata. Si configura pertanto l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto che tale ente, che non era parte nel giudizio di primo grado, è legittimato per i giudizi de quibus a far tempo dalla data indicata e nessuna successione si verifica nel diritto controverso per i procedimenti anteriori per i quali permane a pieno titolo la esclusiva legittimazione della Presidenza del Consiglio.

Con i due motivi di ricorso che per la loro sostanziale unitarietà possono essere trattati congiuntamente si censura l’impugnata decisione sia in ordine alla quantificazione del periodo di irragionevole durata che per quanto attiene alla quantificazione dell’indennizzo per il danno morale.

Le censure sono parzialmente fondate.

In particolare è fondata la censura che attiene al calcolo del periodo di irragionevole durata in quanto la Corte si è immotivata mente discostata dai parametri indicati dalla Corte Europea determinando in anni quattro anzichè in anni tre il periodo di durata ragionevole; ne consegue che quello eccedente deve essere quantificato in anni due e mesi sette.

Per quanto attiene alla quantificazione dell’indennizzo, la Corte territoriale ha liquidato complessivamente Euro 1.000 e tale importo deve essere riferito a due anni e non, come indicato per mero errore materiale in motivazione ad un anno, posto che il giudizio è stato definito nel 2004 e la stessa Corte ha indicato come l’anno 2002 quello in cui il processo avrebbe dovuto essere concluso.

Ciò posto, tale importo si discosta in modo eccessivo dal parametro minimo indicato dalla giurisprudenza comunitaria in Euro 1.000 in ragione d’anno.

Il ricorso deve dunque essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto, riportata la quantificazione dell’equo indennizzo all’importo di Euro 750 in ragione d’anno (riduzione, questa, ritenuta giustificabile in considerazione del limitato scostamento temporale dal periodo di ragionevole durata), la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere condanna al pagamento della somma di Euro 1.880, oltre interessi di legge dalla data della domanda.

Le spese del giudizio di merito debbono essere poste a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, così come un mezzo di quelle di questa fase, dichiarato compensato il residuo in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso. Non si deve provvedere nel rapporto tra ricorrente e Ministero in considerazione dell’assenza di attività difensiva da parte di quest’ultimo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, accoglie quello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 1.880, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 825,00 di cui Euro 280 per diritti, Euro 445 per onorari e Euro 100 per spese, oltre spese generali e accessori di legge; compensa per un mezzo le spese del giudizio di legittimità e condanna l’Amministrazione alla rifusione in favore de ricorrente del 50% delle spese che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 800, di cui Euro 700 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese de giudizio di merito distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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